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18 nov 2016

Per chi difende i teppisti

di Luciano Caveri

Non vorrei apparire un barbottone da bar, quelli che al bancone spiegano agli astanti di come tutto giri storto ed ormai è evidente che dal vecchio mugugno all'antipolitica più moderna e persino al complottismo dilagante il passo è breve, specie se ormai Internet è diventata un cassa di risonanza di chi un tempo al limite disturbava quattro gatti con il rischio a un certo punto di essere invitato ad andare a rompere le scatole altrove. Quante volte da bambino mi sono sentito dire da qualche adulto, con affetto scherzoso per la mia vivacità: «Sei un teppa!». Non avevo mai fatto l'associazione fra questa espressione e il termine, per nulla scherzoso, di "teppista". Ed invece l'origine di questa parlo c'entra con quella precedente. Dice l'"Etimologico": di "teppa", dal milanese "tèpa, muschio, borraccina", che negli anni 1816-17 dette il nome alla Compagnia de la tèpa, gruppo di giovani viziosi e violenti che si riunivano sul prato coperto di muschio di Piazza Castello a Milano". Da cui, nella seconda parte dello stesso secolo, è derivato l'italiano "teppista" (il termine "vandalo", rifacendosi ai famosi "barbari", è ben più antico...), categoria in realtà di difficile configurazione ma rispetto alla quale nutro un astio particolare.

Non ne posso più dei danneggiamenti al patrimonio pubblico: panchine divelte, muri imbrattati, gabinetti sradicati, fioriere spaccate e l'elenco - come sa bene ogni amministratore locale - rischia di essere infinito. Lo stesso vale per i privati, che siano macchine rigate o gomme bucate, vetrine spaccate, pipì negli androni e via di questo passo: anche in questo caso l'elenco rischia di essere infinito. Se fosse solo una questione di ordine pubblico e di codice penale con telecamere indagatrici a testimoniare i fatti e ad aiutare a scoprire gli autori sarebbe ben poca cosa. Penso infatti che si debba fare - magari tenendo conto dell'etimologia meneghina - un punto a capo riguardo a crescenti problemi educativi, nell'alveo delle famiglie, che vanno al di là delle molte responsabilità in capo alla Società in termini più generali. Bisogna intendersi: non si tratta di troppo filosofeggiare sulle ragazzate, che ci sono da sempre in un range di buonsenso, ma bisogna denunciare e risolvere problemi di malessere collettivo, la cui escalation non è mai chiaro dove arrivi. Penso al tifo calcistico e al degrado crescente che colpisce certi Club con bande organizzate in cui i tassi di violenza e di stupidità sembrano aver raggiunto livelli incredibili e la repressione non serve neppure molto, visto che gli stadi di alcune società sono ormai militarizzati con costi crescenti per lo Stato. Gli stessi che pesano sulla finanza pubblica con quello che in termini generali può essere definito il "degrado urbano" e ormai alcuni grandi Amministrazioni hanno servizi specifici che debbono occuparsi solo di questo. So già che alcuni prevederanno che vada a parare sul collettore di tutti i problemi: la Scuola. Ebbene non lo farò, perché se qualcosa nel tempo penso di avere capito - in un Paese nel quale alla retorica sul ruolo della Famiglia difficilmente seguono azioni concrete per il suo sostegno - è che comunque un ruolo genitoriale esiste ed è grande come una casa e non valga come giustificazione il fatto che la tipologia delle famiglie cambi rispetto ai modelli di fissità del passato. La verità è che l'Educazione (oggi uso un sacco di maiuscole) implica grandi responsabilità e scelte difficili, ma non si può pensare di delegare sempre agli altri delle responsabilità proprie. Posso testimoniare di genitori di teppistelli colti a sporcare i muri con i loro ghirigori la cui unica azione era quella di avvocati difensori dei propri figli. E' una constatazione comune questa logica difensivistica, segno dei tempi, che fanno sì che i ragazzi (termine ormai destinato ad indicare persone sempre più vecchie) finiscano per non cogliere a pieno il senso delle loro azioni, come se fossero per sempre bambini dell'asilo da proteggere e mai da educare, segnalando con chiarezza limiti e confini dei loro comportamenti.