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01 mar 2017

L'emigrazione e l'astronave

di Luciano Caveri

Delle volte viene voglia di dirsi: «prendo tutto e me ne vado». Nel senso di scegliere un posto - a me piacerebbe ad esempio il Québec, ma non disprezzerei neppure qualcosa di caraibico - e di aprire una pagina nuova. Poi, spento rapidamente il fuoco passionale, torna la razionalità ed anche i legami affettivi, culturali, politici e lavorativi che mi legano alla mia comunità di appartenenza. Chiunque abbia avuto modo di leggere qualcosa o di parlare direttamente con testimoni-protagonisti dell'emigrazione valdostana del passato, scopre ora quanto fosse condita dalla necessità di spostarsi perché obbligati, che fosse la miseria ma anche - negli anni del Fascismo - il dissenso verso il regime. Questa diaspora valdostana nel mondo - lo vediamo dalle lettere e persino dalle canzoni - era intrisa di nostalgia e di tristezza per il Paese natale abbandonato e molti sono rientrati dopo l'esperienza, altri invece hanno coltivato stando via per sempre i ricordi sino alla morte, riuscendo talvolta a tramandare la fierezza delle loro origini anche alle generazioni successive.

Internet - mi è già capitato di ricordarlo - ha consentito anche a chi aveva spezzato il filo della propria genealogia di risalire al passato della propria famiglia, ritornando in Valle d'Aosta come in un pellegrinaggio. Oggi l'emigrazione - lo dicono i dati e la vita quotidiana di figli o nipoti dei nostri amici - sta assumendo forme diverse. Chi studia anche in altri Continenti e poi ci resta, chi è obbligato ad andarsene per poter lavorare seguendo le proprie speranze e le proprie aspirazioni. E' un emigrazione diversa, più randagia, nel senso che a differenza di chi andava un secolo fa a Parigi o New-York non ci sono valdostani organizzati in associazioni ed in mutuelles ad accoglierli. Certo, quel che è più facile, con i trasporti attuali, è un agevole andirivieni con la Valle e le nuove tecnologie ti possono mantenere contatti costanti, un tempo impensabili. Ma l'aspetto più delicato, su cui nessuno ha davvero indagato a fondo, sta nel fatto di quanto questa nuova emigrazione, intellettuale o imprenditoriale, svuoti in qualche modo quel serbatoio di giovani intraprendenti rispetto al già ridotto bacino di nuove energie di cui possiamo disporre, in epoca di demografia sempre più calante. Si tratta di un'emorragia che esalta l'aspetto che amo di valdostani "cittadini del mondo", ma non si devono neppure sottovalutare i rischi di impoverimento delle risorse umane, fondamentali per il futuro. Mi pare, per altro, che proprio il mancato approfondimento del tema dimostri una miopia di certa politica ormai ammuffita, che però tiene duro per una serie di paure che il sistema di potere creato caschi e con esso che qualcuno conosca di nuovo l'onta della polvere. Delle volte questa situazione di degrado e di bruttura viene voglia di prenderla persino come uno scherzo carnevalesco, in un periodo in cui si può scherzare un po' di più. Immaginando così che una certa politica luciferina finisca davvero bruciata come il diavolo appeso sotto il ponte romano di Pont-Saint-Martin, prima della Quaresima. Verrebbe voglia di dire alle energie migliori: «sgombriamo il campo contro il sistema ingessato e ramificato». In vero resterebbe per una parte di comunità valdostana l'alternativa "astronave" per colonizzare uno dei sette pianeti che sono stati scoperti dalla "Nasa" attorno ad una sola stella, "Trappist-1", della nostra galassia "Via Lattea" (tre già noti dal 2016 e quattro trovati ora) dei quali sei in zona abitabile, cioè ad una distanza dalla stella-madre tale da consentire una temperatura superficie tra zero e cento gradi centigradi e quindi lo scorrere dell'acqua liquida. Lì, magari, si potrebbe individuare una zona montagnosa e chiamarla "Nouvelle Vallée d'Aoste" e lasciar perdere quella esistente in balia di certi zombie. Si scherza, ripeto: a Carnevale, ogni scherzo vale... Anche se, con taluni chiari di luna e problemi che da gravi stanno degenerando in gravissimi, vien davvero difficile riderci sopra!