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28 feb 2017

Castelli in aria, di sabbia, di carta, di rabbia e di pietra

di Luciano Caveri

Gli stati d'animo si presentano al mattino sul nostro uscio di casa ed è inutile scacciarli, perché sono lì a dare il "la" al resto della nostra giornata. Questo capita anche a chi, come me, cerca di prendere le cose sempre con il verso giusto e, se possibile, con il sorriso. Stamattina mi sento piuttosto riflessivo e vorrei partire con una frase di Kahlil Gibran che per chi vive sulle Alpi è come un viatico: «Se desideri vedere le valli, sali sulla cima della montagna. Se vuoi vedere la cima della montagna, sollevati fin sopra la nuvola. Ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa».

Già, pensare, esercizio sempre utile, da esercitare come altro tipo di ginnastica. Vorrei farlo, piuttosto che occuparmi della "politique politicienne", la cui definizione sintetica è "attitude des hommes politiques consistant à se préoccuper des questions de pouvoir entre politiciens et partis politiques davantage que de la politique au sens étymologique du terme, c'est-à-dire des affaires de la cité". La polis greca è stata il primo nucleo della democrazia, come si è evoluta da allora sino ad oggi. Meglio dunque lasciare da parte paroloni e teorie e usare semmai la fantasia e pensare, se volete, a diversi tipi di castelli. Cominciando appunto da quelli che consentono speculazioni (nel senso di riflessioni), cioè i castelli in aria. Che non sono niente male se prefigurano cose da fare contro la tristezza di certa realtà. Diceva lo scrittore statunitense ottocentesco Henry David Thoreau: «Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere. Ora il vostro compito è di mettere sotto quei castelli le fondamenta». Oppure possono esserci i castelli di sabbia: ne ho costruiti un sacco da bambino con i miei amici e ne ho fatti con i miei bambini. Ci vuole tecnica e la mia specialità sono degli specie di ghirigori - tipo pinnacoli e facciata della "Sagrada Familia" di Antoni Gaudí a Barcellona - fatti con la sabbia bagnata fatta scendere pian piano dal pugno della mano. E vale Jorge Luis Borges: «Nulla è costruito sulla pietra; tutto è costruito sulla sabbia, ma dobbiamo costruire come se la sabbia fosse pietra». Bella l'idea di non farsi fregare dal mare che se li mangia certi castelli con l'onda sulla battigia e ragionare invece sulla solidità delle costruzioni. E noi ce l'abbiamo sotto il naso gli esempi: viviamo in una Valle d'Aosta fatta di castelli che solcano il nostro territorio come navi che traversano le montagne, testimoni del fluire dei valdostani di diverse epoche. Sono di tante forme, in differenti condizioni, assecondano vari gusti e hanno fantasmi che ci dicono chi eravamo. Ma sono solida, fisica testimonianza di quanto di antico arriva fino a noi e ci dovrebbero dare certezze e sicurezze, oltreché fiducia in noi stessi, ora che stiamo purtroppo in un momento di smarrimento. Allora, per favore, spazziamo via quei brutti castelli di carta costruiti di questi tempi dalla cattiva politica, che ci hanno fragilizzati fino a non fidarci più delle nostre capacità e delle risorse che una comunità può avere. Bisogna abbattere quei "castelli di rabbia" (rubo il titolo di un libro di Alessandro Baricco), che oggi si moltiplicano nel nostro seno. Penso ai lavoratori del Casinò, che forse in Valle non sono amati, ma che sono oggi il segno più tangibile dei tanti fallimenti che stanno venendo al pettine. Sarebbe ora di reagire nel nome dei nostri castelli "buoni", che ci obbligano a pensare che cosa unisca e aggreghi, ma con discernimento e senza - nelle persone come nelle parole - dei faux amis...