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19 mag 2017

L'e-democracy che muta la Politica

di Luciano Caveri

Il vantaggio e lo svantaggio di questa vita di rincorsa ai continui cambiamenti è che si possa essere testimoni del "prima" e del "poi", apprezzando in maggior misura le trasformazioni, anche se ci fanno venire il fiatone per non essere démodé. In più se non si indugia in sterili nostalgie del passato, questa può essere una posizione utile per comparazioni e forse anche per cavalcare le cose alla ricerca, se possibile, di antidoti contro certe storture che si manifestano. La Politica ha similitudini che saltano piè pari millenni e secoli, ma nella realtà poi l'aria dei tempi cambia modi medesimi e atteggiamenti uguali, trasfigurandoli di questi tempi nella galassia della "e-democracy".

Daniele Pittèri su "Cosmopolis" ha scritto: «Nel corso degli ultimi dieci anni, infatti, si è sostanziata la consapevolezza che l'erosione e l'indebolimento dei sistemi democratici rappresentativi stavano conducendo non verso la democrazia diretta, ma verso forme estenuanti di democrazia compulsiva (permanente e consultiva), potenzialmente congeniali a logiche populistiche e plebiscitarie. La deflagrante centralità dei mass media, e della televisione in particolare, nelle dinamiche di dialogo fra politica e cittadini, il frequente utilizzo di sondaggi, il facile ricorso alla mobilitazione tattica della piazza e agli appelli telematici, hanno diffusamente consolidato un clima di campagna permanente, in cui le dinamiche comunicative di matrice elettorale si sono estese alle fasi ordinarie e quotidiane della vita politica e in cui l'agire politico, sempre più subordinato e vincolato alle logiche del rapporto con l'opinione pubblica, ha sposato in via quasi del tutto incondizionata la logica del marketing, assumendone la mentalità e sostituendola alle abituali modalità della pratica politica». Ma gli scenari accelerano ancora. Donald Trump, che pure non è un ragazzino ma è - ahimè - Presidente degli Stati Uniti, annota spesso pensieri fulminei, come richiesto dal mezzo, su "Twitter". Può piacere o no e spesso rasenta la gaffe e si dimostra un elefante (da buon repubblicano...) nella cristalleria, ma questa è la modernità e lui ci gioca nella logica di un suo rapporto non filtrato con i suoi followers. D'altra parte Matteo Renzi ha persino una "app" con premio per i suoi aficionados che lo seguono e lui gigioneggia con le sue battute e Beppe Grillo consulta i suoi via Web ed ha scelto candidati a ruoli importanti con consultazioni che - si noti il paradosso - avvengono con numeri di votanti, ad esempio per le candidature, che rendono risibili gli appelli alla democrazia diretta. Tutto nuovo ed è inutile lamentarsene, perché da questo convoglio non si scende, chiudendosi in qualche eremo. Ma quel che è certo è che bisogna tararsi su questo mondo "social" fra annunci e commenti e il venir meno di uno dei capisaldi di un tempo: una ragionevole riservatezza, che prevede momenti "slow" contrapposti agli eccessi del "fast". Mai come oggi ci appelliamo alla privacy per poi scoprire quanti mezzi ci siano per violarla sistematicamente. Per cui ai rischi di oscurità e di segretezza si contrappone un mondo a cielo aperto e senza tempi di riflessione e di digestione. Da un estremo all'altro e io resto convinto - e sarà pure banale - che la verità stia nel mezzo fra politica analogica e quella digitale. Pensate alle riunioni: una volta la dinamica era quella, in corso d'opera, di legami fra i partecipanti fatti da occhiate da pokeristi o da copioni predeterminati. Oggi, coi telefonini, ci si può scrivere e soprattutto si può comunicare con l'esterno in corso d'opera o cercare sul Web qualcosa di utile nella discussione. L'ultimo orizzonte di queste ore è il file di una riunione riservata in Regione che finisce in piccola parte su di un sito attraverso una registrazione abusiva che qualcuno ha fatto, certo per suoi fini. Ma la diffusione cambia ogni contesto e anche questo è un rischio cui bisogna attrezzarsi e che muta i termini del confronto. L'altro giorno ero ad una riunione su un tema politico, quando la discussione assai generale è risultata turbata da un lancio di agenzia che caducava, per via di dichiarazioni appena fatte, una parte del confronto. Ovvio l'"apriti cielo!" che ha mutato la sostanza dell'incontro. Un giorno verrà in cui, come sta avvenendo a scuola, che bisognerà in certi frangenti lasciare fuori telefoni e tablet per ripristinare la situazione di un dialogo senza troppi retropensieri. Ma forse bisogna solo abituarsi al cambiamento che sortirà nuovi costumi.