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04 feb 2016

La Foire è partita

di Luciano Caveri

Capisco di essere ripetitivo in queste ore, nel parlare della "Fiera di Sant'Orso" di Aosta, ma ci sono appuntamenti che non si possono mancare. Oggi, per altro, me ne occuperò - ascoltabile solo per chi è in Valle, perché purtroppo non abbiamo lo streaming - partecipando alla diretta radio dalle ore 9.30 per un'oretta sulle frequenze di "Radio1" su cui trasmetterà, staccandoci dalla rete nazionale, "RaiVd'A". Location di eccezione a due passi dalla Porta Prætoria, la porta d'ingresso orientale della città romana, uno dei simboli della "Foire" nel vecchio Bourg della città, di cui è originaria la mia famiglia. Ci sarà poi domani in televisione dalle ore 10 alle 11 su "Rai3" un lungo reportage in cui mi aggirerò anch'io, idem nello spazio delle ore 20 di lunedì.

Raccontare la "Foire" vuol dire dar conto non solo dell'avvenimento in senso proprio, ma delle molte cose che si incrociano nella manifestazione. Comincio ad essere abbastanza vecchio, ma poggiandomi anche sui racconti di mio papà che aveva memoria di pezzi mancanti dagli anni Venti del secolo scorso, da aver visto notevoli cambiamenti nella sua progressione. Poi si potrebbe a lungo, ma forse oziosamente, disquisire su che cosa si è perso e che cosa si è guadagnato. Anche con la "Foire", come per tutto il resto, vale il proprio approccio ed il proprio stato d'animo e la varietà di occasioni è così grande che ognuno può fare corrispondere il tempo da impiegare a quanto gli piace per essere coerenti. "Coerenza" è il termine che più mi piace in questi giorni in cui mi capita di riflettere su come mantenere le proprie idee, essendo esente - nel limite del ragionevole - dalle contraddizioni che pure segnano la nostra vita. Dovendo fare una piccola anticipazione sui pensieri che mi frullano in queste ore in testa, alla ricerca di una modalità espressiva originale, per evitare il rischio incombente della ripetitività, ho pensato ad un approccio che raccolga le mie esperienze di visitatore, di cronista e di politico che se n'è occupato. Cappelli diversi sulla testa, che forse hanno consentito ottiche differenti nella logica di accumulazione delle esperienze. Oggi proporrò un dizionarietto (esentandomi da "Y" e "X"…) sulla "Sant'Orso" dalla "A" alla "Z" (trovare quest'ultima ha comportato una certa fantasia). La prima parola prescelta sarà ovviamente "Artigiani" e segnalo - nella speranza di suscitare curiosità - "Ibridazione", "Orso", "Pagliericcio", "Ultrà"... Sant'Orso, cui è dedicata la "Foire", è un personaggio interessante e da non confondere con due Santi omonimi, uno è Sant'Orso di Ravenna e l'altro veneto, che ha dato il nome persino a un Comune dove ci sono le sue spoglie, che si chiama Santorso nel vicentino. Interessante è uno scritto dell'attuale parroco di Valtournenche, don Paolo Papone, che ha scritto "Sant'Orso nello specchio della sua Collegiata", che riassume in modo molto colto il legame fra il Santo aostano e la "sua" Chiesa, specie quella parte del chiostro medioevale esplicitamente a lui dedicato. Ma Papone risponde anche ad un interrogativo, che penso in molti si siano posto: «Per avere le reliquie di un santo locale da venerare in una cassetta reliquiario, è necessario conoscere il luogo della sua sepoltura. Dove era sepolto sant'Orso? Gli scavi archeologici hanno messo in luce una curiosa, anzi, eccezionale traslazione dell'asse della chiesa di sant'Orso da nord a sud, traslazione che pare di poter spiegare solo con la volontà di avere al centro della chiesa una sepoltura che in origine si trovava lungo il muro periferico, secondo l'uso tardo-antico. Con una certa ovvietà si può supporre che la sepoltura in questione sia quella di sant'Orso, anche perché questo "centro" viene ulteriormente sottolineato dal mosaico quadrangolare che è stato messo in luce in mezzo al coro, mentre tutto il resto della pavimentazione è realizzato in semplice cocciopesto. Ovviamente non dobbiamo aspettarci un mosaico con sant'Orso, dal momento che il centro della spiritualità dei canonici non è il santo patrono, ma il Cristo, del quale il santo è l'imitatore perfetto. Ed ecco il mosaico suggerire il Cristo in una maniera molto patristica e molto medievale al tempo stesso». In un' edizione di molti anni fa, per il reportage sulla "Fiera", travestimmo un attore da Sant'Orso in carne e ossa e fu divertente vederlo girare fra i banchi con faccia sorridente, come probabilmente faceva, anche nel distribuire sabots ai poveri, quel Santo taumaturgo - fra aneddotica e storia - agli albori della Chiesa locale.