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29 nov 2018

L'ignorante non ha mai dubbi

di Luciano Caveri

Mi fa piacere che, in attesa della nuova veste del Sito, ci sia chi mi scrive in privato o attraverso "Twitter", dove lascio il link dei miei post per commentare quanto mi capita di scrivere in questo sito quasi ventennale. Per me la scrittura è un fatto importante, perché cristallizzo il mio pensiero e implica un salutare esercizio quotidiano, sapendo bene - lo dico in premessa e capirete perché - che capita spesso che su singoli argomenti, a distanza di tempo, il mio pensiero si evolva per ovvie ragioni. Si acquisiscono nuove informazioni, muta lo scenario complessivo, il confronto con altri mi ha convinto di certe cose. Vien da sorridere in modo agro, usando una frase di Gesualdo Bufalino: «Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere!».

Mi pongo in una posizione mediana non per uno spirito furbesco, ma perché oscillo fra la necessità di sapere su che cosa contare come certezza, ma senza vergognarmi di trovarmi roso da qualche dubbio, e l'evidenza che irrompono continuamente novità cui reagire senza fare la muffa. Come si dice in latino, «Ille nihil dubitat qui nullam scientiam habet», traducibile con «L'ignorante non ha mai dubbi». Scrivevo giorni fa: "Sono stato nella Jeunesse Valdôtaine, poi nell'Union Valdôtaine, poi nell'Union Valdôtaine Progressiste e ora in MOUV' e l'ho fatto rimanendo sempre lo stesso in quel mondo autonomista e federalista che crede che l'Autonomia speciale sia uno strumento imperfetto per le aspirazioni più profonde di maggior libertà, autogoverno e consapevolezza dei diritti e doveri che ne discendono. Ma questo è quanto oggi abbiamo da sviluppare non considerando l'attuale ordinamento come fosse un punto di arrivo ma un punto di partenza nei rapporti con Roma e con Bruxelles, conoscendo i limiti dell'Unione europea ma considerando l'europeismo un valore da sviluppare. Mai penserei di muovermi su terreni diversi da questo perché snaturerei le mie convinzioni e anche l'eredità politica familiare di cui vado fiero e a cui mi sono sempre ispirato. Mantenere la barra dritta di questi tempi è indispensabile". C'è chi mi ha scritto, non senza ironia, che questo mio «non aver mai cambiato idea» è un punto di debolezza, che mi allontana dalla realtà e - questo è il succo - mi fa immaginare «una Valle d'Aosta che non esiste più». Rispetto questa osservazione ma la ritengo sbagliata. Sono una persona concreta e non vivo nel mondo dei sogni e attualmente il mio lavoro non è la politica, per cui non corro neppure il rischio di vivere in quella sorta di "turris eburnea", che spesso per colpa propria e di chi ti sta attorno diventa elemento di percezione errata di quanto avviene nella società. Esiste purtroppo un gioco delle parti, quando si rivestono ruoli pubblici importanti, che deriva da proprie responsabilità di isolarsi nei dossier e nelle proprie convinzioni, agevolato in questo da chi ti asseconda e anche dall'ipocrisia di chi si incontra, che tende a farti vedere quanto tu stesso desideri per piaggeria o timore reverenziale. Questa situazione esterna, ma interna nella conoscenza dei meccanismi della nostra Autonomia, di avere uno sguardo consapevole ma anche, in qualche misura, disincantato. Ed è la stessa ragione per la quale, mentre in molti si strappano le vesti per essere eredi di Émile Chanoux, magari senza averlo mai letto o, nel caso mio, potrebbero accampare qualche diritto di essere erede del significativo pensiero politico di mio zio Séverin Caveri, io dico ed affermo che mi abbevero a quelle fonti, ma rivendico la necessità che quel pensiero serva a fortificare il nostro modo di pensare - qui ed oggi perché siamo noi viventi a dovere adeguare i nostri comportamenti e le nostre azioni a quanto avviene. Questa scelta non è una discontinuità o una rottura, ma semplicemente - e prima o poi lo farò con lo Statuto in mano di fronte ad un pubblico - perché il nostro intero ordinamento e la civiltà valdostana agiscono su di un popolo e su un territorio che cambia in sé e per sé e anche per il contesto più vasto, umano, sociale e politico, in cui siamo immersi. Esiste un dinamismo, un perpetuo movimento, trasformazioni leggere o radicali che ci obbligano a cambiare sguardo ed a trovare nuove soluzioni, senza impigrirsi su quanto già fatto o scritto. Ecco perché credo in un patto generazionale fra chi anziani e giovani, che fondi - nel passaggio fra esperienza e capacità di cogliere il nuovo - un patto che è più importante di ogni operazione di vertice di nascita della famosa area politica autonomista. Non si possono fare operazioni di laboratorio, che prescindano da un disegno complessivo per il futuro della Valle d'Aosta. Per cui io resto saldo nelle mie convinzioni, ma questo non significa affatto essere chiuso e ottuso in scenari da villaggio fasullo del "far west" da film, ma adeguare l'Autonomia e quanto le sta attorno per quanto non solo necessario ma persino indispensabile. Se penso a me stesso mi ritrovo, nelle varie fasi della mia vita, come una persona che spera non di rinvangare un passato che è passato e non tornerà, ma ritiene indispensabile tenere i piedi saldamente a terra, perché sennò diventa impossibile rincorrere i cambiamenti della Storia.