Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
03 mar 2018

L'acqua in cui nuotiamo

di Luciano Caveri

Lo scrittore David Foster Wallace, morto purtroppo in tragiche circostanze dieci anni fa, è stato per me uno degli spunti del mio discorso in occasione della recente riunione di "Mouv'", di cui ho messo l'audio qui. E' sua una storiella, che ho evocato, è che narra di due giovani pesci che nuotano sereni e spensierati. A un certo punto incontrano un pesce più anziano proveniente dalla direzione opposta. Questo fa un cenno di saluto e dice: «Salve ragazzi! Com'è l'acqua oggi?». I due giovani pesci proseguono per un po' finché, arrestandosi di colpo, uno guarda l'altro e stupito si domanda: «Acqua? Che cos'è l'acqua?». Io l'ho usata per dire di come, per un giovane valdostano ed è compito dei "vecchi" pesci come me il passaggio di testimone, sia bene avere consapevolezza sulle ragioni dell'Autonomia valdostana e sull'impegno civico e di cittadinanza come caratteristica per sapere dove si vive. Bisogna essere coscienti di che cosa si attornia per non essere degli apolidi.

Questo aneddoto deriva dalla trascrizione del discorso che Wallace tenne per la cerimonia delle lauree al Kenyon college nel maggio 2005. Vorrei trarre da quel medesimo discorso qualche altro elemento di riflessione. Cominciando da un'altra storiella: "Ci sono due tizi che siedono insieme al bar in un posto sperduto e selvaggio in Alaska. Uno dei due tizi è credente, l'altro è ateo, e stanno discutendo sull'esistenza di Dio, con quell'intensità particolare che si stabilisce più o meno dopo la quarta birra. E l'ateo dice: «Guarda, non è che non abbia ragioni per non credere. Ho avuto anche io a che fare con quella roba di Dio e della preghiera. Proprio un mese fa mi sono trovato lontano dal campo in una terribile tormenta, e mi ero completamente perso e non riuscivo a vedere nulla, e facevano 45 gradi sotto zero, e così ho provato: mi sono buttato in ginocchio nella neve e ho urlato "Oh Dio, se c'è un Dio, mi sono perso nella tormenta, e morirò tra poco se tu non mi aiuterai"». E a questo punto, nel bar, il credente guarda l'ateo con aria perplessa «Bene, allora adesso dovrai credere» dice, «sei o non sei ancora vivo?» E l'ateo, alzando gli occhi al cielo «Ma no, è successo invece che una coppia di eschimesi, che passava di lì per caso, mi ha indicato la strada per tornare al campo». E' facile interpretare questa storiella con gli strumenti tipici dell'analisi umanistica: la stessa precisa esperienza può avere due significati totalmente diversi per due persone diverse, avendo queste persone due diversi sistemi di credenze e due diversi modi di ricostruire il significato dall'esperienza. Poiché siamo convinti del valore della tolleranza e della varietà delle convinzioni, in nessun modo la nostra analisi umanistica vorrà affermare che l'interpretazione di uno dei due tizi sia giusta a quella dell'altro falsa o cattiva". Questa è la chiave del confronto: poter essere all'ascolto degli altri e cercare formule che possano portare alla migliore delle interpretazioni. Dovrebbe valere per il futuro della Valle, per chi ci crede. Chi non lo fa delega ad altri e che poi non si lamenti dello stato della situazione. Poi un passaggio su cui riflettere: "La libertà del tipo più importante richiede attenzione e consapevolezza e disciplina, e di essere veramente capaci di interessarsi ad altre persone ed a sacrificarsi per loro più e più volte ogni giorno in una miriade di modi insignificanti e poco attraenti. Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L'alternativa è l'incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito. Lo so che questa roba probabilmente non vi sembrerà molto divertente o ispirata, come un discorso per questo di genere di cerimonie dovrebbe sembrare. In questo consiste però, per come la vedo io, la Verità con la "V" maiuscola, scrostata da un sacco di stronzate retoriche. Certamente, siete liberi di pensare quello che volete di tutto questo. Ma per favore non scartatelo come se fosse una sermone ammonitorio. Niente di questa roba è sulla morale o la religione o il dogma o sul grande problema della vita dopo la morte. La Verità con la "V" maiuscola è sulla vita prima della morte. E' sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza, consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento, per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: «Questa è acqua, questa è acqua». E' straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita. E comincia ora". Vivere la realtà significa naturalmente essere consapevoli, coscienti, critici e propositivi. Significa vivere dandosi uno scopo con il cervello acceso e con una vista d'insieme. Wallace quella strada indicata non la riuscì a trovare davvero, essendosi - poco tempo dopo - impiccato ad una trave. Ma il suo discorso, acuto e ammonitore, resta valido per tutti noi che - tra mille difficoltà - vogliamo sapere il più possibile dell'acqua in cui nuotiamo.