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30 ago 2017

Quando un castello ci racconta del passato

di Luciano Caveri

Ho visitato il castello "Vallaise" di Arnad all'epoca in cui la Regione ne trattava l'acquisto. Era allora chiuso al pubblico ed a rischio degrado, in parte purtroppo già avviato per l'impossibilità degli ultimi proprietari di garantire una manutenzione a un'opera così grande e complessa. Per altro solo una piccola parte della costruzione veniva da loro usata come abitazione privata e faceva impressione che ci fosse qualcuno che, dopo secoli di vita nobiliare che aveva animato stanze e saloni, usasse i locali come se trattasse di una casa qualunque. Certo, la scelta di comprare il castello è stata sacrosanta, pensando al valore enorme dal punto di vista storico e artistico dell'intero complesso, che mette assieme pezzi di diversa epoca - direi anche diversamente adoperabili - in uno scenario incantevole sotto le boscose montagne del paese.

Ci sono tornato in occasione delle visite guidate di questi giorni in occasione del "cantiere evento" (scelta meritevole ma penso che un piccolo obolo andrebbe previsto, perché la cultura non è gratis!), dopo i primi importanti lavori di restauro che sono avvenuti a seguito del decisivo passaggio di proprietà e par di capire che altre tappe risulteranno necessarie in un orizzonte piuttosto lungo. Vorrei per la destinazione finale qualche scelta ingegnosa e non solo farne il monumento di sé stesso e lo stesso vale per altri castelli, penso al mio di Verrès privo di "mission". Ha scritto su Arnad su di un sito della Regione, con il solito acume e la consueta competenza, l'archeologa Stella Bertarione: «Risplende tra i vigneti di Arnad la bianca facciata di Château Vallaise, antica dimora aristocratica acquisita dalla Regione autonoma Valle d'Aosta nel 2010 e oggetto, in questi ultimi anni, di un accurato intervento di restauro e valorizzazione. Prima dei lavori il palazzo si presentava dipinto di un acceso colore rosa salmone; oggi, dopo le ricerche storiche e in considerazione di due dipinti murali presenti all'interno della dimora in cui l'edificio è raffigurato all'apice del suo splendore nel tardo Seicento, ha riacquistato il suo smagliante colore bianco. Un aspetto sobrio, essenziale, quasi severo, che però nasconde... una vera sorpresa! Ma andiamo con ordine. Lo si vede bene già dall'autostrada se si presta attenzione. Una lunga facciata con due piani di finestre fiancheggiata, a est e ad ovest, da due torri. Il tutto incastonato in una cornice verde, densa di boschi di castagni e ricamata di vigneti; verso est si allunga il borgo storico di Ville, alla cui estremità opposta si innalza la massiccia torre altomedievale de L'Ohtà, corrispondente alla sede di un antico ramo della famiglia Vallaise: i De L'Hotel. Dall'alto, in posizione strategica all'imbocco dell'ombroso vallone di Machaby, domina il tutto l'arcigno "Castellaccio", altra antica dimora di questa potente famiglia». Poi l'esperta così riassume: «Già, i Vallaise. Secondi per importanza solo ai più noti Challant, estendevano il loro potere su questa estrema porzione di Bassa Valle, sulla Valle del Lys e nel vicino Canavese. Sviluppatosi da un'originaria casaforte trecentesca, il palazzo che oggi possiamo apprezzare è il frutto di una serie di articolati interventi voluti tra 1663 e 1675 da Charles-François-Félix de Vallaise-Romagnano in seguito alle sue seconde nozze contratte con Giovanna Maria Gabuti. Figlia di Gian Francesco, ricco mercante eporediese che godeva di una posizione di assoluto privilegio alla corte della reggente Cristina, grazie alla sua cospicua dote riuscì a sollevare le sorti di Casa Vallaise. Per donare a questa sua giovane e colta sposa una dimora che fosse degna di lei, il Vallaise chiamò ad Arnad maestranze di primo livello: innanzitutto l'architetto e capomastro Giovanni Battista Vercelli di Campertogno, detto "Canova", assai attivo e molto richiesto in tutta la Valle d'Aosta dell'epoca. Fu probabilmente proprio costui, già forte dell'esperienza lavorativa al sacro Monte di Varallo, a reclutare una nutrita squadra di abili artigiani ed artisti valsesiani e ad organizzare il cantiere di Arnad. Fu così che la vecchia e ormai obsoleta casaforte di famiglia si trasformò in una dimora elegante e raffinata, ariosa, luminosa e pregevolmente affrescata. Una lunga facciata guardava verso sud affacciandosi su terrazzamenti fioriti, decorati da aiuole e ingentiliti da giochi d'acqua. Da una coppia di finte finestre del piano nobile, due ritratti presentavano agli ospiti i padroni di casa raffigurati in abiti sfarzosi. Giovanna Maria, cresciuta negli ambienti di corte a stretto contatto con l'alta aristocrazia sabauda, avrebbe sicuramente apprezzato l'impegno e lo sforzo del nuovo consorte». Poi il racconto, che dimostra anche la forza dell'amore (ma il matrimonio aveva per i nobili locali anche un vantaggio economico...), passa alla parte più impressionante del palazzo: «L'ingresso al "castello" vi trasporterà, progressivamente, all'interno di un vortice di affreschi e dipinti, di storie bibliche, mitologiche e guerresche, Intorno a voi si dipaneranno trionfali e concitate scene di battaglia, ma anche folte foreste con cervi, daini, linci e lepri. Figure di donne assai particolari desunte da episodi dell'Antico Testamento, dalla storia antica, classica e medievale. Resterete sbalorditi dalla Galleria detta "des Femmes fortes" dove figure di eroine emblematiche per le loro straordinarie qualità e virtù morali si alternano a camei di scene filosofiche e delicate immagini di "pia desideria". Vi aggirerete, prima quasi in punta di piedi, poi sempre più coinvolti e curiosi col naso all'insù, finché non saprete più dove guardare, letteralmente avvolti in un turbinio di immagini e colori, di simboli tutti da decifrare, oscuri proverbi, enigmatiche imprese e dissimulati frammenti di vita vissuta. E' questa una dimora barocca; nulla è come appare, tutto è un segno, tutto va interpretato, ogni raffigurazione presenta più livelli di lettura. Ogni stanza può riservare esperienze quasi da realtà parallela; ogni personaggio può nascondere un "alias"». Cioè un personaggio nascosto da un personaggio in un richiamo impastato di riferimenti letterari e allegorici. Questo dello stupore e della curiosità per la scoperta sono i sentimenti che io stesso ho provato, assieme alla riconoscenza (sensibilità da coltivare per non essere valdostani senza radici) per questa antica casata valdostana, i Vallaise, che si estinse nel 1852 con la morte di Rosalie de Vallaise, l'ultima figlia superstite del conte Alessandro, eminente personaggio pubblico che ricoprì tra gli altri l'incarico Segretario di Stato agli Esteri e rappresentò - ruolo importante - il Regno di Sardegna al "Congresso di Vienna" nel 1814, quando nei nuovi assetti territoriali la Repubblica di Genova venne annessa ai possedimenti dei Savoia. Subito dopo la Valle d'Aosta diventò, nell'organizzazione statuale, una delle ventuno provincie del regno sabaudo, ed è retta da un intendente nominato direttamente dal re. Il Conte è sepolto a Montalto Dora, dove si trova l'interessante - sempre per la varietà degli affreschi - Villa Casana dei Vallaise, lasciata dalle ultime occupanti, le suore benedettine cistercensi nel 2003, che sta cadendo a pezzi e mi dicono che ci sia sul triste declino una certa indifferenza. Sarebbe una bella alleanza, su di un fondo comunitario, lavorare assieme sui due siti fra Valle d'Aosta e Canavese, pensando al Castello di Montalto - oggi privato - che rientra anch'esso nella storia dei Vallaise.