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26 ott 2016

Cibo: il caso dell'olio di palma

di Luciano Caveri

Vivo stupore nelle scorse ore sul fatto che in Italia sia crollato il consumo del pane: bella scoperta, visto che il pane è da tempo sul banco degli accusati, perché il primo a finire sotto la scure delle diete. Idem il fatto che si consumi meno carne, un po' perché costa e dunque molti nel proprio paniere l'hanno limitata, un po' perché - specie la carne rossa - è finita nel mirino per i rischi di un suo abuso (si sceglie di più la carne bianca, scoprendo però che spesso negli allevamenti polli e conigli sono riempiti di antibiotici...). Sempre più persone, dunque, si spostano su prodotti biologici, ma ancora di recente "Report" di Milena Gabanelli ha denunciato scarsi controlli e molti rischi di frode.

Per altro chiunque segua l'informazione si trova su una specie di ascensore che sale e che scende. Tipo: il cioccolato? Fa molto male, poi spunta lo studio che dice l'esatto contrario; il caffè? Attenzione al consumo, poi c'è chi sostiene che invece va consumato con regolarità. Lo zucchero? Da "killer" diventa ogni tanto una sostanza da promuovere. Il burro? Killer delle arterie, ma... Esiste poi il caso di scuola di certe trappole della "dieta mediterranea" con studi sospetti di essere dalla parte dei pastifici con la pasta che fa... dimagrire. Credo che ognuno di noi potrebbe sbizzarrirsi, incrociandolo con altri precetti. Tipo, che so, il "chilometro zero" per poi scoprire che certa verdura e certa frutta locali hanno trattamenti chimici come quella che proviene da Poirino o Canicattì e dunque è bene fare girare l'economia locale, ma evitiamo di porre temi come la maggior salubrità. Oppure pompare la "dieta valdostana", quando invece ben sappiamo che certi prodotti di origine animale andrebbero dispensati ai bambini con molta accortezza, anche se certo, a parità di prodotto, meglio incentivare un produttore di qui, ma non usiamo la salute come grimaldello. Insomma: una sorta di caos, in cui l'unica certezza è che siamo sempre più attenti a cosa mangiamo e cosa beviamo (sul vino e sulle birre, ma pure sulle acque minerali, escono ogni tanto rivelazioni da brivido), ma alla fine siamo leggermente smarriti sulla direzione da prendere, visto che in fondo a certi discorsi ci sono paure mica da ridere per malattie cardiovascolari e anche per quel maledetto tumore e con tutti quei prodotti che figurano periodicamente fra quelli cancerogeni (pensiamo al simpatico barbecue, anche se poi sarebbe più pericoloso mettersi un deodorante con alluminio!). Io, come tanti figli del "baby boom", ho mangiato prodotti che poi sono scomparsi dalla circolazione perché considerati pericolosi e ci sentiamo o dei sopravvissuti o delle bombe ad orologeria. Mi capita spesso di andare a fare la spesa (ma non falsifico la realtà, perché lo faccio con mia moglie, dominus delle scelte alimentari) e devo dire che mi sono sempre più abituato a dare un'occhiatina alle etichette. E' uno dei casi in cui la vituperata Unione Europea ha con le proprie norme creato una disciplina attenta ai diritti del consumatore, fornendo nel tempo spiegazioni sempre più minute, anche se forse manca quell'educazione alimentare che consenta poi di effettuare scelte davvero consapevoli. Oggi il caso più eclatante, per chi si aggiri fra le scansie di un negozio, è la scoperta su chi sia diventato, come d'improvviso, il "Nemico numero 1". Mi riferisco all'olio di palma, adoperato per tanti anni senza colpo ferire, mentre oggi non c'è prodotto alimentare che lo contenesse sino a poco tempo fa che inalberi la frase salvifica "non contiene olio di palma". Anzitutto che cos'è? E' uno dei tanti oli vegetali ricavato da Elais Guineensis e da Elaeis Oleifera, accusato di due misfatti in uno: sarebbe nocivo per la salute e sarebbe dannoso per l'ambiente. Sulla salute si tratterebbe del contenuto molto alto di acidi grassi saturi con maggior rischio per malattie cardiovascolari. I produttori obiettano che ci vorrebbe un consumo elevatissimo per avere un tasso di pericolosità, mentre l'altra accusa di accrescere il rischio di tumori pare non supportato scientificamente, mentre sulla deforestazione di ampie zone in Asia e in Africa molte aziende - tra cui la "Ferrero", visto che l'olio di palma c'è nella "Nutella" - hanno creato un sistema di certificazione ambientale, con autorità indipendenti, che garantiscono la sostenibilità a vantaggio anche di piccoli produttori. Non sono in grado di esprimere giudizi, perché non ne ho la competenza, certo è che di questi tempi - con i tam tam dei "social", che spesso creano "bufale" (notizie infondate) anche nel settore alimentare - il rischio è quello di mode o spinte emotive che amplifichino e zittiscano aspetti importanti della nostra alimentazione, creando confusione e polveroni e stordiscano pure noi, poveri consumatori. Altrimenti varrebbe davvero la provocazione dello scrittore Guido Ceronetti: «Tutto quel che non si mangia, fa bene alla salute».