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23 nov 2016

Dalla democrazia all'oclocrazia

di Luciano Caveri

Si possono avere degli amici remoti, con cui dialogare a distanza come si faceva in passato per lettera con qualche "ami de plume"? Certamente sì ed anzi va detto che oggi esistono modalità molto rapide e che consentono con facilità non solo di interloquire con una battuta fulminante, ma anche la possibilità di scambiarsi con agevolezza documenti e pensieri più lunghi. Così con il mio amico montanaro occitano, Mariano Allocco, fucina di idee e mai domo rispetto a certo conformismo che ormai aleggia, anzi pronto a nuotare controcorrente quando deve difendere le sue idee e soprattutto - merce rara - la sua coerenza in un mondo nel quale ci sono persone che salgono sul carro del vincitore per poi scendere in fretta quando la nave affonda come si dice facciano i topi.

Nei giorni scorsi, pubblicato poi come editoriale su "La Stampa" di Cuneo, mi aveva mandato questo testo come sempre imbevuto di cultura e di stimoli alla riflessione. Ve lo propongo tale e quale: «Il 24 aprile scorso le elezioni austriache avevano dato un segnale chiaro, anche se è passato in sordina, il Contado aveva votato a destra, mentre il vincitore si era affermato con i voti "verdi" di Vienna.
 Elezioni annullate per vizi di forma, si tornerà al voto il 4 dicembre, stiamo a vedere come va a finire, lo stesso giorno da noi c'è il referendum, anche qui una bella partita, in Italia il Contado ha poco peso però, la partita la giocano le Città.
 Anche per la Brexit si è presentata la frattura tra Città e Contado, Londra era per rimanere in Europa, il "no" è arrivato dalle campagne.
 Stesse dinamiche in USA. dove Trump è stato votato dall'America profonda, mentre i voti per la Clinton sono arrivati dalle città.
 E' evidente ovunque una faglia che nel terzo millennio divide Città e Contado, due mondi che stanno prendendo derive diverse, una forbice che sta aprendosi sempre più nel silenzio distratto dei media e della politica.
 In questo scenario si affaccia perentoria una deriva cruenta che ha segnato più volte la storia e che è stata individuata e censita un paio di millenni fa con un termine ora dotto: "oclocrazia". 
Parola desueta, nota agli storici o a studiosi di diritto costituzionale, annotatevela, con essa dovremo confrontarci.
 L'Oclocrazia è citata per la prima volta dal greco Polibio per indicare la gestione della massa intesa come folla disordinata, spesso preda delle agitazioni demagogiche. Per Polibio prima e Cicerone poi è la forma degenerata della democrazia, esattamente come l'oligarchia e la tirannide lo sono per l'aristocrazia e la monarchia. 
Basterebbe passare sommariamente in rassegna alcune pagine di storia per rendersi conto di come molti regimi democratici siano passati attraverso una fase oclocratica per poi sfociare in tirannia.
 Ad esempio i passaggi dalla repubblica romana al principato, dalla Rivoluzione Francese a Napoleone, dalla Rivoluzione d'ottobre a Stalin e non dimentichiamoci che Hitler e Mussolini sono arrivati al potere lungo cammini democratici degenerati in dinamiche oclocratiche.
 L'oclocrazia non è fantasia o reperto archeologico, è strumento di governo della massa che si alimenta di disagi sociali profondi.
L'attuale crisi strutturale dell'Occidente può essere terreno in cui possono germogliare semi che hanno attecchito non molti decenni fa?
 Viste da quassù, da un montanaro, non sono questioni di poco conto». Dietro a questo commento ci sono tante cose: personalmente credo che la crisi della Democrazia, concomitante o forse anche effetto di una crisi economica i cui contorni restano sfuggenti, accanto - come una presa a tenaglia - ad una crisi o forse ad un cambio di valori, sia qualche cosa di palpabile in una stanchezza generale fatta di sfiducia e paure, che spesso sono non solo fantasmi ma preoccupazioni in carne ed ossa. Il punto di vista di Mariano come sempre colpisce, senza troppi fronzoli o retorica grondante: la secchezza ha il vantaggio di arrivare dritta al cuore e serve a spremersi le meningi senza fermarsi alle apparenze.