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23 gen 2018

La Costituente e lo Statuto nel 1948

di Luciano Caveri

Hanno fatto bene il Consiglio Valle ed il Consiglio comunale di Aosta a ricordare, in vista di un'intitolazione di qualche cosa (il capoluogo, se ho letto bene, ha già optato per i giardini davanti alla stazione ferroviaria), quel personaggio straordinario che fu l'azionista Emilio Lussu, che ricoprì alla Costituente il ruolo di relatore del nostro Statuto d'Autonomia. Esiste in questo un elemento di tempestività, visto che lo Statuto venne approvato il 31 gennaio del 1948 e la discussione in plenaria alla Costituente avvenne il giorno prima ed anche una sorta di riconoscimento dell'oblio e dunque della mancata riconoscenza verso questo esponente sardista e federalista. Mi sia permesso, incidentalmente, di dire che parte della discussione alla Costituente sul nuovo ordinamento giuridico della Valle è stata retta anche dal presidente della Sottocommissione per gli Statuti regionali, il repubblicano piemontese Tomaso Perassi, anch'egli purtroppo dimenticato.

Già tempo fa avevo rimarcato come, per caso, il Decreto luogotenenziale del 1945, che diede la prima forma autonomistica alla Valle nel dopoguerra, venne pubblicato il 7 settembre, data assai significativa nella storia valdostana, visto che è San Grato, patrono della Diocesi, ma anche festa laica, essendo la data in cui si tenevano le udienze dei Savoia nel Duché d'Aoste. Lo stesso vale per lo Statuto anch'esso casualmente discusso e approvato nelle date in cui ogni anno si ricorda Sant'Orso e la sua celebre "Foire". Date che sembrano, in una logica temporale, ricordare gli elementi misteriosi di un déjà-vu. Mi sono riletto in queste ore i verbali della discussione del 30, visto che il 31 in realtà si tenne solo il voto conclusivo sullo Statuto, con 277 a favore, 84 contrari e due astenuti, con 363 presenti rispetto ai 556 membri della Costituente. E' sempre bene risalire alle fonti e in questo caso si dà atto di un dibattito durato nella seduta antimeridiana, fra le ore 11 e le 12.50 e della conclusione del confronto nel pomeriggio del 30 fra le ore 16 e le 22.55. Dopo le discussioni di Commissione non si intendeva perdere tempo ed il ruolino di marcia era rapido. Oggi su una discussione di questo genere si perderebbero delle settimane. In realtà nella mattinata di quel venerdì 30 gennaio 1948 ci furono sul nostro Statuto solo due interventi, quello di Lussu come relatore e quello dell'allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Lussu parte in maniera potente: «Io dico, come autonomista, fra i primi che hanno portato questa aspirazione e questa coscienza nelle masse popolari, dico, con gli autonomisti, che questa grande riforma che noi concepiamo fondamentale, dopo quella della Repubblica, sarà da noi difesa come una prima conquista democratica, e con la stessa lealtà, aggiungerei con lo stesso fanatismo, con cui siamo decisi a difendere la Repubblica». Poi Lussu affronta di petto quel tema che fa sì che non ci si trovi solo di fronti a norme giuridiche nel nome del Diritto ma a una sorta di logica pattizia, che ha un fondamento politico che mai dovrebbe essere smarrito e si rivolge a De Gasperi, presente sui banchi del Governo: «Desidererei dire qualcosa ai membri del Governo e in particolare al presidente del Consiglio. Vi sono degli impegni nella vita politica della Nazione che un Governo prende, assumendosi tutta la sua responsabilità; degli impegni che per il carattere eccezionale che essi acquistano, non rimangono puri e semplici impegni di Governo; essi toccano la dignità, l'autorità e l'onore dello Stato (…) L'impegno del Governo assunto di fronte alla Valle d'Aosta nel 1945 è noto - è l'impegno del primo Governo dei Comitati di liberazione nazionale, che d'altronde si riallacciava, così come tutta la questione Autonomista della Valle d'Aosta, agli impegni del Comitato di liberazione nazionale del Piemonte, agli impegni del Comitato di liberazione dell'Alta Italia, sede centrale a Milano - come sono noti tutti gli impegni assunti durante la lotta di Resistenza e della Liberazione. La piccola Valle d'Aosta - e non aggiungo fiori letterari per definirla - oltre che della coscienza dell'universalità dei suoi abitanti, si sente forte per questi impegni». Il finale della relazione, con applausi alla conclusione, è forte: «Date a questa Valle che è alle porte di Torino, abbandonata da secoli, la possibilità di crearsi un ordinamento semplice e civile. Basta vederla, questa Valle, onorevoli colleghi, e confrontarla con le Regioni che stanno di là dei monti, oltre vil Piccolo San Bernardo e il monte Bianco, nella Savoia, oltre il Gran San Bernardo, nella Vallata del Rodano, per rendersi conto dell'immensa differenza di questa Regione abbandonata da quell'unità dello Stato centralizzato che tanti magnifici paladini tirano ancora in ballo. Date dunque a questa Regione, a questa piccola conca montana, la possibilità di realizzare una sua moderna». Parla poi De Gasperi, confermando gli impegni politici già in parte incarnati nei decreti luogotenenziali (considerati dai valdostani poca cosa rispetto alle promesse), che si incarta - per manifesta ignoranza - sul fatto che va garantita la bilinguità dei Comuni valdostani e cita la parte della toponomastica in italiano del decreto luogotenenziale, ignorando che la citazione dei nomi imposti dal fascismo serviva solo a ripristinare le dizioni originali! Figuraccia, visto che più avanti nella discussione Lussu ricorda come il nome in italiano di La Thuile fosse l'improponibile… "Porta Littoria". Nel pomeriggio si inizia a votare per articoli. Da notare che Giuseppe Dossetti, noto esponente democristiano, "peggiora" con un emendamento la proprietà delle acque a uso idroelettrico; vi è una lunga disputa sull'ordinamento finanziario con dotti interventi di Luigi Einaudi, ministro del bilancio, che riguardano anche i meccanismi di "controllo" dell'evasione fiscale, mai in realtà adoperati dalla Valle; si capisce anche bene perché sino al 1989, con modifica da me proposta allo Statuto, ci si trovò nel paradosso di un Consiglio Valle eletto con legge elettorale statale e non regionale; molto interessante è la discussione sul francese sia per il suo utilizzo negli uffici che nella scuola con battibecchi di notevole levatura, che dimostrano un'evidente impronta ideologica nei fautori della "italianità"; lo stesso vale, nel confronto fra autonomisti e centralisti per la nota questione delle funzioni prefettizie del presidente della Valle. Insomma: pagine da rileggere e su cui ragionare, per chi crede nel fondamento giuridico e morale della nostra Autonomia, a distanza di ormai settant'anni.