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26 gen 2018

La Resilienza multiuso

di Luciano Caveri

Sono steso sul pavimento della stanza del mio piccolo Alexis, l'altro giorno ero seduto al tavolo con il suo fratello e ventenne, Laurent. Due attività difformi, che ti fanno capire come la condizione essenziale nella vita sia la necessità di rendersi conto di come si debba cambiare per adeguarsi al mondo che ci circonda. Oggi fa molto effetto usare il termine "resilienza", che non è ancora così diffuso. La "Treccani" come sempre illumina sulla mobilità delle parole, così riassumendo: "Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d'urto: prova di resilienza; valore di resilienza, il cui inverso è l'indice di fragilità. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l'attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l'aspetto originale. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, eccetera".

"Resilienza" viene dal latino "resilīre" e significava in origine "rimbalzare, contrarsi" ed ha dimostrato, in questo senso, davvero una sua duttilità di utilizzo, che talvolta finisce per suonare più suggestiva di vecchie parole che mi piacciono molto come "tenacia", "determinazione", "resistenza", "perseveranza". Al di là del loro uso specie nelle logiche motivazionali, tipo coaching, sono diventate espressioni viete nell'uso comune e invece penso restino interessanti. Cosa c'entra essere steso sul pavimento? Perché Alexis gioca ai "Lego" e io con lui in una sfida fra mezzi di locomozione più bizzarri nell'assemblare i pezzi. Si tratta di un gioco che già giocavo io alla sua età e che - in un misto fra oggetti materiali, creatività umana, innovazione tecnologica e attenzione ai mutamenti del mercato e a formule di adattamento - dimostra con brillantezza come la multinazionale danese abbia saputo mutare il proprio modo di essere. Racconta "Wikipedia": «L'azienda, fondata nel 1916 da Ole Kirk Kristiansen, ha iniziato a produrre i famosi mattoncini a partire dal 1949, ma soltanto il 28 gennaio 1958 essi assumono la particolare forma che ne caratterizza ancora oggi gli assemblaggi. Il nome "Lego", coniato nel 1934, deriva dall'unione delle parole danesi "leg godt" che significa "gioca bene". Dalla iniziale serie classica, "Lego" ha nel tempo realizzato anche la serie "Duplo", dedicata ai più piccoli con mattoncini più grandi (quindi non ingeribili) e più facilmente incastrabili, e la serie "Primo" per bambini di età ancora inferiore; la serie "Lego Technic", rivolta ai più grandi, costituita da una gran quantità di pezzi meccanici, ingranaggi, motori, sensori, e perfino programmabile via computer con numerose funzioni personalizzabili (serie "Lego Mindstorms"). In seguito il marchio "Lego" è stato applicato con successo, sempre rimanendo fedele a se stesso, anche ad alcune serie di videogiochi e film come "Lego Harry Potter", "Lego Indiana Jones", "Lego Batman", la serie "Lego Star Wars", "Lego Il Signore degli Anelli" e "Lego Pirati dei Caraibi"». Aggiungo solo, perché è curioso nel cammino di un affermazione planetaria, come «nel 1963 il materiale utilizzato per i mattoncini, l'acetato di cellulosa, fu abbandonato a favore di un composto più stabile, tuttora usato, la plastica "Abs - acrilonitrile butadiene stirene"». E cosa c'entra con il tema essere al tavolo con il ventenne Laurent? C'entra perché sta cercando un tema per la tesi all'Università e sta esplorando il mondo dei trasporti in zona alpina. E in questa prima fase per cercare un titolo da svolgere ci si rende conto, reciprocamente, di come le trasformazioni - fatte salve le montagne, i cambiamenti climatici, i cambi economici e culturali che movimentano le merci, l'avvento di strade e ferrovie - siano un gioco tutto umano che dimostra la rapidità di adeguarsi a scenari nuovi, piegandosi alle realtà emergenti, senza mai fermarsi e ci sono generazioni come la mia che vivono un continuo bradisismo personale per non restare indietro. Per questo - e per tutto quanto ci attornia - bisogna insomma essere resilienti o come altro preferite definirlo nel cammino continuo della nostra vita e lungo la storia così contrastata e spesso autodistruttiva della nostra umanità.