Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
03 giu 2018

Italia, Paese immaginario

di Luciano Caveri

Leggo i giornali stamattina e non finirò mai di stupirmi. Prende davvero corpo l'idea - francamente degna di un Paese immaginario - che si torni di nuovo al Governo "Lega - Cinque Stelle", dopo tutto il bordello di queste ore, causato dal "no" responsabile del Presidente Sergio Mattarella ai diktat della coppia Salvini - Di Maio. Il Capo dello Stato, vittima di una campagna odiosa e di minacce terribili, torna ad essere - così pare - un interlocutore affidabile con cui riprovarci. Si passa cioè dal possibile Governo Cottarelli di transizione verso le elezioni addirittura estive al "volemose bene" che farà ridere tutto il mondo e confermare che l'Italia è la culla della sceneggiata. Urla, pianti e strepiti: tutto risolto con un lieto fine con abbracci e baci e con i cittadini che si trovano con la sensazione di essere amabilmente presi per il naso. Roba da non credere e che dimostra come l'Italia non sia un Paese normale, anzi!

Va dunque riletto Angelo Panebianco, che ieri - quasi profetico - spiegava sul "Corriere" come certe ondate populiste non spariranno presto: "Le forze emergenti sono culturalmente ostili alla democrazia rappresentativa (liberale). Oggi come in passato, quando si evoca la "democrazia diretta", si sta in realtà auspicando una qualche forma di Führerprinzip, di "principio della supremazia del capo". La polemica contro i "competenti", nonché la contrapposizione fra il popolo innocente e le élites criminali, sono aspetti di questa sindrome. Il diffuso rigetto nei confronti della democrazia rappresentativa, delle sue regole, e delle istituzioni liberali che la sorreggono, è il frutto di una trentennale, martellante, propaganda che ha dipinto la politica rappresentativa come un verminaio, il concentrato di tutte le lordure e le brutture, e i suoi esponenti come gente per la quale vale l'inversione dell'onere della prova: è ciascuno di loro che deve dimostrare di non essere un corrotto. Il lavaggio del cervello a cui il "circo mediatico - giudiziario" ha sottoposto per decenni tanti italiani, ha funzionato. Complice la tradizionale debolezza della cultura liberale, molti si sono convinti che questo è, a causa della politica, il Paese più corrotto del mondo o giù di lì, e che bisogna innalzare (per ora solo metaforicamente; in seguito, si vedrà) la ghigliottina. E' l'ostilità alla democrazia liberale che spiega i tentativi di "superare" la rappresentanza moderna (i rapporti fra la Casaleggio Associati e i parlamentari grillini richiederebbero più attenzione). Ed è sempre l'ostilità alla democrazia liberale e alle sue guarentigie a spiegare la furia giustizialista dei vincitori e del loro seguito. Pensate alla proposta di abolire la prescrizione nei reati. Neanche ai fascisti era mai venuto in mente di sottoporre tanti poveri disgraziati alla tortura di provvedimenti giudiziari senza data di scadenza». Potrei continuare la citazione dell'editoriale, proprio per la sua nettezza. Ma preferisco aggiungere una parte "valdostana". Al di là dell'endemica divisione del campo autonomista su cui ho versato inchiostro e lacrime, c'è davvero da chiedersi cosa abbia spinto molti valdostani a cadere nelle braccia di certi populisti il cui autonomismo - con alcune eccezioni - è attaccato con lo sputo alle necessità elettorali e gran parte dei loro interventi non mascherati mostrano la volontà di buttare via l'acqua sporca di certa Politica con il bambino dell'Autonomia. E la migrazione elettorale pare non finita, guardando a come sui "social" certi meravigliosi opportunisti e voltagabbana ben noti per i salti della quaglia si sprecano con i "mi piace" e con l'"amicizia" genuflessa ai vincitori, seguendo il vento che cambia. Conformismo che fa vergogna. Come dice Panebianco, riferendosi allo scenario nazionale, si può scrivere in Valle d'Aosta che «li abbiamo allevati noi» con i silenzi (di cui non mi sento responsabile, perché ho sempre parlato) contro l'autoritarismo di capi e capetti nel mondo autonomista, con l'incapacità di reagire al malaffare continuando a scegliere anche chi dimostrava spregiudicatezza, con il far finta di niente nell'abisso fra ideali e comportamenti amministrativi, con l'impossibilità per le persone serie di trovare una sintesi per veti dei soliti stupidi, con meccanismi rigidi che hanno impedito avvicendamenti generazionali, con scarsa possibilità di partecipazione a fronte di un uso crescente di "cerchi magici".
L'elenco potrebbe essere ancora più lungo e circostanziato e potrebbero volare gli stracci e molto tempo servirebbe a lavarsi il muso, sempre che chi lo faccia abbia la coscienza pulita e non sporchina in modo tale da mettere ben più di un dubbio sulla sua linda buona fede. Non era una buona idea il "Rassemblement 1" se legato solo ad interessi di bottega e all'occupazione di sedie con spregiudicatezza nascosta dal candore del "bene comune", peggio ancora - perché pare tale e quale - il "Rassemblement 2" se la regia, la sceneggiatura e alcuni attori fossero gli stessi come in un sequel cinematografico, che spingerebbe ancora più verso il basso la già depressa area autonomista. Questo non vuol dire chiudere la porta a nessuno, perché non è una rottamazione fine a sé stessa, ma neppure si può far finta di niente se tutto dovesse restare com'è stato fino ad oggi con il lento bradisismo negativo che ci ha fatto scendere, scendere e ancora scendere. Meglio risalire prima di aver toccato il fondo ed il "caso italiano" mostra che il pozzo ha ancora spazio per la discesa.