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03 nov 2016

Renzi e i suoi nemici

di Luciano Caveri

Fa davvero impressione l'attivismo di Matteo Renzi, che passa da una città all'altra nella febbrile campagna elettorale per il referendum, in cui si gioca non solo il destino politico ma anche - se vincerà - la possibilità di diventare dominus assoluto della macchina dello Stato. Una visione egocentrica e potenzialmente autoritaria, profittando del deserto politico che ha attorno, che può essere per lui un vantaggio o anche una terribile trappola in cui cadere. Specie perché alla fine, come molte figure carismatiche, può vedere sfumare questa sua aurea, specie se naviga da Destra a Sinistra con troppa spregiudicatezza. Va riconosciuta, oltre alla capacità infinita di affabulazione ("storytelling", come tecnica più moderna), la continua ricerca - immagino sua e di un suo staff - di temi e spunti nuovi per accarezzare dalla parte del pelo l'elettorato nelle sue diverse componenti.

Immagino che i famosi guru della comunicazione di cui si è circondato gli forniscano analisi precise su chi stimolare, così passa da contributi ai diciottenni alla quattordicesima per i pensionati, dall'Irpef agricola ai contributi alle "Pmi". Una sorta di cornucopia, che aumenta il debito pubblico, ma serve ad oliare una macchina elettorale sempre in movimento. Ma quel che colpisce è la continua e persino ossessiva ricerca del Nemico, adoperando espressioni come "gufi" e "vampiri" in un continuo equilibrismo linguistico che per un fiorentino - la sua è diventata in passato la lingua nazionale per una serie di combinazioni - non è certo un problema per la ricchezza del lessico e la parlata da imbonitore, accompagnata ad una vasta e persuasiva mimica. Ma dicevamo di questa storia del Nemico. Un classico della filosofia politica, Carl Schmitt, scriveva sul tema: «La peculiare distinzione politica, alla quale si possono ricondurre le azioni ed i motivi politici, è la distinzione di amico e nemico: in sostanza, tutte le azioni e i motivi politici riconducono a essa». Chi aveva scritto molto sul tema in saggi e romanzi è stato Umberto Eco, che aggiungeva: «Per tenere i popoli a freno, di nemici bisogna sempre inventarne, e dipingerli in modo che suscitino paura e ripugnanza». I meccanismi sono evidenti anzitutto verso i suoi competitor interni della Sinistra, con particolare riferimento a una serie di "rottamati". Il dileggio e lo sfottò che li riguarda è interessante: in sostanza tratta meglio gli alleati transfughi della Destra berlusconiana di quanto faccia con suoi stessi colleghi di partito. E' un meccanismo noto: blandisci quelli che ti servono e invece mazzuola quelli che, minoranza al tuo interno, possono essere presi a calci nel sedere per aggregare i tuoi fedelissimi, dimostrando polso e determinazione. Poi sceglie bersagli grossi, proprio nel rapporto vincente dell'amico-nemico, com'è il caso dell'Unione europea, scegliendo a seconda delle necessità con chi allearsi e con attaccare. Così Angela Merkel oscilla fra essere amica e nemica e lo stesso vale per François Hollande. Altro esempio: Renzi si dice federalista e va sulla tomba di Altiero Spinelli, esaltando lo spirito di Ventotene e poi nella Costituzione novellata distrugge oggi residuo ruolo delle Regioni, lasciando solo uno spazio ambiguo per le Speciali, considerate ora amiche per via dei voti utili dei parlamentari autonomisti (e siciliani...) al Senato, ma in altre occasioni - specie con uditori di Regioni ordinarie - la specialità è stata vista come un residuo privilegio. Insomma: un interessante capacità di mutevolezza, direi camaleontica, per piacere a tutti, se servono, e per attaccare brutalmente chi non serve per poi - in altre circostanze - aprire al dialogo, come sta facendo tatticamente con Sindacati e Magistratura, dopo averne detto peste e corna. Molto nemici, molto onore? Uso con l'interrogativo una celebre frase di Giulio Cesare, assurta anche agli onori degli slogan fascisti di Benito Mussolini. Ad entrambi - dovendo dare una risposta all'interrogativo - la scelta dei tanti nemici, alla fine, non portò molto bene e chi segua quei passi, per quanto con tatticismi da analisi scientifica degli umori dell'opinione pubblica, rischia prima o poi un tonfo nel vuoto. Quel vuoto che oggi spaventa molti che si chiedono cosa potrebbe avvenire se Renzi uscisse davvero di scena. La verità è che gli scenari catastrofici che si disegnano sono sempre strumentali per superare certe impasse e dunque chi si fascia la testa prima di essersela rotta troppo spesso o lo è o lo fa...