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30 mag 2018

Scavare nella Civilisation Valdôtaine

di Luciano Caveri

Dopo tanti anni di interventi in occasioni pubbliche di vario genere, registro una certezza sulla situazione valdostana: esistono una viva curiosità e un grande interesse per la Civilisation Valdôtaine, cui spesso corrisponde una profonda ignoranza o un semplice smarrimento rispetto ad elementi basilari per essere informati e per non vivere in una bolla di assenza di nozioni e conoscenze. Su questo termine ha scritto di recente Sébastien d'Armissan su le "Partage-le", ricordandone l'origine: "La civilisation en tant que concept naquit tardivement, en 1756, lorsque le mot fut utilisé pour la première fois avec son sens moderne par Victor Riqueti de Mirabeau dans son ouvrage "L'Ami des hommes, ou Traité de la population". Il n'était auparavant qu'une notion confuse, plus apparenté à la politesse et à la civilité".

"Le succès extraordinaire du livre - prosegue - imposa vite un nouvel usage du mot dans la plupart des langues européennes ("Zivilisation", "Civilization", "Civilización"... etc.), et y attacha définitivement son poids historique, celui de la civilisation en tant que gloire et accomplissement des hommes, progression logique et inévitable de l'aventure humaine destinée à quitter son état sauvage pour se réaliser pleinement dans la cité". Da allora la parole è stata plasmata assumendo significati diversi e oggi, prendendo ad esempio il dizionario online "La Toupie", così risulta: "Une civilisation est l'ensemble des caractéristiques spécifiques à une société, une région, un peuple, une nation, dans tous les domaines: sociaux, religieux, moraux, politiques, artistiques, intellectuels, scientifiques, techniques... Les composantes de la civilisation sont transmises de génération en génération par l'éducation". Il tema è interessante perché, con quest'ultimo riferimento all'educazione nelle sue diverse sfaccettature, significa che questa "civiltà" (la traduzione italiana di "civilisation" ha però un significato assai diverso nell'uso comune!) fa pesare la necessità di avere un passaggio di consegne da una generazione all'altra, fatta di cambiamenti e novità, perché nulla nella storia dell'umanità è rimasto congelato. Pensiamo ad esempio - perché il tema è pertinente - all'uso del termine "razza" nella Costituzione italiana. L'articolo 3 della Costituzione italiana recita, infatti: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Oggi sappiamo quella parola - aleggiata orrendamente sotto i regimi fascisti e nazisti per il suo impiego razzista e xenofobo - è da scartare con nettezza: l'"Istituto italiano di Antropologia" ha ricordato, anni fa, come il termine "razza" si applichi solo agli animali addomesticati e selezionati dall'uomo con incroci specifici effettuati per ottenere particolari caratteristiche. Mentre per l'uomo - lo dimostra la genetica - non ci sono differenze che consentano di parlare di "razza", mentre restano gli elementi legati all'evoluzione culturale, dovuta semmai all'origine geografica e a caratteristiche fisiche, come colore della pelle, dei capelli e degli occhi, la pelosità o i nasi, che nulla hanno a che fare con la "razza" come intesa in passato. Resta insomma la differenza delle "civilisations" e delle "cultures", come le distingueva con maggior dettaglio il famoso antropologo Claude Levi-Strauss. Per questo è bene essere fieri e far conoscere la "Civilisation Valdôtaine" e ciò deve avvenire in modo serio e non propagandistico per indottrinare, ma deve fare leva sulla necessità di sapere, da parte dei valdostani, chi siamo come prodotto di tutto quanto ci ha preceduto. Ecco perché ogni volta che esce una pubblicazione di Mauro Caniggia Nicolotti e di Luca Poggianti sono sinceramente interessato e riconoscente per la loro opera di divulgazione seria e documentata attraverso libri rapidi e di facile lettura. Esattamente quel che ci vuole - e loro sono stati in questo dei precursori - per un pubblico sempre più ostile a pubblicazioni ponderose e complesse. Nel mondo del Web, che detta legge a tutti i media, la secchezza e l'essenzialità, sono il segreto per farsi leggere. Questo vale per "Idee, aspirazioni e percorso di autogoverno valdostano", sottotitolo "La lungimiranza di un piccolo popolo" che aggiunge un tassello al vasto disegno di acculturazione che i due autori percorrono da anni, anche con l'ausilio di conferenze assai partecipate. Ciò denota l'interesse per l'argomento e la sconfitta per gran parte della scuola valdostana, spesso influenzata da chi ritiene che avere cura delle proprie radici sia esclusivamente un'operazione politica e non culturale. Basta guardare a mille esempi nel mondo intero per capire come coltivare elementari conoscenze storiche, geografiche e di conoscenza del posto in cui si vive sia un caposaldo della pur cangiante identità in cui tutti noi nuotiamo fin dalla nascita. La premessa è una specie di grido d'allarme sullo straniamento di larga parte della popolazione valdostana: "La plurisecolare capacità di autogoverno, l'identità e l'idea di comunità si affievoliscono e tendono a spegnersi...". Così per non dimenticare ed essere coscienti del percorso compiuto dalla "Valle d'Aosta" si parte dal passato più remoto e con ritmo incalzante si affrontano, come tornanti su di una strada di montagna, i passaggi cruciali attraverso i secoli fino ad oggi. Messi in fila sono fatti, circostanze e personalità che ci onorano e in questo periodo in cui la Valle sembra precipitata nel fango guardare ai momenti luminosi e a quelli scuri della Storia valdostana è un opportuno ammaestramento.