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27 dic 2017

Vocabolarietto di Natale (parte seconda)

di Luciano Caveri

Riprendiamo qui il filo del vocabolarietto di fronte all'implacabile calendario dell'Avvento che segna implacabile il "meno tre". La "H" non è facile, allora diciamo che "Nazareth" ha l'acca finale, che spesso dimentichiamo e con Betlemme si ricollega al punto precedente. Ho ricordato già come oggi questi luoghi - compresa Gerusalemme - sono tutt'altro che luoghi di pace per il terribile scontro fra israeliani e palestinesi. Quando si evoca la Pace come elemento cardine del Natale sarebbe bene fare un esame di coscienza e ricordare i tanti, troppi focolai di guerra e di terrorismo che insanguinano il mondo, che buttano in farsa la retorica del «Mondo migliore».

La "I" è "illuminazione", che poi ha a che fare - per dritto o per rovescio - con questo solstizio d'inverno che precede il Natale ed offre una delle ragioni della datazione, collegata a tante pratiche precedenti al cristianesimo. La mancanza di luce dell'inverno innesca un desiderio, che noi sublimiamo con il fuoco delle candele, con la legna nel camino, con le luci sugli alberi e i festoni colorati. La luce - lo dicono i medici - ci fa star bene e in fondo siamo degli adoratori di luce. Natale con la "L" è "lentezza". Che il tempo sia relativo ce lo ha spiegato Albert Einstein ed è vero che l'attesa verso la Festività sembra viaggiare al rallentatore e la giornata culminante sembra quasi fermarsi e poi, come un'astronave aliena, riparte a velocità pazzesca sin dall'indomani, quando tutti i "preparativi slow" sono già dietro le nostre spalle. Quando si vivono certe giornate non si ha coscienza - penso ai miei cari che non ci sono più - che certi momenti, magari vissuti sbuffando da adolescenti, diventeranno un ricordo che arricchisce. "M" come "mercatini", che dimostrano più di altro come la tradizione non stia mai ferma. Partita Aosta con lo scenario ormai assodato del Teatro Romano, anche gli altri paesi valdostani si sono accodati in vario modo, spesso in modo assai ingenuo. Ma più che la forma e il successo di pubblico conta la sostanza: il freddo ed il maltempo non fermano la voglia di socialità insita nelle feste di Natale. E girando si incontrano spesso persone perdute nei gorghi della vita con cui gli auguri scambiati valgono il doppio. E poi, con la "N", c'è - tornata anche nel fondovalle - la "neve", meraviglioso complemento in una regione alpina. Natale senza neve - diciamolo con chiarezza - è una schifezza. Possiamo far finta di niente, accontentarci dei cannoni che sparano neve artificiale per coprire le piste per poter sciare, ma la nevicata è altra cosa. Appartiene alla sfera delle cose che, anche se poi ci arrabbiamo per certi caos sulle strade, la neve che cade ferma il rumore e il tempo e ci spinge in una dimensione tutta sua. "O" è facile: lo stupore che deriva dal regalo, che dovrebbe fare grossomodo «Oh!», che - come da dizionario italiano - esprime troppe cose: dal desiderio al dubbio, dal dolore alla meraviglia. Noi prendiamo per buono quest'ultimo e l'esperienza affina l'orecchio e anche l'espressione del volto. Se il regalo piace davvero «Ohhh!» è molto strascicato, altrimenti potreste avere toppato il regalo… "P" è tutta valdostana, la "Pastorala" di Cerlogne: la Messa cantata in patois che allieta in molte chiese la celebrazione di Mezzanotte, talvolta con la formula annessa del Presepe vivente. Ci sono impastate fra canto e parole molti aspetti antichi della Chiesa valdostana, in un tempo persino dotata di una propria Liturgia. Sulla "Q" mi astengo e varrà anche per "U" e "Z". Ma la "R" di "renne" mi fa sorridere, visto che adesso se ne vedono in giro. Agli esordi della televisione in "Rai" organizzai una bella serata di fronte a Sant'Orso e volevo le renne, ma trentacinque anni fa, pur chiamando l'Ambasciata finlandese, ostacoli sanitari ne impedirono l'arrivo. Usammo i cavalli che portavano di fronte alla chiesa un Babbo Natale con la sua slitta: era stato un anno poco nevoso e trasportammo con un camion la neve necessaria per fare andare i pattini... La "S" sono i "suoni" del Natale: conosco un discreto repertorio di canzoni e per certe trasmissioni radio mi diletto a cercare stranezze inerenti il Natale. Trovo che le musiche giuste siano indispensabili per creare l'atmosfera: oggi è facile farlo in mille modi, un tempo - quando da ragazzino cominciavo a trafficare in radio - si facevano delle cassettine opportunamente mixate. Grande successo! Resta la "T" di "tavola", che si immagina imbandita, fra cene con i colleghi e momenti familiari con parenti e amici. So benissimo cosa pensate: specie nel secondo caso si sviluppano di tanto psicodrammi per certe scintille possibili. Bisogna essere molto zen ed evitare quel che facevo in alcuni anni da ragazzo, quando ribelle... andavo a sciare. Infine "V" di "vischio": bisogna baciarsi senza problemi, perché porta fortuna farlo sotto questa pianta luminescente, che ereditiamo dalle tradizioni celtiche dai druidi che ritenevano piena di magia questa strana cosa.