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17 mag 2018

I teorici del "Gomplotto"

di Luciano Caveri

Quando si prende in giro qualcuno che costruisce castelli in aria su vicende banali o, viceversa, banalizza castelli ben solidi in italiano oggi si usa la parolina "Gomblotto" al posto di "Complotto". Si tratta di un fenomeno di storpiatura o meglio di malapropismo, cioè l'uso di un suono simile (la "G" al posto della "C") per creare un effetto comico. Quindi, pur essendo il tema serissimo al limite dello svenimento, esiste - con l'affollarsi delle inchieste giudiziarie - un "Gomblotto valdostano" per colpire il Potere costituito? Così qualcuno dice e adombra, segnalando la circostanza di come - a poche ore dalle elezioni - spuntino vicende molto pesanti su alcuni amministratori pubblici, come se si trattasse di missili "terra - aria" scagliati contro Qualcuno. Ora si potrebbe a lungo disquisire sulla Giustizia in Valle d'Aosta e su certi "stop and go" di questi anni, specie sugli "stop", visto che molte vicende che ora arrivano a cottura risalgono a molto tempo fa e non si era più saputo nulla.

Per cui - francamente e con la solita "presunzione d'innocenza" che fa venire il latte ai gomiti se il "garantismo" è sospetto - semmai bisognerebbe felicitarsi delle accelerazioni che stanno arrivando ed il fatto che arrivino sotto elezioni dovrebbe essere persino salutare, perché sventrano un corpaccione malato su cui era bene intervenire alla luce anche di chi - anche io in certi casi - ha detto e scritto cose interessanti senza mai avere soddisfazione. Tanto da pensare che fosse inutile agire su certi filoni - penso a "Cva" o al Casinò - perché tutto sembrava destinato a sonni profondi. Ma non spetta a me occuparmi di questo. Semmai mi domando veramente se valga questa storia di un disegno oscuro contro l'Autonomia valdostana. Intendiamoci: che questa Autonomia abbia potenzialmente molti nemici è di un'evidenza lapalissiana e lo stesso vale per l'amplificazione che talvolta è stata in passata di vicende (penso al famoso "Affaire Casinò" degli anni Ottanta) che poi furono clamorosamente ridimensionate dalle sentenze finali. Ma qui quel che appare è, con buona pace di chi magari ci sia finito di mezzo non per colpe proprie, quel che è difficile contrastare è la netta impressione di un sistema affaristico e di potere che aveva perso il controllo, autoalimentandosi e considerando forse di non avere più contropoteri e limiti non oltrepassabili. Come un trapezista che aggiunga salto mortale a salto mortale, ritenendosi invincibile, sino allo schianto al suolo. Il potere può dare alla testa e far nascere fenomeni di superomismo che fanno perdere il controllo di sé, dando ad alcuni aspetti di eccessiva autostima e di distorta presenza nella realtà. Se poi nasce un effetto Corte con un "cerchio magico" di amici, sodali, complici ed altra umanità allora il sistema personalistico si allarga sempre di più, diventando rete. Alla fine vige in certi sistemi il senso profondo di impunità, che crea quella sicurezza spregiudicata che, come un pallone che si alzi sempre più nell'aria gonfiandosi a dismisura può rimanere vittima di uno spillo che lo buchi, costringendo tutto a cadere al suolo senza più quella maestosa levità nel cielo. Tutto ciò in barba ai controlli anticorruzione che si sono fatti apparentemente robusti e alla famosa trasparenza che quando non c'è crea lati oscuri dove pullulano sistemi clientelari e francamente non voglio farla troppo lunga, ricordando capisaldi come la distinzione fra politica ed amministrazione, i fari accesi nel rapporto pubblico-privato, la semplificazione che evita chi gioca sui passaggi burocratici, serietà nelle procedure di appalto e di gara , infine, la famosa cultura della legalità (con incontri farsa con plurinquisiti). Per cui consiglio ai "gomplottisti" di tenersi vigili in caso di azioni che possano davvero eccedere, ma di evitare essi stessi di creare un sistema di pensiero che abbia come solo scopo un'assoluzione preventiva, assurda come una condanna prima delle sentenze. Ci vorrebbe equilibrio e anche quel famoso senso morale che pone di fronte non solo alla Legge ma anche alla proprio coscienza, per chi ne abbia.