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20 lug 2017

Il cielo del Neolitico

di Luciano Caveri

Quando ho visitato la zona archeologica di Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta, avendo visto parecchie volte cartografie della zona per via di un progetto diventato un cantiere infinito trascinatosi per troppo tempo, sono rimasto stupefatto, pensando a come dal passato remoto arrivi un'eco lontana - che diventa un puzzle da ricostruire con pazienza pezzettino dopo pezzettino - della civiltà dei primi abitatori della Valle d'Aosta. L'archeologa Stella Bertarione, che ha la capacità rara di rendere fruibile la scienza, così scrive sul sito regionale: «Ancestrali echi di lontane leggende riecheggiano in questo nome, collegato alla mitica Cordela, "capitale perduta" del popolo dei Salassi, popolo di cultura celtica residente nelle nostre montagne all'arrivo di Roma. A Cordela ed al suo fondatore, ossia Cordelo, figlio di Statielo, seguace di Ercole».

«Miti di viaggio - continua - di lunghi spostamenti, di migrazioni di popoli provenienti dall'Asia Minore. In fin dei conti un po' di verità c'è. E lo vedremo. Scriveva Silio Italico, politico e poeta romano del I secolo. d.C.: "Ercole affrontò le vette inviolate: Fu il primo. Gli dei vedono stupiti Come fende nubi, fracassa alture, Doma possente rupi mai battute". Vagava, il semidio, da Oriente a Occidente cercando fra i ghiacciai la via per i Giardini del Tramonto, dove le Esperidi avrebbero custodito gelosamente i propri frutti». Questa parte iniziale offre la profondità delle vicende, dove la Storia affonda nella mitologia. Aggiunge Bertarione: «I miti si intrecciano in queste origini leggendarie di Aosta, alla cui base però si rileva come fosse comunque nota una presenza antica, misteriosa, difficilmente descrivibile altrimenti. Probabilmente si sapeva che in questa zona la Storia aveva lasciato testimonianze particolari, le cui origini e le cui motivazioni affondavano in un’epoca "perduta", troppo lontana nei secoli e nei millenni perché si riuscisse a meglio contestualizzarla. Ma, col XX secolo, in un modo del tutto fortuito, sarebbero stati gli archeologi a svelare la reale identità di questo enigmatico luogo». Il caso vuole che nel 1969, scavando per un condominio, mentre la città si allargava alle zone più periferiche e sino ad allora rurali, ci sia - salvaguardata da allora ed oggi museo con una costruzione coperta di tutela per il futuro - questa scoperta che mai finisce di stupire. Stella Bertarione argomenta: «Ci troviamo, infatti, al cospetto dell'area megalitica, unico e prezioso scrigno di testimonianze archeologiche risalenti fino all'epoca Neolitica (V millennio a.C.). Un'area composta da un sito archeologico pluristratificato le cui testimonianze vanno dalla Preistoria al Medioevo, passando, come nel miglior manuale di Storia, attraverso le Età del Rame, del Bronzo, del Ferro fino a tutta 'epoca romana, l'età tardoantica e altomedievale». E poi in una frase si affonda nel mistero, che si svela piano piano con gli studi, come i petali di un fiore: «Un grande, straordinario, santuario preistorico dove funzioni culturali e funerarie si sono avvicendate e trasformate nei secoli fino all'utilizzo dell'area a fini non solo sepolcrali ma anche agricoli in epoca romana, per poi approdare (nuovamente) al contatto col divino nell'Alto Medioevo attraverso l'emblematica figura di San Martino». Ma si spinge più in là in un libro uscito in questi giorni di Guido Cossard, dirigente scolastico nel lavoro ma soprattutto archeoastronomo, che nel suo "L'astronomia nasce in Valle d'Aosta a Saint-Martin-de-Corlèans" accompagna il lettore - senza eccessi di tecnicismo - alla scoperta di che cosa siano quei simboli presenti nel sito, svelando alcuni segreti che fanno di quest'area un unicum che lascia, a maggior ragione dopo la lettura, davvero stupefatti. Con fotografie e disegni appositi piombiamo in un mondo del passato, così buio da rendere la notte il cielo stellato e gli astri come la luna oggetto di studio e di curiosità, così come il giorno avveniva con il sole. Sito dai profondi significati religiosi in un mondo contadino, visto che l'agricoltura assicurava la sussistenza e la vita. Con comparazioni con altre situazioni analoghe, Cossard valorizza quest'area megalitica, ricordandone l'unicità, che ne fa davvero - se mai si spendessero dei soldi in azioni di marketing - un luogo che potrebbe diventare un'attrazione a livello planetario. Rendendo viventi quei valdostani delle origini su cui resta ancora molta da studiare e da dire, ma nella certezza che certi riti e simboli di Saint-Martin-de-Corléans assumono un valore straordinario per capire gli uomini che alla fine del neolitico incominciarono ad edificare quella specie di Santuario, che poi sarà strutturato e ristrutturato nelle millenni successivi, come un inno alla Vita, celebrato attraverso i misteri del Cosmo e della Morte.