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19 mar 2018

Le tappe del tempo perso

di Luciano Caveri

Ognuno fissa la crisi profonda della Politica valdostana a seconda delle proprie convenienze e ciascuno, me compreso, è libero - a torto o a ragione - di ritenere di essere fuori dal fango. Ma, si sa, con un'immagine non molto lieve e da usare lontano dei pasti, di come "la merda nel ventilatore" sporchi tutto e tutti senza discernimento, come avviene con quei bidoni con schizzo, quando sono in azione, tirati dietro i trattori per concimare i prati. Eppure un punto ed a capo sarebbe prezioso per chi vuole ragionarci sopra e, si sa, più si avvicinano le elezioni regionali e meno si riescono a trovare momenti di discussione pacati. La ragione è semplice: è ovvio che qualunque forza politica, anche quando dice pubblicamente il contrario con grandi aperture al "cambiamento" (messo tra virgolette per l'evidente abuso del termine), in questa fase mira al sodo e cioè a massimizzare i propri risultati. Soprattutto se la sbarra del 42 per cento, da raggiungere per avere un premio di maggioranza per le possibili coalizioni, risulta allo stato inarrivabile e dunque si dovrà ragionare con coalizioni, in parte post voto, basate sugli esiti con un sistema proporzionale con sbarramento.

Personalmente mi spiace che, in un periodo distante dalle elezioni e cioè nel 2015, si sia persa la vera occasione di dialogo nell'area autonomista per torti ben identificabili, che in fondo oggi elencare sarebbe inutile. Anche le polemiche politiche - come gli yogurt - hanno una scadenza e questo dovrebbe essere chiaro a chi vive di faide infinite nella nostra ridente Valle, neanche fossimo sull'Aspromonte, che poi - per infiltrazioni acclarate della 'ndrangheta - sappiano non essere così estranea alla nostra realtà alpina, un tempio immune. Allora, infatti, si avviò - probabilmente senza la dovuta preparazione e più sull'impulso di nuovi equilibri regionali che su progettualità di media o lunga gittata - la famosa "Constituante", che doveva essere un momento di approfondimento sui temi dello Statuto, da cui si possono sempre desumere - per chi lo sappia leggere e capire nella sua profondità - i problemi più brucianti per la Valle d'Aosta al proprio interno e nei rapporti con Roma e con l'Europa. Per me, nella brevità della sua vita, questa "Constituante" è servita per almeno due cose. La prima è che le energie intellettuali ci sono tutte, anche se spesso nascoste come il fuoco sotto la cenere; la seconda è che ogni operazione di carotaggio dei problemi fa successivamente zampillare, come quando si scava un pozzo, un sacco di idee e di proposte e questo mi parrebbe il pane quotidiano da sfornare se vogliamo uscire dalla situazione di impasse. Anche perché la crisi di credibilità della politica e dell'area autonomista deve far parte della riflessione sul tema, così come ci deve spiegare con brutalità il fatto che da Regione autonoma piena di credibilità siamo finiti, per chi ci guarda dall'esterno, negli ultimi posti in classifica della capacità e della moralità. Pochi mesi fa, chiusa la partita della "Constituante", nacque l'idea, che vivacchia ancora sotto altra forma, del "Rassemblement" (che in un mio intervento pubblico, con un lapsus freudiano, che era una speranza designai con "Renaissance"), ma anche in quel caso l'aspetto della sostanza si è scontrato con la "realpolitik" che era quello che contava. Così è stato e anche in questo caso il banco è saltato prima che si facesse quanto invece si sarebbe dovuto fare: analisi e diagnostica varia sull'area autonomista attraverso le questioni più profonde da risolvere e da affrontare. Per altro, ma l'osservazione è lessicale, il termine "Rassemblement", che evocava una forza politica nata a destra dell'Union Valdôtaine nel 1963, non era una scelta condivisibile e ormai con il "Rassemblement National" di Marine Le Pen, sulle ceneri del "Front National", la partita semantica è chiusa. Poco dopo è apparso sulla scena, passato in fretta a miglior vita, il "Forum de l'Autonomie", cui personalmente avevo già dato una forma di confronto e dibattito che ritenevo nuova e coinvolgente. Anche in questo caso, alla fine, la questione era semplice: scorriamo insieme i contenuti del nostro Statuto e valutiamo come siamo messi, confrontando il tutto con la realtà fattuale e non con fumosi programmi per il futuro che verrà, che per altro verrà prescindendo dalle nostre buone intenzioni. Ma la morte subitanea è avvenuta perché anche in questo caso hanno vinto, in occasione delle Politiche, le logiche da "arsenico e vecchi merletti", spacciate per scelte futuristiche e questo è l'aspetto più tragicomico della vicenda. Così come nessuno è legittimato, se non i fatti e i comportamenti, oltreché i curricula, a distinguere chi sia più o meno autonomista, che Dio ci scampi da chi distribuisce patenti di "nuovismo" a destra e a manca. Se è un fatto anagrafico ne prenda la maggior parte dell'elettorato valdostano, piuttosto su con l'età, se invece è un fatto contenutistico ci presentino questi esaminatori le loro prodezze nuoviste e poi ne discutiamo assieme. Chi si loda, s'imbroda... Quindi, ora come non mai, la questione capitale è come e quanto lavorare, sapendo che le elezioni in democrazia sono un passaggio importantissimo, ma non il solo.