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05 nov 2017

La castagna nel tempo

di Luciano Caveri

Nella montagna a corona del fondovalle, che frequentavo quando ero piccolo, specie nel girovagare in bicicletta, quando nessuno metteva in discussione questa libertà di noi piccolini, i boschi di castagne - come in gran parte della Bassa Valle d'Aosta - erano i protagonisti assoluti per le nostre scorribande. Per cui mangiarsi le castagne non era ancora un fatto perlopiù da "castagnata" paesana, ma faceva parte dei frutti di stagione da consumare a casa. Nulla di comparabile con il passato più remoto, quando - specie nella mezza montagna - l'alimento principe era nel mondo rurale davvero la castagna, usata in molte modalità e caposaldo dell'economia di sussistenza. Oggi, a parte certe malattie che in passato hanno colpito duro i castagneti, la raccolta della castagna ha un uso complementare, più sociale che alimentare, e anche le ormai rare attività commerciali rischiano di spegnersi per via della concorrenza di zone più vocate.

Leggevo, rinvenuta su Internet, una bella lezione della chef, esperta gastronomica piemontese, Giovanna Ruo Berchera, nell'ambito di un'iniziativa con finanziamenti comunitari, definita "Saveurs campagnardes". Osserva sul tema: «La castagna, la cui coltura da parecchi anni si è ristretta moltissimo, per secoli ha quindi costituito, con la segale, la patata e i latticini, la base dell'alimentazione delle popolazioni montane dell'Europa meridionale e pertanto anche della Valle d'Aosta in particolare della Bassa Valle. Prima della diffusione della patata, avvenuta alla fine del '700, in Bassa Valle e nelle zone fino ai mille metri di altitudine della Media Valle, la castagna era addirittura la risorsa alimentare primaria tanto che dall'andamento del raccolto, a volte, dipendeva la sopravvivenza di molte persone. La castagna, infatti, unita ad un ingrediente proteico o ad un po' di verdura può risultare un pasto completo. La raccolta delle castagne in Valle d'Aosta iniziava ai primi di ottobre per terminare ai primi di novembre; dipendeva dalla varietà del frutto e dall'altitudine. Siccome gli alberi di castagno sono quasi sempre situati lungo i pendii, all'epoca della raccolta era necessario porre dei ripari perché i frutti non andassero perduti cadendo in prossimità di ruscelli o in caso di forti piogge. Spesso i ricci venivano scossi con pertiche quando questi non erano ancora tanto maturi e ciò sia per evitare di perdere delle castagne e sia per poter ammucchiare i ricci pieni nelle ricciaie o nelle cantine. Inoltre, facendo cadere i ricci prima della caduta delle foglie, questi si potevano rastrellare evitando così di raccoglierli in mezzo alle foglie uno per uno utilizzando le pinze, un apposito attrezzo in legno costruito dagli uomini durante l'inverno. I ricci generalmente erano raccolti dalle donne le quali tenevano legata davanti una grossa tasca di tela simile ad un grembiule per raccogliere le castagne già uscite dai ricci. I ricci pieni venivano messi nelle "gerle" ed ammucchiati in un luogo piano nel bosco - se si intendeva aprire i ricci a breve termine - oppure vicino a casa o in cantina - se si intendeva conservare le castagne nella ricciaia fino ad inverno inoltrato. In quest'ultimo caso lo scopo era quello di potervi accedere facilmente al momento del bisogno e specialmente in caso di neve». E' incredibile, a ben pensarci, a come siano mutati usi e costumi, su spinte esterne e cambiamenti interni, tanto da rendere attività indispensabili come una sorta di elemento complementare e l'abbandono di larga parte dei castagneti è segno dei tempi. E sappiamo bene che, a parte qualche eccezione, certe prelibatezze a base di castagna che mangiamo in giro per la Valle quasi sempre derivano da prodotti non autoctoni o, come si dice oggi, non a "chilometri zero". Scrive ancora Giovanna Ruo Berchera: «Le castagne raccolte al momento della caduta e quelle derivanti dall'apertura dei ricci venivano subito sottoposte a cernita. Le più belle erano vendute fresche, le più piccole, in minima parte, erano consumate fresche bollite o arrostite mentre per la maggior parte, per poter essere conservate, si dovevano fare essiccare. I metodi di essiccazione erano due: al sole e all'aria sui balconi in legno oppure sulla "grà". L'essiccazione delle castagne sui balconi è comune in tutte le aree montane alpine ed appenniniche ma non sempre era funzionale; infatti, se la quantità di castagne era di diversi quintali, lo spazio poteva essere insufficiente per farle essiccare in quanto se lo strato di castagne era troppo spesso, non prendendo sufficiente aria, potevano ammuffire nonostante fossero girate ogni giorno. A volte le condizioni meteorologiche potevano essere sfavorevoli (lunghi periodi di pioggia) impedendo così l'essiccazione veloce. Per i suddetti motivi, nelle zone di cui vi era una produzione intensiva di castagne si costruirono le "grà", delle vere e proprie casette per essiccare le castagne; erano delle piccole costruzioni in pietra, senza comignolo, situate vicino all'abitazione o anche nel bosco. All'interno di questa costruzione vi era una specie di soffitto fatto da tante liste di legno di castagno messe incrociate in modo da formare una griglia (chi poteva permetterselo costruiva una griglia in ferro) e su questa venivano allargate le castagne. Alcuni anni fa, un'anziana signora di Perloz mi diede una dettagliata descrizione di come si svolgeva l'essiccazione sulla "grà" di famiglia che aveva il soffitto di legno disposto a griglia. Al centro della casetta, al piano terreno, veniva acceso il fuoco e il fumo, salendo essiccavano le castagne». Vi era infine la trasformazione: «Una parte delle castagne secche sbucciate veniva generalmente portata al molino e ridotta in farina per fare il pane di castagne oppure per fare delle pappe (in Bassa Valle). Comunemente le castagne (sia fresche che secche) venivano lessate per essere consumate da sole al posto del pane o nel latte oppure costituivano la base di minestre o di puree. Ma le preparazioni più diffuse erano la minestra di riso, latte e castagne e la minestra di orzo con verdure e castagne (vedi dispensa sui cereali). Successivamente con il migliorare delle condizioni di vita si iniziò a utilizzare questo frutto in preparazioni sia salate che dolci». In effetti oggi, superata la fase in cui si combatteva con ristrettezze e fame, anche nei menu più chic spunta la castagna, ma certo è altra cosa...