Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
27 feb 2018

Quando la montagna entrò nella Costituzione

di Luciano Caveri

"La Valle d'Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari, è costituita in circoscrizione autonoma con capoluogo in Aosta". Questo articolo 1 del decreto luogotenenziale del 1945 da cui è nata la prima forma autonomistica, pienamente vivente non solo per via della giurisprudenza della Corte Costituzionale ma anche per l'esplicito riferimento all'"ordinamento valdostano" nell'articolo 48 bis dello Statuto speciale dovrebbe essere imparato a memoria da tutti i valdostani. In quel "geografiche, economiche e linguistiche" c'è tutto un mondo, compresa beninteso la nostra chiara appartenenza al mondo alpino. A quella "montagna" che ha bisogno di politiche particolari per assicurare la presenza umana.

Oggi, dopo mille fatiche per farlo inserire nei Trattati quando ero parlamentare europeo e poi anche da Presidente della Regione e da membro del "Comitato delle Regioni", i Trattati lo esplicitano in quella nozione importante che è la "coesione territoriale", assieme alla tradizionale nozione "coesione economica e sociale", all'articolo 174: "Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna". Resta la necessità di capire con chiarezza - e lo si dovrebbe fare con una Direttiva specifica - che cosa si intenda in Europa per "montagna" con una perimetrazione puntuale, lasciando uno spazio discrezionale ai Paesi membri per una sua applicazione più di dettaglio. In fondo è la stessa cosa che è mancata in Italia rispetto ad una previsione costituzionale delle "zone montane", sapendo che - bene o male - dal 1948 in poi si è agito a spizzichi e bocconi nei criteri che indicassero che cosa fosse la montagna, specie con una pratica furbesca di illogico allargamento a zone per nulla montane per le solite ragioni di consenso spicciolo. «Troppa montagna, nessuna montagna»: l'ho ripetuto fino ad averne noia. Ma di questi tempi, in cui si ricordano i settant'anni della Costituzione repubblicana, è bene ricordare quel cenno alla montagna che esiste all'articolo 44. Articolo che fu oggetto - specie sul latifondo - di una discussione vivacissima fra costituenti. Il testo in vigore è il seguente: "Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane". Come nacque questa norma faticosamente applicata, ma mai con una buona classificazione che fosse scevra dagli "appetiti" di zone non montane insinuatesi per cercar vantaggi? Era il 13 maggio del 1947, quando nella seduta pomeridiana prese la parola Michele Gortani, eletto ad Udine per la Democrazia Cristiana. Così la breve biografia della "Treccani": "Geologo e geografo italiano (Lugo, Galizia, 1883 - Tolmezzo 1966); professore di geologia nelle università di Cagliari (dal 1921), Pavia (dal 1922) e Bologna (dal 1924 al 1953); socio nazionale dei Lincei (1949); deputato al parlamento (1913-19), membro dell'Assemblea Costituente e senatore (1948-53). E' autore di fondamentali studî geologici con particolare riguardo alla Carnia, alla Sardegna e all'Africa orientale e, nel campo della geologia applicata, di studî su problemi riguardanti la genesi e la ricerca degli idrocarburi. Tra le sue ricerche geografiche le più notevoli sono quelle sui terrazzi marini e fluviali. Fondò l'Istituto italiano di speleologia a Postumia e il Museo etnografico a Tolmezzo. Diresse il Giornale di geologia". Quel pomeriggio intervenne a sostegno di un suo emendamento, così formulato, che venne poi votato e approvato. Il testo era questo: "Nel medesimo intento la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane". Così l'illustrò nell'aula di Montecitorio: «Onorevoli colleghi, vi è in Italia una regione che comprende un quinto della sua popolazione, che si estende per un terzo della sua superficie e in cui la vita di tutti i ceti e categorie si svolge in condizioni di particolare durezza e di particolare disagio in confronto col rimanente del Paese. Questa regione, che non ha contorni geografici ben definiti, ma si estende ampiamente nella cerchia alpina, si allunga sulle dorsali appenniniche e si ritrova nelle isole maggiori, risulta dall'insieme delle nostre zone montane. E' una regione abitata da gente laboriosa, parsimoniosa, paziente, tenace, che in silenzio lavora e in silenzio soffre tra avversità di suolo e di clima; che rifugge dal disordine, dai tumulti e dalle dimostrazioni di piazza, e ne è ripagata con l'abbandono sistematico da parte dello Stato. O meglio, della montagna e dei montanari lo Stato si ricorda, di regola, e si mostra presente, quando si tratta di imporre vincoli, di esigere tributi o di prelevare soldati. Matrigna la natura, al nostro montanaro, e matrigna la patria; e tuttavia è pronto, così per la patria, come per la nativa montagna, a sacrificare, ove occorra, anche se stesso. Perché la montagna è la sua vita, e la sua patria è la sua ragione di vivere. E in lei non ha ancora perduto la sua fiducia. Facciamo che non la perda. Ad ora ad ora voci si sono levate in favore della montagna voci altruiste reclamanti giustizia, e voci utilitarie reclamanti la restaurazione montana come fonte di pubblico bene. Ma le une e le altre sono cadute o nell'indifferenza o nell'oblio. Ed intanto le selve si diradano, inselvatichiscono i pascoli, cadono le pendici in crescente sfacelo; le acque sregolate rodono i monti ed alluvionano ed inondano le pianure e le valli; intristiscono i villaggi a cui non giungono le strade né i conforti del vivere civile; la robustezza della stirpe cede all'eccesso delle fatiche e delle restrizioni, e la montagna si isterilisce e si spopola. Ora è tempo che al montanaro si volga con amore questa Italia che si rinnova. Noi chiediamo che nella nuova Carta costituzionale, dove tante sono le norme ispirate all'amore e alla giustizia, ci sia anche una parola per lui. A tal fine abbiamo presentato questo comma aggiuntivo all'articolo 41: "Nel medesimo intento" (cioè di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali) "la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane"». (Applausi al centro). Il 22 dicembre 1948, a chiusura dei lavori che portarono al voto finale della Costituzione vigente, venne approvata la dizione attuale con una piccola modifica rispetto all'emendamento Gortani, che va ricordato per il ruolo svolto, anche se poi - con disinteresse verso le sue speranze - la legislazione nazionale non ha dato i frutti sperati.