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13 feb 2017

La politica valdostana in attesa

di Luciano Caveri

Il "Cinghialone" - per usare un soprannome noto - è ormai a portata di tiro dei molti cacciatori e dei cani che sentono l'odore del sangue. Augusto Rollandin non è mai stato così vicino alla caduta definitiva, dopo una carriera politica di quarant'anni - dunque di una longevità senza eguali - con picchi e baratri, da cui nessun altro sarebbe risalito in superficie. Ma lui l'ha fatto con quella grinta, frutto di un'incrollabile autostima e di una capacità senza uguali di dissimulare e recitare diverse personalità, come un consumato attore, pronto a dire una cosa e a farne un'altra come se niente fosse, avanzando cinicamente lungo le sue strade lastricate di potere. Sempre con la capacità o almeno il tentativo di mettere gli interlocutori in una posizione di sudditanza, spesso con l'aria di conoscere le cose a fondo, con parvenza di autorevolezza, anche quando non è affatto così e chi conosce gli argomenti se ne accorge in fretta.

A me pare che uno dei soprannomi più azzeccati sia quello - ovviamente scherzoso - di "Bokassa", il celebre dittatore centroafricano che praticava il cannibalismo, che nel caso del leader unionista è cannibalismo politico con i suoi compagni di partito nella logica - una volta mangiati - di una sua solitudine autocratica che oggi è evidente, chiuso com'è nel bunker di Palazzo regionale. Ridotta l'Union Valdõtaine in macerie e la Valle d'Aosta al degrado istituzionale ed al disastro finanziario, attorno a lui tutto si muove in vista della successione, in un vortice di polvere che non consente di vedere bene lo scenario politico, fatto di molte speranze e forse troppe ambizioni e si sa che, quando non c'è nitidezza, Rollandin può sempre riuscire a risorgere dalle sue ceneri, complice la smemoratezza o peggio la riconoscenza clientelare di parte dell'elettorato valdostano. Anche se questa volta nel dopo elezioni del 2018 - se potrà essere della partita - non potrà, grazie alla parte buona della legge elettorale in vigore, essere più alla guida della Regione. Il problema è evitare che, uscito di scena il presidente di tante stagioni (con certe oscillazioni Sinistra-Destra sarebbe meglio dire "quattrostagioni") arrivi qualcuno che sia eguale interprete di stessi metodi e comportamenti con un "rollandinismo di ritorno" oppure un pupazzo di cui Rollandin resti il solo ventriloquo. Naturalmente in questa fase di transizione, in cui si costruiscono maggioranze e Giunte alternative nelle segrete stanze, pesano poi varie incognite, come il processo sui costi della politica prossimo a una sentenza d'appello a Torino, dove a reggere l'accusa è il sostituto procuratore generale di Torino Giancarlo Avenati Bassi, da ieri distaccato ad Aosta come capo della Procura di Aosta, e la scelta non penso sia casuale. Il collegio giudicante potrebbe mandare a casa e rendere ineleggibili nel 2018 alcuni consiglieri in posizione strategica in questa fase di conta (incombe più o meno il "18 a 17"). Ci sono inoltre altri fronti giudiziari che avanzano come dei panzer, dopo essere rimasti a lungo in garage in un artificiale "quieto vivere" su dossier gravissimi: i sussurri e le grida a proposito riguardano anche alcuni politici ed è una variabile da non sottostimare e la considero consolante riscatto per chi crede nell'onestà e nella legalità in politica. Chissà cosa pensa Rollandin, ingrigito nel suo carisma e senza più neppure in pubblico il sorriso di circostanza stampato sul volto, certo ormai distante dal brillante politico degli esordi, giocoliere senza eguali nel gestire persone e situazioni sempre a suo vantaggio. Ovvio che il "viale del tramonto" non piaccia a nessuno, specie per chi ha avuto negli anni una crescente "hybris". Non gli parlo da almeno cinque anni, tranne qualche fugace saluto di cortesia in qualche manifestazione. Un giorno dirò per esteso perché a un certo punto non mi sono più fidato di lui e dei suoi metodi e perché mi sono tenuto distante dalla sua spregiudicatezza. Anche quando, di recente, aveva sedotto di nuovo chi l'aveva abbandonato e anzi aveva ammaliato l'elettorato proprio con lo spregio nei suoi confronti e della sua complicata macchina di consenso e di complicità, per poi arrivare a sedersi nella sua Giunta. Ora - per una serie di "combinazioni astrali" che hanno portato sin qui e non certo per un'astuta manovra alla "cavallo di Troia" - tutto si muove e sarà bene capire dove si andrà con qualche ragionevole certezza cui aggrapparsi. Soprattutto pensando a quanto a suo tempo stabilito con il voto dei cittadini, per evitare - visto che il ritorno alle urne è assai vicino e dunque le spiegazioni devono essere convincenti - di alimentare la contraerea dell'antipolitica e della demagogia, che si abbeverano delle contraddizioni generate dai politici che fanno e disfano e il rischio potrebbe essere in futuro di far cadere la Valle d'Aosta dalla padella alla brace. Comunque sia, quel che è sicuro è che non ci sarà di che annoiarsi.