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30 dic 2017

I regali per la Valle

di Luciano Caveri

Si può immaginare di chiedere a Babbo Natale, senza scomodare il Bambino Gesù, qualche regalo per la nostra piccola Valle d'Aosta? Non è facile perché ho l'impressione che - fatto salvo un pezzo di mare, che per altro la Valle ha avuto centinaia di anni fa - dal punto di vista delle bellezze naturali c'è davvero poco da domandare. Verrebbe voglia di incartare una speranza: quella che la neve continui ad essere una costante dei nostri inverni, ma allora la richiesta dovrebbe essere precisa - ed in verità tutta politica - di un antidoto contro il cambiamento climatico, che rischia di assassinare nei decenni a venire quel patrimonio di ghiacciai, che già soffrono il rialzo costante delle temperature.

Ma i doni possono avere anche un componente morale o quantomeno istruttiva. Non so quanto spazio occupi sotto l'albero, la fiducia in sé stessi. In questi anni difficili ho l'impressione che, se coi fosse una spia come quella dell'olio sulla macchina, l'autostima e la considerazione di sé dei valdostani sia scesa a livelli bassissimi. Come se una crisi d'identità risultasse addirittura più forte della crisi economica che si è abbattuta laddove il benessere sembrava in crescita costante. Da questo punto di vista un grosso pacco regalo dovrebbe essere indirizzato al mondo della politica, di cui non faccio parte come eletto, ma credo che i miei precedenti non possano chiamarmi fuori. Credo che ci sia - con un grosso fiocco sopra - la necessità di "Onestà", che in una specie di botticino possa essere data, in gocce, come garanzia che chi si occupa della "Cosa pubblica" non dimentichi mai i doveri morali a cui dev'essere sottoposto chi ha l'onore e l'onere di esercitare una funzione pubblica. L'Onestà serve anche per dare fondamento al legame pattizio con gli elettori: troppe volte, in questi anni, fra il dire e il fare ci sono state di mezzo le pur legittime ambizioni personali. Tu non puoi "vendere" agli elettori delle proposte e dei progetti e poi, nelle alleanze e persino nelle cose da fare, cambiare idea senza rispettare - nel nome di chissà quale "bene comune" - gli impegni assunti. Così come in politica - lo dice uno vecchio del mestiere, che ritiene l'esperienza un elemento importante e non un vuoto a perdere - ci vuole "Competenza", che mettiamo anch'essa sotto l'albero di Natale: in questo dovrebbero concorrere al regalo anche gli elettori, che spesso scelgono cavalli che sono ronzini, per poi lamentarsi della loro scarsa prestazione una volta entrati nelle stanze del Potere. L'ultimo regalo ai politici dovrebbero essere le "Idee", perché per affrontare la realtà odierna - ed in questo l'apporto dei giovani è fondamentale - ci vuole progettualità per capire dove andiamo, altrimenti il navigare della nave della Valle d'Aosta non è una sfida al mare aperto, ma è restare a mollo nella propria vasca da bagno. Un regalo per tutti noi è una grossa cassa con scritto sopra: "Identità". So che il tema è discusso e discutibile. Esattamente come capita a ciascuno di noi, che nelle diverse età della vita cambia, com'è naturale che sia, la Valle d'Aosta nei millenni e nei secoli - e mi riferisco al grande contenitore della "civilisation valdôtaine" - ha cambiato il suo modo di essere con i tempi ben più lenti delle vita delle persone. Ebbene, a meno che non si abbiano gli occhi ricoperti di pelle di salame, è del tutto chiaro - e lo scrivo con l'approssimarsi del settanteesimo anniversario del nostro Statuto d'Autonomia - che la Valle d'Aosta è diversa da quella, senza risalire troppo indietro, a quella che ebbe nel 1848 la novità dello Statuto Albertino e nel 1948 quello Statuto previsto dalla Costituzione italiana, pubblicata il 27 dicembre del 1947. Ogni società si evolve e con essa le norme giuridiche fondamentali che ne sanciscono l'esistenza come per "congelare" gli aspetti identitari. Lo Statuto ha una sua elasticità e un suo dinamismo, ma è ovvio che ormai ci dobbiamo "regalare" uno Statuto nuovo. Ma per farlo dobbiamo regalarci una bella dose di "Forza e Coraggio": i rapporti con Roma e su altri temi topici con Bruxelles devono cambiare marcia. Assorbiti da troppe beghe interne rischiamo di perdere la bussola rispetto proprio alle negoziazioni difficili ma necessarie con i centri di potere con cui dobbiamo necessariamente interloquire. Bisogna sempre farlo con dignità: non si tratta di baciare la ciabatta al governante di torno od ai funzionari di Bruxelles, ma cercare con dignità e sicurezza delle nostre tesi di trovare modi e contenuti per la soluzione dei problemi. Sempre prima che si incancreniscano. Infine mi sia consentito un ultimo pacchettino sotto l'albero per tornare all'inizio: vorrei che avessimo tutti una attenzione crescente verso il "Bello". La Natura ci ha dotati di un territorio e di paesaggi meravigliosi, di cui siamo depositari. Basta brutture o scempi, che non vuol dire bloccare lo sviluppo o vivere sotto una campana di vetro. Ma il "Bello", così comunicato con forza, dai beni culturali che abbiamo ereditato non deve mai mancare per farci vivere i valdostani che verranno.