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21 giu 2016

Io tengo per Mathieu

di Luciano Caveri

Questi morti per mano degli islamisti mi addolorano e mi ritrovo - quando posso - a scavare nelle storie personali delle vittime, perché ognuno di noi può e forse persino deve immedesimarsi nelle vicende ordinarie di vite spezzate dal fatto di trovarsi in un incrocio fatale della propria esistenza, che diventa la propria tomba per un destino ineluttabile, di cui sfugge - se ci fosse - il disegno. Leggo di questo assassino, Larossi Abballa, francese di venticinque anni con genitori marocchini, originario di Mantes-la-Jolie, un comune francese di quarantamila abitanti situato nel dipartimento degli Yvelines nella regione dell'Île-de-France, posto metà strada tra Parigi, sede della monarchia francese, e Rouen, capitale dei Duchi di Normandia, dove morì, nel 1223, Filippo II di Francia.

Questo tizio, a metà fra gruppi estremisti organizzati nella rete internazionale dell'orrore jihadista e la figura del "lupo solitario", è un esempio di radicalizzazione da manuale, che pesa su giovani europei che trasformano la loro religione in trampolino per imprese mostruose che solo loro e la loro combriccola, compresi troppi simpatizzanti fra di noi, ritengono eroiche. Nel 2013 era stato processato e condannato a tre anni per legami con il Pakistan ed era sotto osservazione - non molto brillante come esiti - da parte delle autorità francesi per legami con i fondamentalisti in azione in Siria. I magistrati che lo hanno interrogato in passato lo descrivono come un tipo piuttosto grigio e poco intelligente: modello ideale per diventare pedina di chi deve prima indottrinare e poi usare questi giovani come marionette omicide e suicide. Nella sua auto, aggiungono le cronache, sono stati ritrovati una copia del "Corano", una djellaba (la tradizionale tunica da uomo maghrebina) e due libri sulla religione islamica ("Fede autentica" e "Spiegazione dei fondamenti"). Questo killer ordinario nella sua mediocrità ha aspettato sotto casa - a soli cinque chilometri dal suo paese di origine - un commissario di polizia accoltellato a morte nel nome bestemmiato del suo dio. Poi è salito a casa e ha proseguito il suo piano, sgozzando la moglie, anch'essa poliziotto e prendendo in ostaggio il bimbo di poco più di tre anni, liberato ore dopo dalle forze speciali francesi, che hanno ucciso l'assalitore. L'assassino, nelle ore dell'assedio, aveva rivendicato il suo attacco a nome di Daesh, pubblicando anche un video di dodici minuti pubblicato su "Facebook" in cui tra l'altro c'era il bambino sullo sfondo, che certo sarebbe stato ucciso se non ci fosse stato l'assalto delle teste di cuoio. A me vengono i brividi a pensare a che cosa possa aver vissuto Jean-Baptiste, 42 anni, quando si è trovato di fronte quel matto con il coltello, che lo ha inseguito e finito di fronte a casa. Ha fatto in tempo a gridare ai vicini di fuggire e di chiamare la polizia, morendo poi con l'angoscia di pensare ai propri cari a pochi passi da lui. Jessica, 36 anni, ha visto infatti entrare in casa l'assassino, che ha ucciso anche lei di fronte allo sguardo del piccolo Mathieu. Cosa può avere pensato una mamma in quegli attimi di agonia? Che cosa può avere pensato un piccolino a vedere la mamma trafitta e poi nelle ore trascorse con l'assassino trovarsi con il cadavere della persona più amata vicino a lui? Io tengo per Mathieu che, con il fratello più grande, è diventato "pupille de la Nation", definizione che crea un quadro di protezione dello Stato francese su bambini orfani - il pupillo, appunto - colpiti dalla morte dei genitori come in casi come questo. Sto male a pensare a questo bimbo e a quanto ha vissuto ed a quanto dovrà subire, piccola creatura costretta ad assistere una storia senza lieto fine in un'età in cui il massimo della paura dovrebbero essere certe favole raccontate dai genitori. Penso con orrore a un terrorista che uccide senza scrupoli una madre davanti agli occhi di suo figlio, dopo aver assassinato barbaramente il padre. E' uno dei casi in cui ritengo del tutto impronunciabile la parola "perdono" e rifletto sul Male e sugli abissi in cui può affondare la mente umana. Ha ragione Dino Buzzati in un pensiero che sembra fatto per l'oggi: «La gente comincia ad avere paura. Non è più una faccenda altrui, buona per quattro chiacchiere fra comari, e dopo dieci minuti non ci si pensa più; nessuno può dirsene estraneo, l'ombra del male scivola intorno a ciascuno di noi e ci potrebbe toccare». Mi domando come gentaglia come Abballa possa davvero pensare che ci possa essere per loro un posto in un Paradiso gioioso, mentre solo un Inferno terribile può inghiottire la loro carcassa, immersa in un fiume di sangue bollente, cioè quel destino che Dante inflisse agli assassini nel Canto XII della "Divina Commedia".