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08 mar 2016

Un pensiero per le mie donne

di Luciano Caveri

Donne della mia vita, per me - e chi mi conosce lo sa bene - non c'è bisogno dell'8 marzo per festeggiarvi. Anzi come molte mie amiche snob ritengo che l'esistenza di una Festa dedicata sia un segno di minorità e dunque ingiusto perché le donne non hanno più, almeno nella nostra Valle d'Aosta, una qualche logica di inferiorità, specie se la parità è bovinamente concepita come essere come noi uomini, pieni come siamo di difetti. So bene che ci sono settori, come la politica dove ho razzolato per anni, in cui esistono ancora spazi molto "al maschile", ma in fondo i meccanismi democratici - ben più degli odiosi recinti delle quote per legge - non impediscono affermazioni al femminile. Specie se le donne, come dicevo, non finiscono per ricopiare gli uomini con i loro vizi e certe loro meschinità. Non che ovviamente le donne siano, con il loro modo di essere, fonte di ogni perfezione, in politica come altrove, ma il loro approccio, il loro punto di vista e la loro sensibilità sono una chiave di lettura che sa essere diversa rispetto a noi maschi. E così mi piacerebbe fare un tazebao in cui mettere una dietro l'altro i nomi delle donne della mia vita, dalla mamma in poi e ancora la nonna, le zie, le compagne di scuola, le amiche, le morose, le fidanzate, le complici, le mogli, le colleghe, le scrittrici e via di questo passo in un mondo in cui si sono incrociate tante storie, compresa la gioia di avere una figlia che ti guarda dentro come nessun altro, carne della tua carne al femminile. E la felicità con Mara, che non finisce mai di stupirmi.

La politica francese Christiane Taubira, che di recente ha sbattuto la porta andandosene dal Governo francese, dov'era Ministro della Giustizia, disse anni fa all'"Assemblée Nationale": «Il restera toujours beaucoup beaucoup de femmes, pour vous regarder, messieurs, pour vous observer, pour essayer de percevoir derrière vos carapaces la tendresse qui parfois vous habite, pour essayer de percer les défauts qui se cachent parfois sous des dehors affables, et pour discerner dans l'entrelac de vos talents et vos faiblesses si vous êtes capables de tracer des chemins sur la mer». Un appello a noi uomini, così come invece Oriana Fallaci in "Lettera a un bambino mai nato" dice con grande trasporto e lucidità: «Sarai un uomo o una donna? Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto d'accordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia una disgrazia. La mia mamma, quando è molto infelice, sospira: "Ah, se fossi nata uomo!". Lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina, si dice figlio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indicare l'assassinio di un uomo e di una donna. Nelle leggende che i maschi hanno inventato per spiegare la vita, la prima creatura non è una donna: è un uomo chiamato Adamo. Eva arriva dopo, per divertirlo e combinare guai. Nei dipinti che adornano le loro chiese, Dio è un vecchio con la barba: mai una vecchia coi capelli bianchi. E tutti i loro eroi sono maschi: da quel Prometeo che scoprì il fuoco a quell'Icaro che tentò di volare, su fino a quel Gesù che dichiarano figlio del Padre e dello Spirito Santo: quasi che la donna da cui fu partorito fosse un'incubatrice o una balia. Eppure, o proprio per questo, essere donna è così affascinante. E' un'avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c'è un'intelligenza che urla d'essere ascoltata. Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. E' solo un diritto fra tanti diritti. Faticherai tanto ad urlarlo. E spesso, quasi sempre, perderai. Ma non dovrai scoraggiarti. Battersi è molto più bello che vincere, viaggiare è molto più divertente che arrivare: quando sei arrivato o hai vinto, avverti un gran vuoto. E per superare quel vuoto devi metterti in viaggio di nuovo, crearti nuovi scopi. Sì, spero che tu sia una donna: non badare se ti chiamo bambino. E spero che tu non dica mai ciò che dice mia madre. Io non l'ho mai detto... Il cuore e il cervello non hanno sesso. Nemmeno il comportamento. Se sarai una persona di cuore e di cervello, ricordalo, io non starò certo tra quelli che ti ingiungeranno di comportarti in un modo o nell'altro in quanto maschio o femmina. Ti chiederò di sfruttare bene il miracolo d'essere nato…". Parole come scolpite.