Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
01 ago 2018

Un'isola per pensare

di Luciano Caveri

Si potrebbe partire - e parlando di viaggi nessun verbo è più adatto - da una citazione di José Saramago, che mi piace molto perché se potessi viaggerei di più alla scoperta del mondo, visto che non basterebbe una vita già solo per girare tutti i bistrot di Parigi e figurarsi i quasi duecento Paesi del nostro pianeta! Osservava lo scrittore portoghese: «Non è vero. Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in Primavera quel che si era visto in Estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre».

Viaggiare - aggiungerei - non è un elemento fine a sé stesso, che si esaurisce nel compiacimento di essere altrove. Serve certo per capire come è composita l'immagine dell'umanità e quanto siano vari i luoghi da visitare, ma è anche utile per quanto si riporta a casa come elemento di riflessione sulla propria realtà, che sia rispetto a ciascuno di noi e alle proprie convinzioni o arricchimenti o anche e forse soprattutto come elemento di comparazione per la nostra quotidianità, laddove viviamo. Ci pensavo dopo avere raggiunto, su di un catamarano che viaggiava sulle ali del vento in un mare procelloso (tanto che in molti sono stati male per via dei sobbalzi della barca), un'isola delle Antille francesi, chiamata "Marie-Galante" dal nome ("Maria La Graziosa" in spagnolo) della nave ammiraglia di Cristoforo Colombo, che la raggiunse il 3 novembre del 1493 nel corso della sua seconda spedizione verso le Americhe. E' interessante come quest'isola relativamente piccola (158 chilometri quadrati) diventi esemplificativa di come ci si possa approcciare alla Storia. Infatti la prima tentazione sarebbe quella di fare partire da lì il racconto delle vicende, in quella logica eurocentrica che spesso ci ha fatto prendere degli abbagli. Invece, c'è un prima questione che risulta significativa e riguarda le popolazioni di Amerindi che si si succedettero nel tempo prima della "scoperta" ufficiale ed ai profondi mutamenti che si susseguirono in epoca coloniale. Cominciando da cinquanta francesi che arrivarono nel 1649 (ma poi ci furono incursioni olandesi ed occupazioni inglesi), così come dallo sfruttamento della canna da zucchero - iniziato pochi anni dopo - con il trasferimento sull'isola di coloni arrivati dal Brasile, cui si aggiunsero ondate di schiavi giunti dall'Africa come manodopera, che daranno vita a metà Ottocento a veri e propri moti di protesta fra le popolazioni di colore e i proprietari bianchi delle piantagioni. Ciò a significare come anche in un luogo minuscolo le vicende umane, di sovrapposizione di civiltà, dimostrino il loro dinamismo con continui cambiamenti, come dimostrato in modo chiaro dal lento decadere della stessa economia che ruotava dietro allo zucchero di canna (con il sorgere di un centinaio di mulini alimentati dal vento), con una sola impresa ormai presente sull'isola e alcune distillerie di rum e di zuccheri liquidi. In prospettiva par di capire che resterà soprattutto il Turismo, sinora sfruttato malamente (l'unico complesso turistico è stato chiuso) e pesa il fatto che le migliori energie dell'isola - i giovani che se vanno per studiare - non tornano più e l'invecchiamento conseguente della popolazione è un vero fardello. Pensiamo poi al paradosso di questi "Territori d'oltremare" francesi, rimasuglio della politica coloniale, spesso agitati - avvenne anche in Guadalupa - da movimenti indipendentisti, che si accendono e si spengono in una zona caraibica piena di lati dolenti e di problemi irrisolti. Segno del paradosso è un monumento ai caduti dai colori sgargianti proprio a "Marie-Galante" nel Comune di Saint-Louis, che testimonia della trentina di morti nella Prima Guerra mondiale. Partirono da questo paradiso tropicale per morire nelle trincee giusto un secolo fa e la stessa cosa avvenne nella più vicina Seconda Guerra mondiale. Un mondo interconnesso, forse - a ben pensarci - proprio a partire da quelle scoperte, con piglio feroce e disprezzo per le culture rivelate, che fece Cristoforo Colombo, di cui oggi - con furore ideologico - alcune città americane fanno sparire la statua per disprezzo, quando invece dovrebbero restare in piedi per quel che è stato scoprire un Nuovo Mondo. Questo non significa affatto negare orrori ed errori, ma dare agli avvenimenti, anche con severità, il senso ed anche il giudizio storico che devono avere.