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18 ott 2018

Il sapore del "Pan ner"

di Luciano Caveri

La storia del pane - parola che deriva dal latino "pascere", cioè nutrire, da cui originano anche "pasto" e "pastore" - ha accompagnato da sempre quella della civiltà umana fin dai tempi più remoti. Ottenuto grazie alla cottura delle farine derivate dai diversi cereali impiegabili che erano legati alle condizioni delle coltivazioni e all'espandersi dei semi delle diverse specie, questo alimento ha rappresentato nei secoli la base dell'alimentazione, tanto che il controllo dei forni è stato spesso un aspetto essenziale del potere e ha caratterizzato molte ribellioni popolari. Naturalmente - ma credo che sia un'esperienza comune per chiunque abbia viaggiato - questo significa molte varianti, che hanno basi simili ma seguono le condizioni locali e le varianti dell'ingegno delle popolazioni. Trovo che sia interessante assaggiare i prodotto più vari e già solo in Italia basta spostarsi di poco per vedere come ci siano sotto lo stesso nome prodotti per tutti i palati.

In Valle d'Aosta - prima che l'emigrazione e persino la globalizzazione fornisse pane di diversissima tradizione - dire pane significa dire "pan ner", "pane nero". Per chi non lo conoscesse, esiste un descrittivo "ufficiale" nell'elenco dei prodotti agroalimentari valdostani ufficialmente riconosciuti, che così recita: «Pane ottenuto dall'impasto di segale e frumento in percentuali variabili. Si presenta di forma arrotondata, una crosta di colore bruno e di una pezzatura variabile mediamente fra 0,8 e tre chili circa. Per la preparazione vengono utilizzati per l'impasto farina di segale in quantità non inferiore al sessanta per cento (percentuale sulla farina), di frumento in percentuale variabile, lievito di birra, sale ed acqua. Un tempo era preparato utilizzando esclusivamente farina di segale, ma già alla fine del diciannovesimo secolo vi sono fonti che descrivono l'aggiunta di frumento, in percentuale variabile a seconda della zona di produzione, come una consuetudine per ottenere un pane conservabile fresco (morbido) per più giorni. In particolari periodi, legati alla tradizione e alle zone di produzione, potevano essere aggiunti all'impasto delle parti di piante o frutti (noci, uvetta pinoli...). Tradizionalmente il pane veniva essiccato in fienile su dei "ratelé", apposite rastrelliere atte allo scopo, per essere utilizzati durante l'anno ed entrare a far parte degli ingredienti di numerosi piatti tradizionali (tipici). Oggi la vendita del prodotto fresco al banco rappresenta il normale consumo». Ma esiste anche un addendo fatto di storia e di curiosità: «La produzione del "pan ner" fa parte della tradizione locale da diversi secoli ormai e diverse possono essere le tecniche di produzione. Varie sono le pubblicazioni specifiche o generali che trattano questo tipo di produzione tra i quali si citano a titolo di esempio non esaustivo, la pubblicazione "Du blé au pain" realizzato dall'associazione degli "Amici del museo di Etroubles" (1987), il libro sulla "Ventesima fehta del pan ner" della Pro Loco di Perloz (1994) e il "Contributo allo studio etnografico della Valle di Cogne" del 1938 (edizione del 2005) dove è possibile trovare un ampio vocabolario di termini inerenti la coltura e raccolta della segale e la produzione del "pan ner". Nella raccolta degli atti del convegno "Alimentation traditionelle en montagne" (alimentazione tradizionale di montagna) del dicembre 2004 si rileva la presenza del "pan ner", in alcuni inventari familiari, risalenti agli anni 1681, 1699, 1702, 1704, eccetera inventariati mediante l'utilizzo di diverse terminologie: "pain dur", "pain de seigle", "pain cuit". Un'altra delle fonti attendibili che attesta la produzione di questo prodotto è la raccolta dei quaderni di agronomia di Argentier della "Scuola Pratica di agricoltura" della fine del diciannovesimo secolo. Nel trattato oltre al "pan ner" prodotto esclusivamente da farina di segale, si parla già della possibilità di aggiungere della farina di frumento per rendere il pane più morbido». Oggi è un giorno particolare: i forni dei villaggi di oltre cinquanta Comuni della Valle d'Aosta si accendono per cuocere il tradizionale pane nero in occasione della festa "Lo Pan Ner". Visto che ormai la vulgata anti-europiesta dilaga, vorrei ricordare come molti di questi forni a gestione collettiva, nella logica di villaggio, o meglio consortili perché legati a usi fra le famiglie del paese, sono rinati grazie a fondi comunitari e la stessa prima edizione de "Lo Pan Ner", nasce, in Valle d'Aosta, nel 2015, grazie ai finanziamenti ottenuti nell'ambito del programma di cooperazione territoriale transfrontaliera Italia-Svizzera ("Alcotra") nell'intento di valorizzare un sapere popolare di cui è bene mantenere l'esistenza e non solo con aspetti museali ma mantenendo in funzioni i forni non più in logica di sussistenza e di autoconsumo ma per mantenere tradizioni e anche a beneficio della curiosità dei turisti. L'eco di questo evento ha successivamente varcato i confini regionali suscitando l'interesse della Regione Lombardia e della Val Poschiavo nel Cantone dei Grigioni (Svizzera) - partner della Regione autonoma Valle d'Aosta nell'ambito di progetti comunitari - che hanno deciso di organizzare, nel 2016, una festa analoga, svoltosi in contemporanea nei tre territori interessati, e che ha di fatto assunto le caratteristiche di un evento interregionale e transfrontaliero. Dal 2017 ad oggi, la rete di Regioni e Paesi partecipanti si è consolidata ed ampliata accogliendo la Regione Piemonte per l'Italia, il "Parc des Bauges" per la Francia ed Upper Gorenjska in Slovenia. Quel che trovo davvero interessante è questa eco attraverso il massiccio alpino, che conferma come anche a distanze notevoli si ritrovino usanze e costumi che si somigliano perché aderenti alla condizioni di vita e culturali simili. A chi oggi impasterà e cuocerà i pani e a chi lo consumerà dedico questa "Ode al pane" di Pablo Neruda: «Del mare e della terra faremo pane, coltiveremo a grano la terra e i pianeti, il pane di ogni bocca, di ogni uomo, ogni giorno arriverà perché andammo a seminarlo e a produrlo non per un uomo ma per tutti, il pane, il pane per tutti i popoli e con esso ciò che ha forma e sapore di pane divideremo: la terra, la bellezza, l'amore, tutto questo ha sapore di pane».