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15 nov 2017

Il degrado valdostano e la reazione possibile

di Luciano Caveri

Ci sono scene in certi telefilm americani in cui, per ricostruire certe vicende delittuose e venirne a capo si appiccicano al muro fotografie con scritte e frecce di collegamento fra i diversi episodi. Solo così chi ci ragiona sopra è in grado di avere un quadro complessivo e di capire certi perché altrimenti difficili da esplorare. Così purtroppo in certe storie della politica valdostana, specie quando - con grandi proclami ideali, l'ultimo dei quali il vecchio termine "Rassemblement" usato per un "papocchio" - si sono create alleanze che sarebbero risultate "impossibili" nel leggere le puntate precedenti e soprattutto quanto detto agli elettori prima di andare alle urne. Perciò è legittimo pensare male e non per giocare al Catone il Censore che sputa giudizi, ma perché proprio certe vicende oscure, oggi solo in piccola parte disvelate, avevano portato persone come me a lasciare l'Union Valdôtaine, criticando personalità e metodi.

Non lo avevo mai fatto a cuore leggero, considerando per storia familiare e personale quella la mia casa politica. A quella scelta di quasi cinque anni fa sono rimasto coerente, mentre altri non lo hanno fatto e spetta a loro spiegare il perché. Mi riferisco alle ragioni vere, non a quelle retoriche adoperate per spiegare certe operazioni di andata e ritorno altrimenti prive di motivazioni difendibili. Quel è certo è che molte vicende oggi sono all'attenzione della Magistratura e gran parte erano già state oggetto di denuncia in sede politica. Per cui certe storie eclatanti appaiono sulla scena giudiziaria con un ritardo che prima o poi andrà spiegato per capire le ragioni di troppi "omissis". Il quadro che emerge dagli ultimi fatti dunque non stupisce ma certo colpisce una certa tranquillità nel perseverare anche di fronte a segnali allarmanti per chi li compiva. Come se si ritenesse di poter contare su una certa dose di impunità che rendeva sempre più arrischiare le azioni: una tracotanza che impressiona se si mettono le cose assieme in quel cartellone che può collegare visivamente i fatti, come scrivevo all'inizio. Ora ci si attende una reazione morale e politica. La società valdostana ha gli anticorpi per reagire a queste malattie della democrazia, che rischiano di rendere indegna la nostra Autonomia, che è fatta di diritti e anche di doveri. Ci vuole davvero poco a vedere sparire il nostro Statuto per via delle molte spinte che si agitano da sempre dall'esterno contro i «privilegi», specie se a dare manforte a queste tesi ci sono reiterati casi di malaffare che fanno della Valle d'Aosta una sorte di Sicilia del Nord in mano a politici spregiudicati, persino collusi con la 'ndrangheta. Così sto male quando sento molti cittadini, anche amici miei, che annunciano il disimpegno e la scelta di mai più votare. Un moto di ribellione siffatto sarebbe solo inutile e dannoso, perché è questo il momento di riscatto per la comunità degli onesti. Essere persone perbene vuol dire credere nell'impegno civile e nella politica da rimettere in carreggiata e non chiudersi in un privato rassicurante, mentre la Valle d'Aosta crolla. La reazione serve appunto per rimettersi in piedi e dimostrare che crediamo nei valori della nostra Autonomia, che devono avere un caposaldo nella moralità pubblica e troppi se lo sono dimenticati anche per colpa - spiace dirlo - di molti elettori compiacenti.