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08 ago 2017

Lo strano caso della Sindaca Raggi

di Luciano Caveri

La Democrazia è uno strana cosa: assomiglia ad una montagna come il Cervino. Se la guardi da diverse prospettive, a seconda dei versanti, ti accorgi di come questo prisma modifichi il suo aspetto e così è per la democrazia. E' un titolo che può poi essere declinato in vari modi e ci si può accorgere, con qualche interlocutore, che ci possono essere nella concezione delle differenze persino abissali, che ti fanno dubitare che si parli della stessa cosa. Ci pensavo rispetto a queste vicende di Roma, che occupano le prime pagine dei giornali con una certa costanza e con risvolti - se Roma non fosse stata scelta come Capitale e sarebbe stato un bene - che oscillano fra il comico e il tragico.

Non che si scopra ora che Roma non funziona: sulla difficoltà di governarla ricordo, ai tempi in cui ci frequentavamo per le comuni esperienze parlamentari, di averne parlato con due che ne sono stati sindaci, Francesco Rutelli e Walter Veltroni. Due personalità molto diverse, ma estremamente radicate nella città, che hanno cercato di dare fasti e credibilità, ma forse hanno peccato sul tema alla fine più delicato: il disastro dell'ordinaria amministrazione, cioè le cose più banali, anche se forse meno visibili, che pesano sul benessere dei cittadini e la qualità della loro vita. E le loro considerazioni erano ovvie: le grandi difficoltà di governare una città unica e irripetibile, che si porta dietro - solo per fare un esempio - situazioni finanziarie disastrose dal passato.
Così la "Città eterna" ha sempre oscillato sul bordo della bancarotta, in barba a questa definizione che le deriva anzitutto dall'Imperatore Adriano che, in un passaggio delle sue memorie, descrive la magnificenza della Capitale dell'Impero, sebbene ormai la sua egemonia stesse già in un parabola discendente, scriveva: «Altre Rome verranno e io non so immaginare il volto; ma avrò contribuito a formarlo... Roma vivrà. Roma non perirà che con l'ultima città degli uomini». Se oggi potesse tornare sul posto, temo che - anche se la città è vivente – avrebbe qualcosa da ridire... Ma dicevo dell'attenzione su Roma, forse persino esagerata, ma legata ad un fatto banalissimo: è il banco di prova più importante del "Movimento Cinque Stelle" con la sua sindaca Virginia Raggi e sotto l'ala protettrice a giorni alterni, secondo gli umori, del fondatore Beppe Grillo e del figlio d'arte Davide Casaleggio, erede dal papà Gianroberto attraverso quella sorta di sovrastruttura "tecnocratica" che si affianca a quella del "Movimento" e della schiera ormai folta di eletti nazionali e locali. Quando dicevo che la Democrazia cambia i fatti di Roma sono significativi: dalla scelta via Web della candidata, dimostratasi inesperta e improbabile nel ruolo, a scelte nel governo di Roma che non si capiscono, come appunto il rapporto fra strutture democratiche e interventi esterni che impongono assessori, manager e strategie politiche, come se una suggeritore esterno senza titoli istituzionali pesasse sulle scelte attraverso una confusione dei ruoli che finisce per stupire e persino preoccupare. Se il cambiamento come bandierona, la solita solfa anticasta, il populismo che spazia dall'antivaccinismo alle scie chimiche, le bizzarrie di un leader impulsivo rappresentano la Rivoluzione, così come - è bene ricordarlo - parlamentari che amano la rissa per accendere i riflettori e dimostrare di essere gladiatori per il proprio pubblico, allora c'è da stare sul chi vive, quando in particolare tutto questo non basta per fare di Roma una città nuova e moderna, come promesso. Governare stanca, ma per farlo bisogna governare e non infilarsi in storie infinite di dimissioni e sostituzioni, imbastendo pasticci su temi che sono essenziali per i "grillini" come i rifiuti o il trasporto pubblico. Per non dire - ma vedremo gli esiti dell'inchiesta - di quella corte che girava attorno alla Raggi con personaggi assai chiacchierati e chiedere scusa non può essere un refrain infinito, perché si suppone che chi critica tutto e tutti debba dimostrare con i fatti la sua differenza e la sua efficacia. Per cui, alla fine, anche se mi scoccio di leggere di queste vicende romane, mi rendo conto che conoscerle serve molto e non mi riferisco a coloro che sul Web fanno da sentinelle attente ed aggressive verso ogni forma di critica al "Movimento". Significativa è la campagna greve e cafona contro il giornalista Vittorio Zucconi, che su "Twitter" si diverte ogni giorno a stuzzicare i "Cinque Stelle" e che viene aggredito da militanti che hanno atteggiamenti fideistici che fanno impressione rispetto ad un credo politico. Reggerà la Raggi? Non so perché molti nuvoloni si profilano all'orizzonte e ciò vale per ragioni esterne, ma anche interne, pensando agli eletti romani che si vedono imporre dall'alto manager provenienti dal Nord, come se le personalità locali fossero degli impediti. O pensando a Casaleggio junior che dice che la Raggi agisce in autonomia... Insomma: certa partitocrazia brutta e cattiva, ma anche nel nuovo più fulgido appaiono vistose crepe, che riguardano la sostanza delle regole democratiche più elementari.