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22 dic 2017

Se il Parco non è Parco e non parco

di Luciano Caveri

Dopo essere stato nell'impressionante "Walt Disney world resort" vicino ad Orlando in Florida - dove ho visto cose che voi umani... - si può dire che ogni altro Parco dei divertimenti al mondo potrà sembrare poca cosa. Anche se, come noto, al gigantismo non c'è mai limite e dunque chissà cosa verrà ad allietare le prossime generazioni in questi mondi immaginifici e artificiali. Lo dico senza alcun snobismo, partendo dal presupposto che anche questi sono posti da esplorare e da capire. Farà sorridere ma molti aspetti sociologici degli Stati Uniti mi si sono svelati più a "Disneyland" che altrove e il confronto con la versione europea di Parigi, visitata più volte con i figli di diversa età è stato un raffronto interessante.

Ci pensavo ieri vagando con spirito giusto nella versione invernale da finesettimana prenatalizio e poi natalizio del Parco di "Gardaland", dove ogni padre prima o poi porta i figli, dedicato - nella logica particolare di "Magic Winter" - appunto al Natale in tutte le sue declinazioni. Trionfano le suggestioni natalizie: un enorme presepe, babbi natale multiformi, pupazzi di neve (c'è anche un settore neve artificiale), luminarie e alberi multicolori e tutto quanto fa festività, compreso il sottofondo musicale con il repertorio tradizionale. Certo, nel Parco c'è meno adrenalina del consueto e devo dire francamente che a me l'idea che il divertimento faccia troppo spesso rima con paura non è che convinca molto. Sarà l'età che incombe che mi renderebbe restio a brividi vari, pur essendomi imposto anche in questa visita emozioni da voltastomaco di cui farei a meno. Ma è così e dunque inutile rivendicare formule troppo diverse. Ma - come dicevo - la versione natalizia è invece soft al limite del melenso, ma ci sta a fronte di tante brutture vomitate in soggiorno dai nostri televisori. Ho trovato a questo proposito uno spunto di riflessione molto interessante nel sito "unaparolalgiorno": «Seguite il ragionamento su "Parco". In quanto detto sinora è "termine di origine preindoeuropea, col significato di recinto, giunto probabilmente a noi mediato dal francese "parc". Il concetto di parco quale terreno boscoso nasce associato alla riserva di caccia; perciò l'etimologia lo fa derivare da quello di "recinto": il parco doveva essere chiuso e protetto, a pro del signorotto che vi cacciava. Ma in tempi più recenti l'idea di un terreno boscoso protetto ha trovato declinazioni diverse, secondo nuove funzioni. Esempio lampante sono i "parchi nazionali", vaste zone di natura incontaminata in cui flora e fauna vivono al riparo dall'azione umana; ma si parla di parchi anche in relazione a grandi giardini alberati, pubblici e privati, che sono separati dalla città o dalla campagna - punti d'incontro artificiali fra uomo e natura. Quest'ultima accezione ha aperto la via all'applicazione del nome di parco anche a luoghi dedicati al divertimento, spesso anche tematici - in cui magari non c'è un albero, ma c'è una funzionalizzazione estetica di un grande spazio. E lasciata ogni bellezza, il parco può anche restare semplicemente il vasto spazio adibito a deposito: pensiamo al "parco macchine" del concessionario». Ma può essere anche - e il testo non lo cita - la questione appunto di un mondo davvero e forzatamente del tutto artificiale come il "Parco dei divertimenti". Segno bizzarro di come un termine, in questo caso "parco", può essere tutto e il suo contrario. Ma a complicare, dalla stessa fonte, c'è l'altro "parco" di diversa origine e cioè dal latino "parcus", da "parcere", "risparmiare". Così si declina: «Diversa è la storia del parco nel senso di frugale. Si tratta di una parola bellissima, e di importanza cardinale - anche se poco usata: infatti mette in luce la tendenza al risparmio senza implicare le negatività di avarizia e taccagneria. La persona parca è sobria, e conduce una vita semplice, assecondando i bisogni materiali con misura. Certo, talvolta questa parola non è usata come complimento, ma laddove voglia spingersi a indicare un'inclinazione all'avarizia e alla scarsità, viene percorsa da una vena ironica: si dice il meno per dire il più. Quindi il maestro può essere "parco di lodi", il nonno conduce "una vita parca" in campagna, e in tempi di magra si calcolano le spese "con parchezza"». Naturalmente - anche qui si noti il paradosso - questo ulteriore aspetto di "parco" è l'esatto opposto della logica di eccessi e di sfrenatezze di un Parco dei divertimenti. Il Parco in questa sua dimensione non è certo parco! Temo di essermi ingarbugliato.