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04 apr 2016

Il petrolio di Renzi

di Luciano Caveri

Della vicenda dell'emendamento e della telefonata inopportuna al convivente che ha portato alle dimissioni del ministro Federica Guidi, ministro dello sviluppo economico "volata" da "Confindustria" al Governo Renzi (con conflitti di interesse che già non stupivano in partenza...), mi sono fatto qualche idea. E ciò è avvenuto sulla base di almeno quattordici Finanziarie, oggi "Legge di Stabilità", che ho seguito nella mia esperienza di deputato. Finanziarie che ho visto nella versione omnibus, cioè testi che diventano mostruosi e zeppi di norme le più varie, poi nella versione dimagrita ed infine ho assistito, da fuori dal Parlamento, al progressivo ingrassamento, sino a diventare di nuovo un caravanserraglio e, se preferite, un assalto alla diligenza. Ebbene, notti insonni con faldoni spaventosi e marce forzate a controllare magari un solo articolo o qualche emendamento da imboscata, mi confermano - specie quando viene posta la fiducia, come ormai avviene come prassi - che ci potranno essere refusi o materie strambe, ma quel che è certo è che ogni cosa, finito l'imbuto che si intasa di proposte e speranze, alla fine ha un nome, cognome e indirizzo.

Che sia un Ministro, un Gruppo parlamentare, un singolo deputato, una lobby che riesce a sfondare una porta o entrare dalla finestra. Per cui bene ha fatto il premier Matteo Renzi a dire, mettendoci la faccia, che la paternità è sua, pur nel contempo scaricando la ministra, improvvidamente complice del marito. Definire la telefonata «inopportuna» mi sembra uno scappellotto, mentre in qualunque democrazia Occidentale sarebbe scattato un sano calcio nel sedere al posto della pudica lettera di dimissioni, cui è seguita poi una lettera al "Corriere della Sera" della stessa Guidi in guisa di auto-assoluzione. Maria Elena Boschi, riparatasi dietro a Renzi che ha difeso con coraggio la donzella (che per altro riaffronterà i problemi del babbo banchiere, se rinviato a giudizio per lo "scandalo Etruria"), ha detto in sostanza, prima ancora che il capo parlasse e facesse la voce grossa, che «avrebbe rifatto la stessa cosa». Che è, per carità, una linea difensiva nel nome del "la miglior difesa è l'attacco", ma certo resta una sgradevole impressione e la sfortunata circostanza che questo affaire attorno al petrolio della Basilicata ed a pochi giorni dal referendum sulle trivellazioni marine, si manifesta dopo che il presidente del Consiglio - direttamente dagli Stati Uniti - ha ribadito che dei combustibili fossili - petrolio e gas naturale - non si potrà fare a meno per molti anni. I maligni hanno commentato, con documentazioni d'appoggio, che dalla politica del Governo si era capito benissimo che questa era la linea da seguire. Vedremo cosa capiterà e soprattutto come leggere l'altra dichiarazione della ministra Boschi - ovviamente d’intesa con Palazzo Chigi - dell'attacco dei "poteri forti" al Governo Renzi, che prefigura - da parte della Magistratura, immagino - l'esistenza di burattinai e burattini. In una Democrazia, please, sarebbe bene fare nomi e cognomi, almeno dei mandanti, tanto per evitare le solite dietrologie, certi vittimismi e complottismi, che creano solo confusione e la sgradevole nascita di tifoserie degli "uni" e degli "altri". Con spettatori, come me, che si sentono a disagio e vogliono chiarezza. Ma oggi vige il "mordi e fuggi" e questo penso che sia l'effetto smemoratezza dell'opinione pubblica su cui conta - nell'incessante opera di propaganda di un Renzi in perenne e lunghissima campagna elettorale - l'inquilino di Palazzo Chigi, la cui abilità di far sparire i problemi ha quasi del miracolistico. La sua capacità di incidere sui media si fa poi forte dell'incapacità altrui e di un giorno per giorno in cui si passa, da parte del Governo, di palo in frasca, a condizione di non spegnere mai le luci della ribalta. Gioco abilissimo di prestidigitazione che alla lunga non funzionerà più, perché anche il pubblico plaudente alla fine - come insegna parte della storia italiana - si stufa.