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02 dic 2016

Quel Renzi contro tutti

di Luciano Caveri

Forse ci siamo abituati, ma sarebbe bene che - astraendoci dalla quotidianità, potessimo vedere con lucidità quanto questa campagna elettorale per le riforme costituzionali sia condita da evidente irrazionalità. Come io la pensi su questa riforma è noto: si tratta di una brutta riforma "imposta" dal Governo, oltretutto approvata da una Camera delegittimata da una Corte Costituzionale che ha sancito l'incostituzionalità del sistema di voto, il "Porcellum", con cui i deputati sono stati eletti. Mentre normalmente una modifica costituzionale prevede una genesi parlamentare, questa volta il disegno di legge di partenza (e direi anche di arrivo) è stato eterodiretto dall'Esecutivo e lo dimostra l'iter del provvedimento, ma soprattutto il fatto che la riforma venga difesa in primis, con le unghie e con i denti e con crescente vis polemica, da Matteo Renzi in persona in una logica "contro tutti" che lascia perplessi.

"Le Florentin" - comunque vada il voto - è riuscito nell'opera di divisione dell'Italia come mai nessuno si era azzardato a fare nella storia della Repubblica. "O con me o contro di me": questa sembra ormai essere la costante di una lunghissima (e immagino costosa) campagna elettorale, che ha portato il Premier ad essere un vero prezzemolo e non ci vuole molto a capire quanto sia difficile governare e in contemporanea spendersi così per fare passare il "sì". Perché lo fa? Ognuno ha la sua interpretazione dei fatti: la mia è che il sistema congegnato non è nel nome della famosa e fumosa governabilità, ma perché l'insieme di norme costituzionali, sommato al nuovo sistema di voto noto come "Italicum", sortisce un sistema centralistico e personalistico. Renzi pensa così di fondare una leadership di lunga durata, di cui abbiamo già gustato alcune pietanze, tipo quella dell'occupazione di ogni ganglio di potere con persone di fiducia, che rispondono a lui. Una deriva pericolosa, che mette a rischio quella logica di pesi e contrappesi senza la quale una Democrazia scivola verso scelte autocratiche, che non si sa alla fine sino a dove possano arrivare. Questa è la posta in gioco di una riforma scritta male, balbettante e narcisistica, che come un boomerang rischia di tornare indietro contro chi l'ha voluta proprio per quel premio di maggioranza che offre su di un piatto d'argento una maggioranza schiacciante alla Camera dei deputati per chi ottenga un flebile successo elettorale. Quel che è insopportabile è il clima di ricatto e persino di intimidazione per chi scelga il "no". Nel termine "accozzaglia", usato da Renzi per chi dissente dalla riforma, c'è una virulenza che poi torna nella demonizzazione del nemico non con argomenti di merito ma con quella sicumera che preoccupa perché chiude la porta al confronto reale. La realtà quella vera non c'è più, perché è diventato tutto un racconto, una terra promessa, una svolta immaginaria mai realizzata e la crudezza dei dati dell'economia ne sono la dimostrazione, così come questa voglia di usare la discontinuità per dire - alla Bartali - che «tutto è sbagliato e tutto da rifare». Ma alla parte distruttiva non si sostituisce qualcosa di realmente nuovo, ma il vecchio più vecchio di un sistema di cui alla fine Renzi è figlio molto più di altri, come dimostrano le fotografie di giovane democristiano sorridente a fianco a quei leader scudocrociati che oggi abiura, come se non ci fosse memoria del suo cursus honorum. Per questo dico agli autonomisti valdostani che sperano in una riforma statutaria rosa e fiori per la Valle d'Aosta, nel nome dell'intesa "usa e getta" messa nella riforma per avere i voti dei parlamentari sudtirolesi, trentini e valdostani necessari al Senato per avere i numeri, che quel che conta è il contesto. Difficile pensare che nel deserto del regionalismo restino le belle oasi dell'Autonomia speciale e chi sogni un'oasi ancora più bella, fra laghetti, palme e piatti deliziosi, dovrebbe forse capire che non si tratta nient'altro che di un miraggio. Dopo la vittoria del "sì", la Controriforma proseguirebbe il cammino e nel mirino, non ci vuole molto a capirlo, ci sarebbe la specialità, spazzata via da maggioranze parlamentari bulgare. Se si preferisce coltivare il sogno, la speranza, l'illusione allora si può anche votare "sì", affidandosi - magari turandosi il naso o storcendo la bocca - al Grande Ammaliatore, che poi nessuno si lamenti se il risveglio dal sogno ci sarà e sarà molto brusco e doloroso per le istituzioni valdostane.