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29 nov 2018

La moda del "contratto di governo"

di Luciano Caveri

Spunta anche in Valle d'Aosta l'idea del "contratto di governo" per uscire dall'impasse di una legge elettorale che, al di là degli errori che si sono fatti in tema di alleanze preventive (per altro senza sanzione se non si rispettano...) e percentuale necessaria per il premio di maggioranza (42 per cento segno di tracotanza!), non riesce a sfornare maggioranze stabili per via dei suoi meccanismi, ma anche per l'eccesso di litigiosità che ammorba ormai la politica valdostana. Tutto è reso più difficile dalla mancanza di qualcosa di statuito o frutto della prassi per le consultazioni fra le forze politiche, che dia alla luce del solo una comprensione per i cittadini di quanto avviene. Per cui ognuno, in questa fase, sembra assumersi il ruolo di "mazziere" e sono nati, in autogestione, persino "mandati esplorativi", ma noi un Quirinale che vigili su quanto avviene non ce lo abbiamo.

Gli incontri più o meno pubblici, con telecamere in agguato, o clandestini in luoghi riservati - come se si fosse amanti peccaminosi - non offrono mai un quadro di chiarezza. Ed anche in Valle - lo dico da giornalista di lungo corso - c'è chi spiffera ai giornali retroscena più o meno gustosi per spingere o rallentare, secondo gli interessi del momento. Ma torniamo al "contratto", formula ripresa dal zoppicante matrimonio giallo-verde a guida del carneade Giuseppe Conte, ed importato anche in Valle, preso ab origine dal modello tedesco, che in verità c'entra poco. Intanto - traggo due interviste da "Agi" - il contratto germanico è un contratto di coalizione ("koalitionsvertrag"), come spiega Jacques Pezet, fact-checker del progetto tedesco "Correctiv.org": «Ci sono state "discussioni circa la coalizione non pubblicate, in forma di scambi epistolari" fin dal 1949. Il sito pubblica anche una versione degli "accordi di coalizione" del 1957, che sono davvero molto simili ai contratti di coalizione ("koalitionsvertrag") attuali. Cioè che sembra rendere il 1961 l'anno del primo "koalitionsvertrag" è che quel documento fu così chiamato espressamente». Insomma un uso preciso in una sistema costituzionale assai diverso, oltretutto in uno Stato federale vero. Aggiunge Pezet: «Se si legge il contenuto dei "contratti" si può notare come questo non sia molto preciso. Dà più un indirizzo che il governo intende prendere che non un elenco di leggi che verranno votate. Ad esempio quello appena siglato, stabilisce per quanto riguarda l'immigrazione, che "vogliamo evitare il ripetersi della situazione del 2015" e dice che si vogliono sviluppare collaborazioni coi Paesi in crisi, ma senza menzionare espressamente quali siano i Paesi in questione». «Se poi un obiettivo fissato non viene raggiunto partiti e deputati non sono puniti con multe o simili. La "punizione" dovrebbe essere data dagli elettori delusi», conclude Pezet, «che voteranno per altre forze alle elezioni successive». Approfondisce Udo Gümpel, corrispondente dall'Italia dal 1997 per la televisione tedesca, sulla "koalitionsvertrag": «è una dichiarazione di volontà politica, che non può essere in alcun modo vincolante perché in Germania - come del resto anche in Italia vige una norma costituzionale che impone il divieto di "mandato imperativo" ai parlamentari. Questi rispondono solo alla Nazione ed agiscono secondo coscienza, qualsiasi accordo che andasse a limitare giuridicamente la loro coscienza sarebbe incostituzionale». «Inoltre - prosegue Gümpel - in Germania si discute sul senso di una simile operazione: lo scorso "contratto" siglato nel 2013 è stato rispettato al settanta per cento, e questo è stato già un ottimo risultato secondo gli analisti tedeschi. Ma è praticamente impossibile definire nel dettaglio cosa si intenda fare nei prossimi quattro anni, perché nessuno può prevedere cosa succederà a livello nazionale, europeo e internazionale in tale lasso di tempo». «Si pensi - conclude il giornalista tedesco - che il contratto del 1961 era di appena nove pagine, di cui cinque dedicate a principi di politica estera. Era infatti l'anno dell'innalzamento del muro di Berlino, e con quel documento Adenauer voleva rassicurare gli Alleati, a dispetto delle voci che davano la Germania Ovest in avvicinamento all'Unione Sovietica, circa il saldo ancoraggio all'Occidente. Dunque per la politica nazionale erano state redatte quattro pagine per quattro anni di governo». Per questo io credo che, al di là della volontà di ricopiatura, contino davvero i programmi elettorali presentati alle elezioni e toccherebbe agli elettori, almeno quelli consapevoli, distinguere quelli buoni da quelli vuoti di contenuti e solo propagandistici (sull'onestà personale sorvolo). Spetterebbe loro anche il controllo sul fatto che le alleanze non svaporino, appena girato l'angolo delle urne. E, quando nasce un Governo, più che immaginarsi contratti spetta al presidente della Regione all'atto del suo insediamento presentare in aula nel nostro Consiglio Valle il programma di maggioranza, anche lasciando agli atti un documento programmatico e facendolo oggetto della discussione fra partiti e movimenti di maggioranza e di opposizione. Si sa poi che lungo il cammino governativo spuntano temi e argomenti mai emersi durante le negoziazioni, perché così è fatto il mondo!