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20 set 2017

iPhone e la rivoluzione digitale

di Luciano Caveri

La rivoluzione digitale ogni tanto mi dà il capogiro. Guardavo le caratteristiche di questo nuovo "iPhone X" - erede del primo modello che mi legò al melafonino (anche se la "telefonia" è oggi una delle tante funzioni) dieci anni fa - e mi domando quanto questo concentrato di tecnologie sin dal suo esordio, meno eclatante degli attuali effetti speciali, abbia modificato le vite, i comportamenti, la socialità, facendo crescere nuovi usi e costumi e suonando la campana a morto per oggetti e abitudini pur radicati. Negli ultimi dieci anni l'iPhone ha cambiato le nostre vite, anche se ormai scandalosamente caro, perché è stato il primo a definire - facendo da lepre - come la connettività e il mondo Web sarebbero stati un nuovo spazio di amplificazione dei sensi umani e della nostra intelligenza. Il "New York Times" ha realizzato un video dove evidenzia con garbo quanto lo smartphone di Cupertino abbia seppellito.

Anzitutto la sveglia, oggi sostituta da miriadi di varianti sullo schermo per chi abbia bisogno - io no! - di avere qualcosa che interrompa il sonno per cominciare la giornata. Lo stesso si può dire, anche se anche questo io non l'ho mai usato, l'orologio da polso: oggi il telefonino può scandire il tempo in modo così efficace da usare da non avere eguali. Ciò vale anche come agenda e memo con richiami vari per scandire il nostro tempo e mettere ordine ai nostri impegni. Sono ormai abituato che mi dica persino a che ora partire per un certo itinerario in auto per essere in orario, ricordandomi anche dove l'ho posteggiata, visto che ho sincronizzato macchina e telefono. Le macchine fotografiche e gli album sono un'altra vittima sacrificale: io ho sul telefono migliaia di foto (protette anche dalla "nuvola") ed ormai sono sistematizzate e persino montate in buffi video musicati. Il "New York Times" racconta poi - fra le novità antropologiche - il venir meno, perché siamo chini sugli schermi, delle chiacchiere di cortesia un tempo usuali in ascensore, in una sala d'attesa o in due tavoli di bar fra vicini. Vedo ragazzi che in compagnia sono tutti lì che pigiano sui tasti e osservo persone che rischiano la vita per strada perché chattano mentre guidano e pedoni che rischiano di battere la testa contro un cartello stradale tanto sono impegnati sulla loro protesi digitale. Ho già scritto come mi intristiscano - e il "NYT" lo conferma - la morte delle cartoline di una volta, assassinate da social come "Instagram" che ormai raccontano in diretta certe vacanze, risparmiando anche le terribili sessioni di diapositive che certi amici ci propinavano in serate interminabili. Per altro ciò ha comportato un venir meno del buonsenso e persino del pudore: perché si vede davvero di tutto... Altrettanto triste è la scomparsa delle cartine geografiche, che appaiono già ai più piccoli - che usano le mappe elettroniche con destrezza - come una polverosa abitudine del passato. E proprio i nativi digitali scopriranno in caso di blackout futuro quanto potrebbero essere utili quelli come me, anche quando saranno canuti e stanchi, che si applicano sul digitale per non restare indietro ma sono analogici in carne ed ossa in caso di necessità. Resta da ricordare come il "New York Times" pianga la fine della privacy visto che la nostra vita, mediata dal Web, è oggetto di analisi continua per capire chi siamo e cosa vogliamo: utenti da servire e consumatori da spennare. Ma - vorrei ricordare - che esiste, per contro alla riconoscibilità sino al particolare più minuto, uno spazio per "anonimi brutti e cattivi" che insozzano il Web, untori di "fake news" e fenomeni ancora peggiori, visto come criminalità ed estremisti politici e religiosi sguazzano nella Rete. Il giornale americano dimentica alcuni punti che hanno fatto morire ma anche nascere mille interessi. Come in uno scioglilingua: l'informazione, il meteo, la musica, la televisione e la radio, i social, la scrittura, i giochi, la biglietteria di qualunque genere e le carte presenti un tempo nel portafoglio, ma anche nuovi metodi di pagamento, libri e dizionari, possibilità di traduzioni vocali o scritte, eccetera. Un mondo fatto di nuovi mondi e se dico "stampanti 3D" o "Intelligenza artificiale" prepariamoci a nuovi, clamorosi impulsi. Con il rischio che la dipendenza tecnologica finisca per essere una nuova schiavitù e prendere le misure per usare le potenzialità, escludendo abusi e pericoli persino per l'intelligenza umana, sarà un compito delicato per educatori e legislatori.