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04 lug 2017

La necessaria chiarezza su CVA

di Luciano Caveri

Anche se pare evidente che il mio ruolo sulla questione è stato dimenticato, visto che altri vantano ormai la primogenitura esclusiva, l'operazione che portò all'acquisto di centrali elettriche "Enel" e distribuzione di energia in ambito locale (oggi "Cva" e "Deval") porta anche la mia firma (e lo si evince anche dai resoconti parlamentari) per aver messo in legge delle norme indispensabili e anche per la compartecipazione a certe negoziazioni. Resta comunque la soddisfazione personale per averlo fatto e ricordo bene scetticismi e persino ostilità che allora si manifestarono. Conoscendo discretamente la storia dell'idroelettrico e la sua importanza per lo sviluppo industriale ed economico della Valle, era ben chiaro come quella scelta avesse il gusto della rivalsa per gli schiaffi presi dai valdostani all'epoca della nazionalizzazione dell'energia elettrica e strutture connesse, che svuotò buona parte del nostro Statuto d'autonomia con la complicità della Corte Costituzionale all'inizio degli anni Sessanta.

I padri fondatori della nostra Autonomia all'epoca del Decreto luogotenenziale e poi dello Statuto si batterono per le acque non solo a scopo idroelettrico nel solco di antiche lotte di epoca medioevale per il valore che l'uso dell'acqua ha sempre avuto nella nostra zona alpina, dove vaste zone hanno da sempre problemi di irrigazione per la scarsità delle precipitazioni. "Cva" è oggi un caposaldo per la Valle d'Aosta e, anche se sarà bene capire certe storie avvenute come turbine cinesi e acquisizione di parchi eolici e solari, nessuno oggi può discutere sulla necessità per il benessere della Valle di far prosperare questa società. Quando me ne occupai, mi era ben chiaro quanto ci dovesse essere una politica di alleanze per affrontare il mercato e per prepararsi alla gara assai rischiosa per le concessioni in scadenza per gran parte degli impianti nel 2029. Una strada non perseguita, perdendo occasioni interessanti e rafforzative di partnership. Da tempo si discute di quotare in Borsa "Cva" e la società sta lavorando allo scopo, anche dopo che una norma di legge nella Finanziaria regionale 2017 lo aveva previsto in ossequio agli obblighi di una legge dello Stato che lo fissava come cogente, quanto di recente venuto meno. Ma nel frattempo "Cva" si era prefissata di rispettare i tempi per questa operazione entro il settembre prossimo, avanzando con procedure, che "Mouv'" - me compreso - ha contestato, dopo avere studiato a fondo il dossier, perché sinora si poteva fare tutto meglio e con più trasparenza. Oltretutto lascia perplessi un certo ragionamento in cui sembra che la politica vada a rimorchio delle scelte tecniche che devono invece viaggiare in parallelo, avendo due certezze: cosa significa sotto il profilo dell'impresa e del suo futuro la quotazione e che cosa la Regione deve fare con i soldi che ne deriverebbero. Altrimenti, con le troppe cose non dette nella norma di legge regionale e una serie di domande senza risposte sull'avvenire della società, mancano elementi per capire e per dissipare dubbi sull'operazione in corso. Non entro nei particolari tecnici, ben sviscerati da Elso Gerandin in Consiglio Valle, con un invito a ben pensare prima di una scelta definitiva. Sapendo che - come è l'elemento accessorio - l'idroelettrico "soffre" per le scarse precipitazioni, per il prezzo del petrolio così basso e per la probabile diminuzione nel tempo di alcuni vantaggi per le energie rinnovabili. Insomma: non bisogna prendere troppo tempo per decidere, ma l'accelerazione eccessiva ha creato preoccupazioni e pure qualche sospetto.