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17 dic 2018

La discoteca insanguinata e il rapper

di Luciano Caveri

La vicenda della vecchia balera di Corinaldo con la storia - se non è stato altro - dello spray urticante, che ha creato un moto di folla che ha sortito morti e feriti, sembra la riedizione di vecchie storie del passato. Anche se, dal "cinema Statuto" in poi, spinti anche dalle direttive comunitarie, le normative di sicurezza in Italia nei locali pubblici si sono enormemente evolute. Avendo fatto alcuni corsi sulla sicurezza per ragioni di lavoro, ho l'impressione che non manchino norme e regolamenti, ma il buonsenso e la serietà sono altra cosa. E quel che conta, anche in questo caso, sono purtroppo i fatti ed appunto le responsabilità da accertare. Ma questo aspetto di identificare i colpevoli a diverso titolo spetta alla Magistratura per evitare che si facciano processi sommari in favor di telecamera, che finiscono poi con esiti deludenti, nate certe aspettative, al momento delle sentenze, sperando in più che arrivino in tempi congrui.

Resta questo fenomeno da analizzare dei "rapper", che sarebbero da dizionario: "Il termine rapper - derivato da "rap", che definisce un genere musicale - è nato per definire il cantante metropolitano che attraverso il "rapping" ovvero giochi di parole ritmati e rime, spesso anche improvvisate, esprime i propri sentimenti, racconta storie, si autocelebra, sui break di un disk-jockey o su una base di beatbox". Pur appartenendo ad una generazione che ha visto sfilare generi musicali incredibilmente diversi gli uni dagli altri, non sono così vecchio da non ricordare prima, a metà degli anni Ottanta, alcuni artisti francesi, che imitavano i modelli americani degli anni Settanta, e poi, attorno alla fine dello stesso decennio spunta in Italia Lorenzo Cherubini, in arte "Jovanotti". Da lì è un crescendo: negli anni Novanta ricordo brani dei "99 Posse", artisti come Neffa, Frankie hi-nrg, Caparezza od i "Flaminio Maphia". Gli "Articolo 31" sono invece il primo gruppo rap italiano ad ottenere un largo successo commerciale. Sono oggi familiari di Fedez, J-Ax, Fabri Fibra, Gué Pequeno, Ghali sono spesso in testa alle classifiche. Il rap italiano è estremamente variegato ed utilizza un linguaggio vernacolare, vicino a chi lo ascolta. Come in tutti i generi - penso alla masse di cantautori della mia adolescenza - ce ne sono di buoni e di cattivi ed è credo veritiera la constatazione che, per molti ragioni anche di più facile diffusione della musica via Web, l'età dei consumatori, direi dei fans si è abbassata, come si vede anche da alcune giovani vittime della tragedia delle Marche. Non stupisce, perché così è la storia di tutti i tempi, che ce ne siano alcuni che godono di una fama di "maudits", maledetti, cioè che adopera termini molto forti che colpiscono il desiderio ribellistico dei più giovani. Per questo - per il contenuto "forte" dei testi - si usa il termine "trapper", che nel mio lessico resta il vecchio e caro cacciatore americano con le trappole... Questo Sfera Ebbasta (capisco che il vero nome Gionata Boschetti di Cinisello Balsamo non avrebbe fatto lo stesso effetto), che si sarebbe dovuto esibire la sera luttuosa, scrive e canta cose tipo: «Ti ho portato un pacco, happy birthday Sono Kurt, cerco la mia Courtney Love (Yeah!) Oh my God, quanti soldi Voglio una tipa che balla il raggaeton Brutto stronzo, happy birthday! (Ah, yeah) E' il mio compleanno tutti i giorni ma (Yeah!) Señorita perché non rispondi (Ah, yeah) Ti ho lasciato sei messaggi sull'iPhone (Yeah!)». Altra performance letteraria ricopiata tale e quale: «Sfera Ebbasta ha ucciso il rap (pssh) Con la Sprite e l'autotune (huh) Sì lo so che un po' ti scazza Perché non l'hai fatto tu (no, no) Son partito dalla piazza Con il culo sopra un bus Ora puoi trovarmi primo nelle tendenze YouTube Uh, uh, uh La macchina su cui mi portano frà non ha il tetto (skrt) La tipa che ti sei portato, frà, non ha le tette (skrt) Tutti gli anni dici che è il tuo anno poi non cambia niente Resti lo stesso minchione di sempre (Ahah, ah)»- In ultimo ancora qualche strofa, ma è facile trovarle cantate sul Web: «Questi dicono: "Vai forte", ehi Quindi allaccia le cinture, ehi Ho paura della morte, ehi Sì, ma della vita pure, ehi Le mie Nike son sempre nuove, ehi Anche quando fuori piove, ehi Mi metto venti collane, ah, ehi Soltanto per farmi odiare, ehi Mi ascoltano tutti come il meteo In ogni blocco, in ogni stereo Chiedi come sto, rispondo: "Bene bro" Sto mese duecento sul mio conto bro, eh». Ovvio che non siamo di fronte ad una cima, ma lui stesso - di cui ho rivisto qualche intervista - evidenzia con chiarezza di essere esponente di una sorta di subcultura, di cui sono ben visibili complementi fatti di look, tatuaggi, oggetti in oro e altro ancora messi in bella mostra sul suo sito ufficiale. Che dire? Nessuno pretende niente, ma da ragazzo i miei maîtres à penser di riferimento erano altri, ma non vorrei apparire un triste criticone di nuove tendenze. Ciò naturalmente non c'entra con morti e feriti, ma evidenzia uno smarrimento in certi punti di riferimento.