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10 giu 2018

Il "Re Travicello" ed il serpente

di Luciano Caveri

Giuseppe Conte, nuovo presidente del Consiglio dei Ministri, è un personaggio fiabesco. Sembra - l'ho scritto in un tweet prima di editorialisti ben più titolati - un "Re Travicello". L'espressione deriva da una favola di Esopo, ripresa Fedro e poi da La Fontaine e si usa per riferirsi, spesso con una connotazione dispregiativa, a una persona che ricopre una carica o un ruolo importante ma che non ha l'autorità o le capacità per esercitare effettivamente il potere. Essere un "Re Travicello" significa dunque avere un potere solo nominale e sulla carta, senza gestirlo realmente. Nel caso in esame Conte si è trovato catapultato a svolgere un ruolo importante senza avere alcuna esperienza politica e senza meriti particolari: un miracolato.

Ma torniamo alla favola, che "Wikipedia" sintetizza così la storia: "La favola narra di un gruppo di rane che, abituate da tempo a muoversi liberamente per lo stagno, chiedono a Zeus un re autoritario che reprima il loro modo di vivere sregolato. Il dio, divertito dalla richiesta, non fa altro che lanciare nello stagno un pezzo di legno (un "travicello"), indicandolo come nuovo monarca dello stagno. Inizialmente le rane sono intimorite dal tonfo e vanno sul fondo, ma poco dopo scoprono che il loro sovrano non fa nulla a parte galleggiare. Iniziano così ad avvicinarsi, a toccarlo, a salirvi sopra. Infine, lo provocano con ogni tipo di ingiuria e sberleffo, ovviamente senza ottenere alcuna reazione. Deluse dal dono, si rivolgono di nuovo a Zeus chiedendo un re che non sia una nullità. Il dio manda allora nello stagno una serpe, che inizia a divorarle una ad una. Le rane per la paura perdono la voce. Le poche che si salvano mandano un'ambasciata all'Olimpo attraverso Ermes, supplicando di essere risparmiate. Zeus però risponde loro «Poiché un buon re vi dispiacque, abbiatene uno malvagio»". Esopo - lo scrive Fedro e lo cito per completezza - ce l'aveva con gli ateniesi che, per divisioni in fazioni fra di loro, alla fine avevano spianato la strada al dittatore Pisistrato. Quel che è certo è che Conte non ha il carisma e lo spessore politico per interpretare un incarico così gravoso in un momento così difficile, anche se pare - non si sa su quale base se non la speranza - che un italiano su due lo apprezzi, forse perché non ha ascoltato i suoi interventi in Parlamento o verte sortite che hanno imbarazzato i leader mondiali al "G7" in Québec. Vedremo: i giudizi veri arriveranno con la sua azione e il suo equilibrio - come si un asse di legno - fra le spinte dei due veri leader della coalizione: Luigi Di Maio che per ora sembra influenzare di più Conte e Matteo Salvini che parla spesso più da premier che da ministro dell'Interno. Certo è che, per ora, il serpente che si mangia le rane è la reazione dei mercati finanziari che, con buona pace dei complottisti, non seguono il cuore o le passioni, ma la cruda realtà di considerare l'Italia un Paese che rischia di andare a rotoli.