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06 set 2018

L'"Ape" ha settant'anni!

di Luciano Caveri

L'"Ape Piaggio" in Valle d'Aosta è un oggetto cult, che fa parte del folklore locale come mezzo di trasporto multiuso e tout-terrain. Il mondo contadino e artigianale da settant'anni lo ha trasformato in un simbolo della valdostanità e ricordo come figurasse simpaticamente ma con evidente realismo in alcune rappresentazioni grafiche come uno degli elementi identitari. Io avevo un vicino di casa, Diego, che ne possedeva uno di suo papà metallurgico e scorrazzavamo in strade di campagna vicine a casa, quando l'età non era ancora quella canonica. Aveva anche - lo dico incidentalmente - un "Galletto" della "Moto Guzzi" e qualunque cose noi ne facemmo risultano cadute in prescrizione...

Ci pensavo con simpatica nostalgia a quelle prove di scuola guida sull'"Ape", leggendo che a Salsomaggiore Terme si lavora a pieno ritmo per l'organizzazione di "Euro Ape 2018", considerato il più importante raduno dei tre ruote "Piaggio" che si terrà dal 21 al 23 settembre. E' ghiotta l'occasione per festeggiare i settant'anni di questo straordinario veicolo di trasporto leggero che fa parte del nostro panorama stradale (basta uscire di casa e ne troviamo uno!). La storia dell'"Ape" è davvero unica e noi valdostani siamo stati dei veri precursori in area alpina e ne ho una memoria antica anche perché, quando ero piccolo, era il mezzo di locomozione di tantissimi contadini che arrivavano a casa mia per parlare con mio papà, veterinario di montagna, che girava - all'inizio del suo lavoro in condotta - con una "Lambretta". «Da settanta anni - sottolineano i tecnici "Piaggio" - "Ape" è un mito, un veicolo senza eguali al mondo, sempre capace di stupire. E' un mezzo originalissimo e in grado di distinguersi grazie alla sua personalità unica. Oltre due milioni e mezzo di esemplari diffusi nei cinque continenti testimoniano del successo del tre ruote che ha fatto della versatilità la sua dote migliore. Pensato negli anni difficili ma esaltanti della ricostruzione per le piccole attività commerciali, "Ape" è sempre stato perfetto per il trasporto merci anche negli ambiti urbani più angusti e oggi una gamma infinita di possibilità di personalizzazione ne fanno un veicolo dalla straordinaria versatilità di utilizzo». Già perché l'"Ape" resta sbarazzina e non è solo adoperata da tanti vecchietti (spesso con il cappello...) che si vedono in giro del tutto incuranti di rallentare il traffico, ma tanti quattordicenni valdostani si aggirano con versione taroccate e sgargianti, dando quel tocco di modernità che si innesta sulla vecchia pianta dei mezzi antesignani. Traggo qualche notizia ulteriore sulla storia del mezzo (e come vespista da quasi 45 anni segnalo la parentela!) sul sito "Piaggio": "L'economia italiana si sta faticosamente rimettendo in moto e con essa l'industria, i commerci, le attività artigianali. Il trasporto delle merci è affidato a grandi autocarri, ancora di chiara derivazione militare, a costosi veicoli commerciali di tipo automobilistico o a pesanti e lenti motofurgoni; mentre nelle città si incrociano soprattutto tricicli a pedali o carretti a mano. Dall'osservazione della realtà quotidiana con le sue esigenze nasce "Ape", un'intuizione di prodotto di Enrico Piaggio e Corradino D'Ascanio". "Il moto-furgoncino "Ape" è destinato al migliore dei successi - scrive la rivista "Motociclismo" - è una macchina modernissima, di costo e consumi assai limitati, alla portata della più modesta azienda, ma concepita senza false economie secondo criteri molto razionali, tanto dal punto di vista funzionale che da quello costruttivo". Il primo "Ape" del 1948 conserva della "Vespa" - pur nella sua struttura a tre ruote - tutte le caratteristiche fondamentali, oltre naturalmente alla parte anteriore e al motore 125 cc. che, proprio nel 1948, iniziava a equipaggiare lo scooter "Piaggio", originariamente presentato nella cilindrata 98 cc.. Raccontava D'Ascanio, il geniale progettista aeronautico inventore sia della "Vespa", sia dell'"Ape": «Si trattava di colmare una lacuna nei mezzi di locomozione utilitaria del dopoguerra, portando sul mercato un motofurgone di piccola cilindrata, di limitato consumo e di modesto prezzo di acquisto e di manutenzione, facile alla guida, manovrabile nel più intenso traffico cittadino, e soprattutto adatto e sollecito e pronto al trasporto a domicilio della merce acquistata nei negozi». I primi e diretti beneficiari, in questa fase, sono i piccoli e medi commercianti e la promozione del motofurgone a tre ruote si rivolge proprio a loro: «L'"Ape" contribuisce ad accelerare il ritmo del commercio e delle vendite, sviluppa, per così dire, in estensione il traffico di un negozio e crea col cliente un collegamento quanto mai gradito». Il risultato di questa brillante intuizione è eclatante. Sciami di "Ape" iniziano a scorrazzare in un'Italia "in bianco e nero" portando sul cassone la scritta - in bella grafia - della ditta servita». Bella storia - anche se "Ape" viene citato al maschile, mentre io l'ho sempre fatto al femminile! - che da noi si intreccia con una Valle ancora molto rurale in anni pieni di entusiasmo, che noi - figli del dopoguerra difficile ma speranzoso, così diverso dall'aria greve di oggi - abbiamo respirato a pieni polmoni con la freschezza della voglia di fare, dopo gli orrori delle guerre dei nostri nonni e padri. Circostanze che ci fanno mantenere scintille di speranza per il domani. Dopo il buio, tornerà la luce e chissà che i nostri nipoti non vedranno l'"Ape volante" sfrecciare nei cieli valdostani.