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07 ago 2018

Dalla nefomanzia alla pareidolia

di Luciano Caveri

Il mio, da bambino, era un gioco solitario e ricordo certi tramonti colorati visti da Pila, nella baita estiva di zia Eugenia, che ispiravano la mia fantasia. Ora - con la stessa curiosità tinta di ingenuità - mi capita di farlo con qualcuno, ad esempio i miei figli: indico la nuvola e mi confronto su che cosa lui veda. E' un gioco innocuo, che applicato alle nuvole fa sorridere, per quanto di effimero e cangiante, che dà il senso di come si possano piegare anche queste bizzarre e aeree costruzioni all'immagine umana che forgia questo nostro mondo. In realtà, in passato, c'è chi ci campava nell'intepretazione delle nuvole. Mi riferisco alla "nefomanzia" o "nefelomanzia" o "arcomanzia", che è - sotto diversi definizioni - una medesima pratica con cui si vorrebbe prevedere il futuro analizzando la forma delle nuvole, basandosi sulla somiglianza più o meno spinta con oggetti, animali o persone.

Secondo questa pratica, ad ogni forma corrisponde un significato che va interpretato tenendo conto anche della forma delle nuvole circostanti. E' stata una delle pratiche possibili di divinazione, che la "Treccani" così definisce: "Propriamente., arte o pretesa arte d'indovinare il futuro da segni e simboli esterni (posizione degli astri, volo degli uccelli, forma delle viscere delle vittime sacrificate, ecc.) o da manifestazioni divine (oracoli, sogni, presagi, ecc.). Più genericamente., intuizione o presentimento del futuro, e anche ciò che viene intuito o presentito". Naturalmente sono tutte balle, ma che hanno tenuto banco per millenni e, nel caso non solo delle nuvole, si rifanno a qualcosa di ulteriormente complesso, di cui già parlai in passato con un'altra parola complicata. La definizione più sintetica del fenomeno si trova in "Wikipedia": "La "pareidolia" (dal greco "είδωλον, immagine", col prefisso "παρά, simile") è l'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale". Per capirci subito vale il caso, praticato da tutti da bambini, di vedere nelle nuvole oggetti singoli o associati, plasmati dal movimento di quelle formazioni di vapore acqueo. Gioco che a me piace fare anche da adulto e giuro che una sera ho fatto credere a mio fratello che le luci sparate in cielo dal Casinò di Saint-Vincent, associate a una strana formazione nuvolosa tipo astronave, fosse lo straordinario arrivo dei marziani! Tutti, da bambini, abbiamo visto una faccia nella Luna piena, come quella del "Viaggio sulla luna" dei fratelli Lumière, per fare un altro esempio. Nel sito "Disinformatico" dello scienziato e "smontabufale" Paolo Attivissimo si legge: «Una delle spiegazioni più intriganti per il fenomeno della pareidolia, ossia la tendenza a riconoscere forme familiari in immagini che in realtà sono solo forme pseudocasuali (le macchie nel muro scambiate per Madonne, per esempio), è che si tratti di un meccanismo nato dalla selezione naturale. La tesi, in sunto, è questa: se un nostro antenato primitivo non si accorgeva che nell'erba alta c'era nascosto un predatore, finiva mangiato e quindi non si riproduceva. Gli umani che avevano una maggiore propensione a riconoscere le forme dei predatori mimetizzati, invece, non venivano mangiati e quindi si riproducevano. A lungo andare, questa selezione avrebbe promosso gli individui che avevano maggiormente questa sensibilità e anche quelli che l'avevano in eccesso, perché chi scappava anche quando la macchia a forma di predatore non era un predatore ma soltanto una macchia aveva più probabilità di cavarsela rispetto a chi diceva "tranquilli, quello non è un leone, è soltanto una macchia" tre secondi prima che la "macchia" se lo portasse via fra le zanne». A dimostrazione - nuvole o non nuvole, macchie o non macchie - di quanto siano complessi da esplorare i comportamenti umani!