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26 giu 2017

Le Alpi che friggono

di Luciano Caveri

Chiuso nel mio ufficio, con l'aria condizionata che mi salva dalla canicola, scruto le montagne domestiche degli aostani: l'"Emilius" e la "Becca di Nona", due giganti che soffrono di questa morsa del caldo e mi veniva da pensare che peccato sia che non possano raccontarci quante ne hanno viste. Qualche tempo fa, Marcello Bonini, un bravo geologo che spiegava la storia delle miniere di Saint-Marcel, ci raccontava proprio degli sconvolgimenti naturali epocali che in milioni di anni hanno prodotto, con spostamenti infinitesimali, che diventano sconvolgenti nel tempo, il paesaggio attuale in questa zona delle Alpi e questo avverrà ancora e probabilmente qui dove mi trovo il mare tornerà, come già c'è stato in passato.

Se avessimo una macchina del tempo, ne vedremmo delle belle su questa orogenesi che ha formato le Alpi con condizioni climatiche molto diverse, succedutesi su di una scala temporale in cui le nostre vite sono meno di un battito di ciglia. Ma, grazie ad una percezione che ci deriva dalle conoscenze e dalle previsioni scientifiche, oggi anche nel corso della nostra breve vita, siamo in grado di cogliere la portata di certi cambiamenti. In un'inchiesta su "La Stampa" di domenica, in pagina nazionale, scriveva Enrico Martinet: «In questo giugno travestito da luglio, con lo zero termico a 5.000 metri, non c'è più una sola parte della penisola italica votata al gelo. Neppure in vetta all'Europa, sulla cupola sommitale del Monte Bianco. L'agonia è cominciata vent'anni fa, ma la svolta è stata l'estate del 2003, quando l'inclemenza meteo ha cominciato a far rima con febbre, non con bufere». Aggiungeva poi: «Se l'artico perde pezzi giganteschi, la Valle d'Aosta, la terra con altitudine media più elevata d’Europa (2.000 metri) ha perduto l'un per cento dei suoi ghiacciai in sette anni, dal 2005 al 2012. La sua superficie è coperta di ghiaccio per il 4 per cento, 120 chilometri quadrati: ne ha persi 30, qualcosa come seimila campi di calcio, oppure sei volte la parte più densa della città di Aosta». Scriveva nel quadro della stessa inchiesta Luca Mercalli: «Straordinari i livelli dello zero termico - la quota nell'atmosfera dove ci sono zero gradi - raggiunti già una settimana fa e nuovamente ieri, 5.000-5.100 metri in tutta l'area tra il Nord-Ovest italiano con temperatura positiva anche sulla vetta del Monte Bianco, e sui cieli di Corsica e Sardegna, come quasi mai in passato. La soglia dei 30 °C si è spinta fino a circa 1.000 metri, e sui ghiacciai la neve - pure abbondante sulle Alpi occidentali a fine primavera - sta rapidamente fondendo al tasso di 10 centimetri al giorno a quota 3.000 metri. (...) Gli effetti del caldo sono amplificati dalla radiazione solare che con circa 1.000 Watt/mq è ai massimi dell'anno proprio in questi giorni di solstizio (mercoledì 21 giugno): con le lunghe giornate soleggiate e i termometri a 35 °C, la già poca acqua disponibile nei suoli agrari padani evapora rapidamente lasciando le piante in stress idrico. All'antico osservatorio del Collegio Alberoni di Piacenza se - come probabile - non ci saranno altre piogge entro due settimane, si chiuderà la sequenza di dodici mesi "luglio-giugno" più secca da un secolo e mezzo insieme al remoto caso del 1883-84, con appena 414 millimetri d'acqua, metà del normale: ma la situazione attuale è ben peggiore di quella ottocentesca, quando a parità di precipitazioni le temperature più basse di circa 2 °C limitavano quanto meno l'evaporazione, ed i consumi d'acqua erano molto minori. Tutto in linea con gli scenari di clima futuro delineati dai modelli al supercalcolatore». Chiude così Mercalli: «Secondo uno studio di Edoardo Bucchignani e colleghi del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici, apparso nel 2015 sull'autorevole "International Journal of Climatology", se non si ridurranno le emissioni di gas serra verso il 2100 le temperature estive potranno surriscaldarsi anche di 6 - 8 °C al Nord Italia, e allora le nostre estati somiglieranno a quelle del Pakistan! Una prospettiva drammatica, che rischia di far fondere quasi del tutto i ghiacciai delle Alpi, stravolgere l'agricoltura e modificare pesantemente i regimi idrici dei fiumi. Proprio il caldo dovrebbe spingerci di più a contrastare i cambiamenti climatici... e invece in molti ancora pensano che questa sia la "giusta" estate italiana». E Donald Trump, Presidente USA fin che dura, straccia gli accordi sul Clima di Parigi, seguendo l'onda - purtroppo ben presente anche nella vulgata antiscientifica che influenza pure le persone ormai "complottiste" su troppe cose - di chi dice che da sempre ci sono stati cambiamenti climatici e dunque non bisogna allarmarsi. Un motivetto degno dell'orchestrina del "Titanic" che suonava mentre il transatlantico affondava nell'Oceano.