Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
20 mar 2017

Le insidie del "meno peggio"

di Luciano Caveri

Immagino che ognuno di noi abbia in mente delle espressioni che lo imbufaliscono. Viviamo, per altro, in un'epoca nella quale certi "tic" linguistici, determinati intercalari, modi di dire modaioli ammorbano le nostre conversazioni. Io devo dire che trovo sempre più insopportabile, a giustificazione di qualunque cosa, l'utilizzo del rassegnato «meno peggio» ad indicare scelte e situazioni che non soddisfano, ma che debbono essere considerate come una soluzione accettabile rispetto ad altri scenari preferibili ma non raggiungibili. Ne ha scritto nei suoi quaderni pure Antonio Gramsci, che la butta ovviamente in Politica: «Il male minore o il meno peggio (da appaiare con l'altra formula scriteriata del "tanto peggio tanto meglio"). Si potrebbe trattare in forma di apologo (ricordare il detto popolare che "peggio non è mai morto")».

«Il concetto di "male minore" o di "meno peggio" è uno dei più relativi - continua Gramsci - Un male è sempre minore di un altro susseguente possibile maggiore. Ogni male diventa minore in confronto di un altro che si prospetta maggiore e così all'infinito. La formula del male minore, del meno peggio, non è altro dunque che la forma che assume il processo di adattamento a un movimento storicamente regressivo, movimento di cui una forza audacemente efficiente guida lo svolgimento, mentre le forze antagonistiche (o meglio i capi di esse) sono decise a capitolare progressivamente, a piccole tappe e non di un solo colpo». Viene in mente, dalla profondità della politica da ragazzo, una celebre espressione ascritta a Indro Montanelli ed è «turarsi il naso», quando – era il 20 giugno 1976 - rivolse ai suoi lettori un celebre invito a votare Democrazia Cristiana come male minore, per scongiurare il temuto "sorpasso" comunista. In realtà spiegò anni fa il giornalista Giorgio Vecchiato a Sergio Romano un interessante retroscena: «sulla faccenda di turarsi il naso e votare controvoglia ci facemmo, con Indro Montanelli, delle amichevoli risate. Non era stato lui a inventare lo slogan, e nemmeno Salvemini nel '53. La paternità è dovuta ad un personaggio più inquietante, Adolf Hitler che nel 1924, mentre era in prigione servito e riverito dai carcerieri, così annunciò la svolta parlamentare: "Quando io riprenderò la mia attività, invece di sforzarci di conseguire il potere con un'azione armata, dovremo turarci il naso ed entrare nel Reichstag". (Shirer, "Storia del Terzo Reich", Einaudi).
Quando mostrai questa citazione a Montanelli, un giorno a pranzo da lui, mi pregò di non rovinargli la piazza. Scherzasse o ci tenesse sul serio, non ne scrissi mai». Questo fa capire come il "meno peggio" possa essere tattico, strategico o in molte altre possibili sfaccettature. Per me resta odioso, anche se capisco che l'infinita arte del compromesso obbliga forse a ricorrere a determinate formule... digestive. Valgono allora due pensieri in pillole: il primo è di un politologo ben noto, Angelo Panebianco: «In politica quelli che tengono il piede in due staffe rischiano molto: rischiano di essere considerati da chi li osserva "né carne né pesce". E' la condizione peggiore che si possa immaginare quando si tratta di andare a chiedere ai cittadini consensi e voti». Il secondo di un celebre leader, che frequentava anche la Valle d'Aosta, Pietro Nenni. «In politica ci sono sempre due categorie di persone: quelli che la fanno e quelli che ne approfittano». Mi sembrano due spunti interessanti e che fanno capire, se mai ce ne fosse bisogno, come il "meno peggio" sia da usare con moderazione, se si ritiene di farlo.