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07 dic 2018

La matassa politica in Valle d'Aosta

di Luciano Caveri

Sia chiaro che nessuno oggi può essere così presuntuoso da avere ricette facili di fronte a situazioni complicate in scenari che paiono sempre più confusi, che vanno dall'ombra del proprio campanile sino al mondo intero. E' come se una fibrillazione infinita, di cui sfugge il traguardo, impedisse di avere qualche oasi di tranquillità e qualche certezza che eviti preoccupazioni e pessimismo. Mi limito - per evitare affreschi troppo vasti, che vanno tuttavia tenuti da conto perché nessuno può pensare di essere un'enclave senza contatti esterni - a pensare a noi. Anche in mezzo alla nostre montagne tutto si può dire, ma non che ci sia una situazione distesa, intrisa di orizzonti felici. E lo dico con realismo, ma neppure giocando con la solfa dei tempi ben migliori che abbiamo vissuto, che sarà pur vero ma la constatazione appare scarsamente consolatoria, se non come stimolo per capire il "da farsi", vincendo la tentazione di chiudersi nella propria tana come una marmotta in letargo. Scelta che rischierebbe di dare spazio a chi non lo merita, perché non c'è mai limite al peggio.

Lo dico con il sintetico latinorum: «Errare humanum est, perseverare autem diabolicum», cioè «Sbagliare è umano, ma perseverare nell'errore è diabolico». Ormai in Valle d'Aosta per capire l'evoluzione della situazione politica, mentre si è ancora nel primo anno della nuova Legislatura il cui orizzonte temporale sarebbe in teoria il 2022, bisogna essere degli indovini. E non è neppure facile questa attività di chiromanzia: basta, infatti, uno stormir di foglie a far presagire nuovi equilibri di governo per via delle risicate maggioranze che vanno e vengono da alcuni anni con una facilità sconcertante e con grande spregiudicatezza nel prendersi e lasciarsi. Basta un capriccio, un'impuntatura, un mal di pancia per trovarsi in fretta "a carte quarantotto" ed infilarsi in trattative politiche infinite e faticose di fronte a una platea di valdostani attonita e dolente, cui si aggiunge una crescente componente beffarda che fa ormai di ogni erba un fascio nel ritenere inevitabile la scelta di buttare via acqua sporca e bambino, che sarebbe la Regione autonoma. Mi spiego meglio: visto che la materia elettorale e quella sulla forma di Governo sono oggetto di ampia competenza del Consiglio Valle e, pur necessitando di maggioranze rafforzate per l'approvazione e con possibili meccanismi referendari di conferma, questa appare ormai la priorità endogena per il sistema politica valdostano ed il suo ordinamento giuridico. Su questo, più che sulla pur legittima nascita di nuovi equilibri e sulla distribuzione dei famosi ruoli apicali, bisogna concentrare lo sforzo comune, perché senza un meccanismo elettorale che dia una maggioranza stabile e modalità di governo più efficaci, compreso un ruolo meglio definito del Consiglio Valle, o crescerà l'incomprensione e persino il disprezzo verso la classe politica e lo "spezzatino" evidente dei partiti, ma ad essere colpito sarà il senso di appartenenza e di comunità su cui si basa l'esistenza stessa del regime autonomistico senza il quale saremmo eterodiretti e "addio!". Su questo non si può scherzare, perché nessuna situazione è congelata per sempre. Ma le riforme necessarie comportano sforzo e buonsenso e visione storica, altrimenti saranno eventi e fatti a travolgere malamente, come una valanga distruttiva, quanto dimostra di essere inefficace e mal funzionante. Il problema della Politica sta nel rischio di autoreferenzialità e questo non consente di interpretare le esigenze di modernizzare le istituzioni in modo efficace e trovando intese fra persone di buona volontà. La democrazia non può funzionare con meccanismi di mercato, in cui si agisce solo in logiche di proprio interesse personale e di gruppo in prospettive solo elettoralistiche (per non dire, ma questa è una malattia, affaristiche!). Bisognerebbe, specie in una piccola comunità, cercare invece promuovere momenti che indichino il terreno del bene comune con decisioni il più possibile collettive. Senza nulla togliere a modelli in cui credo che sostanziano la democrazia rappresentativa e parlamentare, bisogna che i cittadini ricordino di essere attori politici e che i politici eletti ricordino che spetta loro sapere usare procedure negoziali basate sul compromesso ragionevole per trovare soluzioni concrete, che significano appunto la capacità di trovare la giusta mediazione. Facile da dire, difficile da fare, ma lo considero un messaggio sincero per non farsi male.