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07 set 2016

Quando la fertilità diventa una gag

di Luciano Caveri

Se non ci fosse dietro a tutto un tema serissimo, il #fertilyday sarebbe oggetto di facili lazzi anche piccanti. Della serie, con voce ammiccante e sguardo al testosterone: «Cara, che cosa fai il 22 settembre?». Già il 22 settembre è il giorno in cui il Governo proporrà un sacco di manifestazioni - se non saranno stoppate dalle polemiche - in diverse città italiane (Aosta non c'è) al grido, in sostanza del: «"Fate dei figli!». I temi ad essere precisi saranno: il pericolo della denatalità nel nostro Paese, la bellezza della maternità e paternità, il rischio delle malattie che impediscono di diventare genitori, l'aiuto della medicina per le donne e per gli uomini che non riescono ad avere bambini. Inquieta, per altro, l'idea - che emerge dagli annunci - dei "Villaggi della fertilità", che sembrano una tribale forma di promiscuità fecondativa da rito orgiastico.

Tutte cose, tornando alla serietà dei temi, sacrosante - fatto salvo che è legittimo non figliare - non fosse che poi una serie di manifesti dal gusto goliardico, prontamente fatti sparire dal sito del Ministero della Salute dopo un coro di proteste, hanno buttato in vacca l'iniziativa, dando il senso che la mancata paternità e maternità sia dovuta specialmente al calo della libido per vite sregolate e alla responsabilità di mamme attempate che fanno le balenghe finché scoprono di non essere più feconde. Ma parliamo della ministra competente, Beatrice Lorenzin, già nel mirino perché non laureata ma diplomata e piuttosto imbranata nel suo ruolo e influenzata dal tic dell'effetto annuncio del suo presidente Matteo Renzi (che ha detto, smarcandosi, di non sapere nulla del "fertily day" ed in sostanza di non condividerlo). Ricordo che non dovrebbe fare la morale a chi ritarda la maternità, visto che ha partorito una coppia di gemelli a 43 anni, quindi è una "primipara tardiva", come si dice nell'elegante gergo ginecologico. Per altro fatemi dire che il termine "fertilità" è più familiare al femminile che al maschile, suonando - per la nostra visione virile e non voglio essere irrispettoso - come qualcosa che ha più attinenza con la produttività del terreno che con la riproduzione... Ma torniamo alle cose serie: la verità, almeno la mia, ha due volti. Il primo riguarda la gravità della crisi demografica: lo sappiamo bene in Valle d'Aosta dove, guardati bene i dati, si scopre il baratro della crescita zero (nel 2015 ci sono state 987 nascite e 1.505 morti) ed il contemporaneo invecchiamento della popolazione in una situazione di contrazione dei residenti sia per il diminuire dei lavoratori stranieri per la crisi economica, ma soprattutto per la scelta di molti valdostani - specie giovani - di tentare l'antica strada, ora in forma moderna, dell'emigrazione per la difficoltà di trovare lavoro. Aggiungiamo un altro dato saliente: nel 2015 i valdostani con età superiore ai 65 anni erano il 22,8 per cento e quelli oltre gli ottanta il 6,9 per cento: numeri destinati ad incrementarsi. Situazione che inquieta nel momento in cui - secondo volto, che diventa una smorfia - la riduzione terribile della spesa pubblica incide su quel sociale che dovrebbe essere la chiave di volta per convincere le famiglie a fare più figli e per evitare che la vecchiaia diventi un incubo. Il tema è complicatissimo e non sarà facile risolverlo, se non immaginando nuove strade. Per aumentare le nascite non c'è alternativa ad usare l'arma delle riduzioni fiscali vere per chi decide di avere figli, offrendo servizi di appoggio a prezzi ragionevoli e ben equilibrati sul territorio per evitare, nel nostro caso, la fuga ancora largamente in corso da molte zone montane. In vista poi della vecchiaia, per i giovani è bene predisporre per tempo sistemi di accumulo di fondi che vadano a coprire le loro necessità una volta diventati anziani, così come formule di copertura sanitaria che consentano di contrastare i rischi di una sanità pubblica e privata convenzionata sempre meno aperta ad un certo novero di prestazioni. Insomma: concretezza e non propaganda elettoralistica sulla pelle delle famiglie. Quella famiglia invocata a destra e a sinistra, considerata terreno di consenso, ma poi - nella realtà italiana - eterna Cenerentola, schiacciata da una situazione economica complessiva che purtroppo resta assai problematica, come confermato dai dati sull'andamento di occupazione e del comparto produttivo che parlano da soli in barba al #cambiaverso. Senza fiducia per il domani perché mettere al mondo dei bambini?