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16 feb 2017

L'Autonomia non finisca in fumo

di Luciano Caveri

Premetto che non gioisco dei guai altrui, ma troverei interessante, nelle settimane a venire, capire - mettendo assieme molte fotografie sparse delle diverse vicende giudiziarie in corso e anche di certe storie solo moralmente dubbie - come si configuri l'intero paesaggio di quella parte del sistema valdostano "deviato", fatto da troppi nessi e da amici degli amici in rete che forse diverrà per qualcuno ragnatela. Distinguo appositamente reati, il cui perseguimento e sanzione spettano a chi di dovere, dalla decadenza morale, che ricopre di una patina grigia molte persone e molti fatti e pretende risposte e una perimetrazione che permetta le decisioni conseguenti per fare una bella pulizia.

Personalmente, un po' per l’età che consente memoria e un po' per la conoscenza di tante cose vissute e viste abbastanza approfonditamente, potrei oggi, avendo a disposizione un grande muro bianco, disegnare una vasta piramide che da un vertice discenda verso il basso. Potrei metterci - come in una sorta di albero genealogico - collegamenti verticali e orizzontali che possono dimostrare tanti legami che di primo acchito parrebbero talvolta bizzarri. Invece si scoprirebbero grandi link che formano - tipo teorie degli insiemi - tante situazioni che permettono di darsi tante risposte a molti perché su scelte e decisioni avvenute in questi anni e sulle loro conseguenze fattuali. Spiace autocitarsi, ma quel che colpisce davvero è come - oltre alla ricerca del potere fine a sé stesso - molto del marciume derivi dalla ricerca spasmodica del consenso elettorale, che rischia di diventare l'unico elemento su cui poggia la propria affermazione politica in un effetto distorcente del suffragio universale. Così scrivevo tempo fa: «Un politico che compri i voti è da bandire dalla società civile e certo meritevole della interdizione perpetua dai pubblici uffici. Questa "gramigna" del voto comprato (con soldi o "sconti" di vario genere) o della rete del voto di scambio (assunzioni pilotate senza merito, appalti "pilotati" e altri favori illeciti) non solo falsa i risultati elettorali, ma anche, se ci sono, i voti personali di preferenza. Tra l'altro, nella gradazione dello schifo, penso che in tempo di crisi, la "vendita" di un posto di lavoro sia ancora peggiore di chi se la cava con una manciata di banconote. In più, certi sistemi creano - nei casi peggiori e a voto avvenuto - legami luciferini fra l'eletto e la criminalità organizzata, con politici che diventano come marionette (ma spesso anche complici negli "affari") nelle mani di chi li ha "aiutati". Non si fa niente per niente. E magari possiamo anche aggiungere che in politica chi non segue certi filoni di amicizie "interessate" o "sporche" finisce - autentico paradosso e frittata girata - per essere considerato fuori dal coro e degno di essere spiaccicato contro il muro come il povero Grillo Parlante di Pinocchio. Naturalmente penso che non ci si debba fare intimorire dai disonesti». Lo scrivevo nel 2014 e oggi certe affermazioni sembrano modeste luci in un buio che ha riguardato anche chi doveva accendere dei fari per sua professione. Ma - lo ripeto - in una Repubblica i compiti sono definiti nell'ambito dell’equilibrio dei poteri, che oggi sono messi solidamente alla prova anche in Valle d'Aosta. Mi è già capitato di citare il Cardinale Carlo Maria Martini su cosa sia il "bene comune": «Cominciamo col dire che cosa non è il "bene comune": non è semplicemente un patrimonio comune, qualcosa posseduta da più persone (ad esempio un campo o un bosco il cui proprietario è un gruppo, una comunità), non è un insieme di beni sociali (come la tradizione tecnologica o un'alta tradizione politica di una società), pur se fanno parte del "bene comune", non è neppure l'insieme dei diritti dell'uomo. Tutte queste realtà appartengono al "bene comune", ma non lo costituiscono.
Che cos'è allora il "bene comune"?
E' l'insieme delle condizioni di vita di una società, che favoriscono il benessere, il progresso umano di tutti i cittadini. Ad esempio, "bene comune" è la democrazia, "bene comune" sono tutte quelle condizioni che promuovono il progresso culturale, spirituale, morale, economico di tutti, nessuno escluso.
Ci accorgiamo allora quanto sia importante e prezioso questo "bene comune". In qualche maniera è previo al costituirsi di una società (perché esso consiste nella realtà dei rapporti ben stabiliti tra le persone), e nello stesso tempo deve risultare dall'impegno di tutti e non solo di alcuni.
Sul "bene comune" sono dunque chiamate a vegliare le istituzioni - la famiglia, la scuola, tutte le realtà sociali - ciascuno di noi e noi tutti insieme siamo responsabili di esso». E' una bella definizione, cui aggiungerei un pensiero di Rita Levi-Montalcini: «Il male assoluto del nostro tempo è di non credere nei valori. Non ha importanza che siano religiosi oppure laici. I giovani devono credere in qualcosa di positivo e la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono anche dopo la nostra morte». E' quindi necessario ricreare un quadro di normalità e non uso neanche il termine "legalità" che dovrebbe già rientrare appunto nella normalità. Bisogna farlo in questa Valle d'Aosta scossa e sfiduciata, dove il venir meno di certi capisaldi - quelli che controbattono il malaffare - può fare dell'Autonomia speciale una pira in cui si bruci in un batter d’occhio quanto sinora costruito.