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24 feb 2016

Carburanti cari e distributori che chiudono

di Luciano Caveri

Quel che è bello nel passare degli anni, nella lotta per non arrugginirsi perché chi si ferma è perduto, è il gusto piacevole nel constatare quanto conti nella vita accumulare esperienze e come questo fatto sia sulla bilancia altrettanto importante del giusto ruolo di qualunque forma di nuovismo, spesso presunto tale. Ricordo, quando sono stato - una ventina di anni fa - vice presidente della Commissione Bicamerale per la riforma amministrativa, che ci occupammo di decine e decine di decreti legislativi che dovevano migliorare il decentramento amministrativo, rendere più efficiente l'Amministrazione dello Stato, spingere sulla semplificazione e sulle liberalizzazioni. L'esito del lavoro fu interessante e anche molto arricchente per capire settori di cui sapevo poco: quando leggo che Matteo Renzi rivendica qualunque modernizzazione come farina del suo sacco, dando l'impressione di essere il solo nella storia della Repubblica a smuovere le acque lo trovo ingiusto e dimostra di essere affetto da un eccesso di considerazione di sé che sul lungo non gli porterà fortuna. Anche perché "fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare...".

Ricordo come in quegli anni e poi come un tormentone in quelli successivi si spingesse, come esempio significativo dei ritardi in certi settori economici, sull'obsolescenza della rete di distribuzione di carburanti, cioè in soldoni dei distributori di benzina. In particolare si lamentava la scarsa efficacia di un sistema che contava troppe pompe e lacci e lacciuoli che, alla fine, pesavano sui costi dei carburanti. Da allora molte cose sono cambiate. Lo si vede non solo dai provvedimenti di crescente liberalizzazione del settore - sia per gli acquisti del prodotto sul mercato sia per la vendita sempre più differenziata di prodotti - ma anche dal fatto che (l'ultimo in Valle d'Aosta mi pare l'impianto di Montjovet) continuano a chiudere distributori anche in Valle d'Aosta. Finita l'era dei buoni benzina - tecnicamente non con un provvedimento dello Stato ma con decisione-harakiri della Regione! - il rinculo nel settore si è sommato ai problemi nazionali con la situazione particolare di un handicap crescente per i prezzi che certe compagnie petrolifere applicano alla Valle d'Aosta per "i costi dei trasporti". Giustificazione risibile pensando alla bontà della rete stradale rispetto ai centri di stoccaggio dei carburanti del nord Italia. Ma questo surplus pesa sulle tasche dei valdostani. Ma il fatto certo è che certi meccanismi di liberalizzazione non devono aver funzionato del tutto se certi distributori non riescono a fare prezzi concorrenziali non solo con le pompe bianche ma persino con competitori di marche note. E certe differenze rischiano di portare ad ulteriori chiusure, particolarmente gravi nelle vallate, dove alcuni resistono con le unghie e coi denti, ma vengono traditi da chi fa anche chilometri per fare - ed il portafoglio talvolta vale più della fedeltà (e l'esperienza dice che capita anche in politica) - pieni di carburante più vantaggiosi. Certo sono le ruvide regole del Mercato, lo stesso per altro che vede rincari immediati al consumo quando sale il prezzo del petrolio, mentre il prezzo al barile ormai da saldo stenta ad arrivare al consumatore e spesso ci si trincera dietro la fiscalità, che è davvero folle sui carburanti, ma non può essere un alibi per certe lentezze nella diminuzione dei prezzi da parte dei petrolieri. Sarebbe bene, comunque, che le autorità pubbliche valdostane mettessero il naso nell'andamento della rete distributiva per capire i rischi di desertificazione di certe zone e intervenissero per capire - anche con le apposite Autorità ("Energia e concorrenza", ad esempio) - se qualcuno ci marcia sui supposti costi suppletivi derivanti dalla posizione geografica della Valle d'Aosta.