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10 lug 2017

Migrazioni senza soluzioni

di Luciano Caveri

Ormai i migranti non sono più un'emergenza, come titolano in molti, perché per sua definizione un'emergenza è una circostanza o difficoltà imprevista, che richiede un intervento rapido. Qui siamo di fronte ormai ad una triste ordinarietà, caduta in una palude di mancanza di risposte, se il fenomeno sulle coste italiane è un bollettino di guerra. Scrive Franco Colombo su lenius.it: «Secondo i dati Unhcr, tra il 1° gennaio ed il 30 giugno 2017 sono sbarcate in Italia 83.731 persone. Un dato superiore a quello dello stesso periodo del 2016, quando arrivarono 70.229 persone (+18 per cento). A giugno 2017 sono arrivati via mare in Italia 23mila migranti, mille in più dello scorso anno».

«I Paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 (dati aggiornati al 31 maggio)- continua l'articolo - sono: Nigeria (15 per centp degli arrivi, circa novemila persone) Bangladesh (12 per cento, settemila persone), Guinea (10 per cento, seimila persone) e Costa d'Avorio (9,5 per cento, 3.700 persone). Seguono Gambia, Senegal e Marocco. Rispetto al 2016 si registrano pochi eritrei (circa duemila finora da inizio anno), aumentano gli ivoriani, e appaiono nazionalità meno presenti nei mesi scorsi, come Marocco e soprattutto Bangladesh». Aggiungo ancora un altro passaggio: «Ad arrivare in Italia (dati al 31 maggio 2017) sono soprattutto uomini (il 75 per cento), con una considerevole fetta di minori non accompagnati (il 15 per cento degli arrivi)». Quindi: poche famiglie che sono quelle più integrabili ed il dramma di minori cui trovare una soluzione non facile nel girone dantesco in Italia delle adozioni. E poi vi è una considerazione importante e di stretta attualità con cui si chiude l'articolo di Colombo: «La via d'uscita politica pare quella di amplificare la retorica dell'abbandono dell'Europa con la conseguente necessità di un maggiore impegno di altri Paesi. Ci si dimentica, però, che questi altri Paesi già ospitano un numero di rifugiati e richiedenti asilo che, nella maggior parte dei casi, è superiore all'Italia e che l'Europa già finanzia, in buona parte, il sistema di accoglienza italiano. E' indubbio che occorre un progetto comune a livello europeo che tenga conto delle esigenze di tutti i Paesi, è altrettanto indubbio che le vere politiche che possono dare risposte concrete e durature al fenomeno migratorio sono quelle che portano pace e stabilità nei contesti di partenza e di transito dei migranti». E naturalmente, aggiungo io, la riflessione sulla povertà nei Paesi del Terzo Mondo (che pure sta diminuendo nel tempo) resta centrale, visto che - a conti fatti - sono migranti economici ad arrivare in gran numero, già sapendo che - anche se non avranno diritto allo status di rifugiato - riusciranno a non essere espulsi per la fragilità dei meccanismi necessari per farlo. Se non si agisce in certe zone dell'Africa, come i Paesi subsahariani, gli spostamenti in Europa assumeranno dimensioni epocali, essendo i potenziali interessanti centinaia di milioni e sempre più motivati a farlo. Se lo dici oggi sembri, secondo alcuni, una specie si furbastro che rinvia al mittente il problema, mentre non esiste alternativa. Quando visiti zone povere nel mondo, non ci vuole molto a capire come esista il problema capitale di trasferire risorse in certi Paesi avendo la certezza che questi soldi vengano spesi per aiutare le popolazioni locali con progetti seri e duraturi, affinché il denaro non finisca disperso in mille rivoli e nelle tasche dei soliti noti. Le esperienze accumulate nel tempo, con buona pace delle organizzazioni governative e non governative serie che se ne occupano, sono deludenti, se in troppi - fatti salvi coloro che hanno diritto all'asilo - continuano a sognare l'Europa e l'Occidente come il "Paese del Bengodi" per sfuggire a condizioni di vita penose. Ma, visto dal nostro lato, chi pensa che le frontiere vadano aperte senza fissare paletti chiari e definiti finirebbe per favorire lo svuotamento di Paesi e l'incapacità nostra di avere accoglienze sostenibili di chi arriva. Bel problema, che ognuno tende a scaricare su altri, in una paralisi del diritto internazionale e persino del buonsenso, che finirà scaricata sempre di più sulle nostre Regioni senza troppe logiche e nei nostri Comuni già impoveriti dai tagli della finanza pubblica, dando vento alle vele dell'intolleranza di fronte alla sensazione di molti cittadini di un fenomeno ingestibile e incontenibile. Senza scelte di largo respiro che diano, nella sostanza, qualche certezza sul futuro questa situazione flou è foriera di guai.