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04 ott 2016

Mestieri e Professioni

di Luciano Caveri

Non è solo un'impressione soggettiva il fatto che fra le caratteristiche più significative di questi tempi ci siano il venir meno di alcune certezze e il trovarsi di fronte a cambiamenti così travolgenti da sentirsi talvolta come un ramo travolto e trascinato dalla corrente vorticosa di un torrente in piena. Quando la vita umana era per tutti breve e ancor più piena di imprevisti terra a terra (cento anni fa la media era ancora fra i quaranta ed i cinquant'anni), probabilmente non c'era neppure il tempo di percepirli e la lentezza di certi eventi faceva somigliare nel bene e nel male ogni giorno all'altro. Oggi la rapidità di certi rivolgimenti cambiano la nostra bussola di riferimento e questo accentua le preoccupazioni e l'ansia di prestazione. Resta vero, per altro, l'ammonimento del vecchio Charles Darwin: «Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente, ma la specie che risponde meglio al cambiamento».

Sto facendo per Radio un ciclo di trasmissioni, chiamato "Mestieri e Professioni": ho cominciato (obligé, direi) con il lavoro del giornalista, passando poi all'architetto e nell'ultima puntata ho trattato di avvocati e magistrati ed arriverà nella prossima puntata lo "chef", mestiere emergente come si vede in televisione dove impazzano. Ciò ha dato vita ad confronto, fra ospiti in studio e interviste esterne (a cura di Elena Meynet), con personalità molto diverse fra loro. Al di là delle previsioni, si è dimostrato una sorta di focus utile e significativo proprio a sostegno della tesi iniziale: mai questi lavori sono stati immobili, ma mai neppure gli stessi soggetti, nel corso della loro vita, si sono trovati nella necessità (pensiamo solo alle applicazioni tecnologiche ma anche alle logiche di mercato) di adeguarsi - usando la logica del darwinismo - proprio per sopravvivere. Pensate al giornalista: in Valle d'Aosta nasce con la stampa ottocentesca, diventando lentamente un mestiere vero. Dalla carta si passa all'irrompere piuttosto recente di radio e televisione (con una presenza in verità limitatasi sempre più dopo il boom degli anni Settanta), cui si sono aggiunte le agenzie di stampa e qualcuno che faceva da corrispondente locale, ma poi sopravviene la rivoluzione digitale e su Internet si moltiplicandole presenze di siti informativi. Si manifestano anche nel tempo gli uffici stampa come ulteriore possibilità di lavoro. La costruzione, messa così, sembra solida e invece il moltiplicarsi di giornalisti non ha affatto corrisposto ad una solidità del mestiere, che si è fortemente precarizzato: una volta il contratto fisso era una relativa certezza, dopo un periodo di "praticantato", mentre oggi in tanti sono in sala d'attesa per avere un "lavoro vero". Aumentano, in sostanza, i media a disposizione, ma questo al posto di nobilitare il lavoro del giornalista lo rende più scivoloso e i "social" aggiungono il paradosso del fatto che tutti si sentono un pochino giornalisti... Idem l'architetto, che sembra avvolto da una spirale di burocrazia e dalla "spada di Damocle" di una concorrenza sempre più forte in cui la logica di gare e appalti - mi riferisco al pubblico - ha creato un mercato dissennato in cui il professionista locale boccheggia. Così l'avvocato, con un esplosione di professionisti (oggi in Valle d'Aosta circa 180), che si trovano di fronte nuove Magistrature - l'ultima arrivata è stata la Corte dei Conti con la sua sezione aostana - ma con redditi in diminuzione, perché la torta da spartirsi è fra tanto e alla vecchia precarizzazione dei galoppini degli studi a inizio attività accompagna oggi fenomeni di piccoli studi assediati dalla fiscalità che uccide i liberi professionisti. Ho l'impressione che da qui a gennaio, settimana dopo settimana, sarò testimone proprio di quanto affermato in premessa: ci sono state generazioni che, pur soggette a mutamenti cui adeguarsi, conoscevano abbastanza bene il perimetro in cui operare, con i suoi pro e contro, oggi per chi voglia restare in pista o entrarci è diventato tutto più complesso, perché bisogna non solo vivere la quotidianità ma essere più abili nel prevedere che cosa avverrà domani per non ritrovarsi d'improvviso spiazzati.