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10 nov 2016

Fra genialità e supereroi

di Luciano Caveri

In una giornata uggiosa - novembre per me è un "buco nero" sul calendario - sono finito a vedere due mostre al Forte di Bard. La prima, molto emozionante, è quella delle opere di Marc Chagall, pittore russo di origini ebraiche ed in seguito naturalizzato francese. Il suo vero nome era Moishe Segal, anche se era costretto ad usare una versione ulteriore russofona del suo nome, ed era nato nel 1887 a Vitebsk, oggi Bielorussia, ed è morto a 97 anni, nel paese provenzale Saint-Paul de Vence, dove in passato ho visitato la "Fondazione Maeght" per cui lui stesso operò, luogo cult dell'arte moderna e contemporanea ed ho pure lì nei paraggi giocato per la prima volta in vita mia, molti anni fa, a pétanque. Non sono un esperto d'arte ma i quadri di Chagall - specie quelli più colorati e fantasiosi - sono realizzazioni vitali e aeree, piene di simbologie e sentimenti, che ti fanno penetrare in un mondo intrigante e visionario.

Come un contrappasso dopo aver volato così alto, mi è toccato visitare la seconda mostra quella dedicata a personaggi di fantasia, che per altro... volano quasi tutti. Mi riferisco agli "Avengers" (in italiano "Vendicatori") un gruppo di supereroi composto da numerosi personaggi della "Marvel Comics". Nati come fumetti, sono diventati cartoni animati poi film, videogiochi e oggettistica e gadget di vario genere. Hulk, Captain America, Thor, Iron Man, Vedova Nera: sono questi alcuni dei nomi dei protagonisti della seconda mostra, visitata su spinta del piccolo Alexis (lo stesso che brama i "Megapopz" degli "Avengers" in regalo al "Carrefour" con la spesa), che è fan di questi "salvatori" del mondo. La mostra, intitolata "Avengers: Age of Ultron - Exhibit", presenta ai visitatori immagini inedite del set attraverso i video di backstage realizzati durante le riprese dell'ultimo film nei Comuni di Aosta, Bard, Donnas, Hône, Pont-Saint-Martin e Verrès, oltre a decine di foto delle altre location utilizzate nella pellicola e vari "cimeli" legati a questi personaggi buoni, anche se strani, uniti dal destino per nulla banale di salvare il mondo dai cattivi di turno. "Eroe" - lo traggo dalla "Treccani" - viene dal latino "heros" (che deriva dal greco "ἥρως"), parola che indica l'uomo quando valoroso e forte, portatore dei princìpi antichi, derivante a sua volta dall'arcaico "ϝηρως, veros" dove la prima consonante verrà successivamente aspirata mostrandoci la forma oggi più nota. Il termine corrispettivo in latino era "vir" avente lo stesso significato. I supereroi, che affondano le radici in personaggi della mitologia classica influenzati poi da saghe di diversa provenienza, risultano sempre così nella definizione della stessa "Treccani", che li dipinge in questo modo: "Personaggio immaginario, nato nell'ambito dei fumetti per ragazzi e poi trasferito nel cinema, dotato di forza muscolare, di capacità sensoriali e talvolta di capacità intellettuali straordinarie e sovrannaturali, che si assume il compito di proteggere l'umanità da catastrofi naturali o accidentali e, soprattutto, di combattere pericolosi e astuti criminali, di fronte ai quali le regolari forze dell'ordine risultano impotenti (i supereroi più noti sono Superman, introdotto in italiano nell'immediato dopoguerra col nome di Nembo Kid, Spider-Man, italianizzato in Uomo Ragno, Batman, eccetera)". Alzi la mano chi non ha avuto a che fare con questi personaggi almeno una volta. Personalmente Superman, come altri eroi dei fumetti tipi Tex Willer, mi avevano convinto - ed ho una residua speranza - che alla fine i cattivi, nella loro molteplice presenza e azioni, dovessero essere sconfitti. Ora da adulto, per non dovermi ricredere, aspetto qualche segno che dia gambe a questi insegnamenti per evitare che siano solo delle speranze. Per altro da grandicello ho sempre pensato alla profondità della frase del drammaturgo Bertolt Brecht nel personaggio intrigante di Galileo Galilei, costretto a smentire le sue stesse, rivoluzionarie, scoperte scientifiche: «Sventurata la terra che ha bisogno d'eroi».