Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
26 ott 2016

La politica e le reines

di Luciano Caveri

Ogni tanto trovo qualcuno che si stupisce del fatto che io sia tornato a fare il mio mestiere di giornalista radiotelevisivo dopo tanti anni di politica, dando per scontato che dopo un certo cursus honorum in ruoli pubblici elettivi si debbano obbligatoriamente trovare degli escamotage per non tornare alla propria professione di origine, ammesso che uno ce l'abbia. Bisogna infatti diffidare di chi considera la politica come il suo mestiere "vero", perché questo fa scattare un’autentica paranoia di non perdere mai il posto e dunque limita la propria azione, facendo della propria vita in certi casi una sorta di salto con gli ostacoli verso le elezioni successive e questo accresce la necessità di cercare sempre e solo voti e con questa esasperazione si rischia di perdere in progettualità e viene meno la libertà di decisioni che possano anche essere impopolari.

Mi veniva da ridere l'altro giorno, pensando alla celebre battuta del compianto Dario Fo, uomo pieno di contraddizioni ma cui non mancava la genialità dell'uomo di teatro, quando diceva: «Come esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi, parrucchieri calvi, potrebbero esistere benissimo anche dei politici onesti». Più passa il tempo, nella caotica situazione della politica italiana e direi ormai europea, in cui le posizioni politiche sembrano capricciose e mutevoli come il "Gioco dell'oca" ed il suo andirivieni a seconda del numero ottenuto con il lancio dei dadi, e più penso che questa questione dell'etica in politica, senza farla troppo grande perché in fondo la politica è lo specchio di una società in cui c'è di tutto, possa essere un discrimine nella scelta degli elettori. In realtà, entrato in politica per caso e non per un progetto predeterminato malgrado certi precedenti familiari, ho sempre pensato - anche se poi la longue durée ha sembrato mostrare il contrario - che ci possa essere un "prima" ed un "dopo" e non mi sono mai messo a tavolino a fare chissà quali calcoli. Così, voltato pagina, mi sono ritrovato a fare un lavoro che avevo lasciato, anche se poi in realtà mi sono sempre tenuto in allenamento con la scrittura ed anche con qualche rubrica radiofonica. Certo, la Politica resta come un sottofondo della mia vita e la passione è un fuoco sempre acceso. Ci riflettevo su questi argomenti pensando alla "Bataille de reines", che in fondo è davvero una costante della mia vita e non perché ci sia stato tante volte come "autorità". Domenica con microfono e cuffia in testa sarò, dalle dieci su "Rai3" negli spazi di "RaiVd'A", in una sorta di ritorno al passato, come un tuffo mozzafiato che mi riporta ad essere ventenne, quando fui fra i primi, se non il primo, a fare in diretta dalla "Croix Noire" di Aosta la telecronaca dei combats. Era ancora vivo mio papà - veterinario esperto delle reines e dei loro acciacchi ovarici - e fu lui a darmi le dritte di una diretta per nulla banale, visto che esiste il rischio - per la variabilità della durata degli scontri - di dover riempire un sacco di vuoti, quando le bovine che si confrontano scelgono strategie di reciproco logoramento e il tempo risulta come sospeso in attesa del gesto risolutore. Domenica non farò più quel lavoro, ma sarà un rilassante dietro le quinte, che uno fa con la tranquillità dell'esperienza ed il patrimonio di conoscenza che pian piano uno si forma nella vita, mettendo nella propria biblioteca mentale un libro dietro l'altro. Mi vien da sorridere pensare a quello sbarbatello che decise di fare il giornalista, prendendo l'onda giusta della fortuna, perché anche questa ci vuole nella vita, e penso che in fondo in questo ritorno alle origini abbia un suo senso profondo. Per altro, quel che da sempre è interessante, è la possibilità di avere avuto la fortuna di guardarsi attorno e capire come nel tempo certi fatto, situazioni, luoghi e persino persone assumano significati diversi per noi stessi. Scriveva Marcel Proust: «Le véritable voyage de découverte ne consiste pas à chercher de nouveaux paysages, mais à avoir de nouveaux yeux». Occhi aperti, certo, ma anche occhi diversi che spesso ti consentono di vedere oggi cose che in passato non avevi visto o forse - peggio ancora in certi casi - non avevi voluto vedere.