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14 gen 2016

Colonia: la trappola per donne

di Luciano Caveri

Delle vicende di Colonia con donne aggredite e persino violentate da migranti islamici nell'ultima notte dell'anno non ho voluto scrivere a caldo. Con il poco di esperienza acquisita, almeno quando ci riesco, preferisco metabolizzare, perché a caldo si può essere rischiosamente passionali. Poi, nei giorni dopo, si sono scoperte tre cose: la prima è che la questione ha assunto un respiro politico enorme e che pesa sul futuro politico della stessa Angela Merkel, che pure è la donna più potente d'Europa; la seconda è che i fatti registratisi hanno avuto una sorta di regia attraverso i Social che fanno degli eventi un attacco paramilitare prefigurato a tavolino; la terza è che eventi analoghi si sono sono sviluppati in altre città del Nord Europa e dunque non si tratta di un caso isolato.

Avevo letto con ammirazione per la sintesi cosa aveva scritto la ruvida giornalista Lucia Annunziata in un suo editoriale: «Non c'è molto da dire ma va detto. E nel più semplice dei modi: noi donne, noi donne europee, abbiamo bisogno di cominciare una discussione vera su quello che l'immigrazione sta portando nei nostri Paesi; sul disagio, e sulle vere e proprie minacce alla nostra incolumità fisica che avvertiamo nelle strade, sui bus, nei quartieri delle nostre città. Una franca discussione su come evitare che la giustissima "accoglienza" di chi ha bisogno diventi la vittoria di Pirro della nostra sicurezza ed indipendenza». Più avanti l'Annunziata, donna da sempre sul fronte progressista, va giù ancora più dura: «La notte che ha inaugurato il 2016 nel paese che ha generosamente aperto le porte al maggior numero, circa un milione, di profughi dal Medioriente e da altre zone di guerra, è stata macchiata da quello che possiamo definire il primo episodio di scontro di civiltà, la prima sfida consapevole dei nuovi arrivati al nostro mondo. Un annuncio gravido di molte cose a venire». Non è un caso che Matteo Renzi ha rinviato l'abolizione di quel reato di "immigrazione clandestina", già all'ordine del giorno dei Consiglio dei Ministri, perché al di là degli aspetti tecnico-giuridici oggi quel che conta è l'impatto psicologico (e direi sociologico) di certe scelte e l'impressione di buonismo in questa fase avrebbe ulteriormente affossato la popolarità del Premier già in picchiata. Ritroviamo l'Annunziata: «La prima idea su cui lavorare per il futuro non è forse difficile da individuare perché è un po' nelle cose: costruire un doppio percorso nella accoglienza. Dare priorità e immediata accettazione alle famiglie, ai bambini, alle donne, agli anziani. In qualunque condizioni e per qualunque ragioni arrivino. Costruire invece un percorso più lungo e approfondito per le migliaia di giovani uomini che per altro costituiscono la stragrande maggioranza anche degli illegali e clandestini. Davvero tutti questi giovani uomini sono in bisogno immediato e irreversibile di rifugio? Sono tutti alla ricerca di una nuova vita? Sono tutti decisi a non ritornare nei loro Paesi d'origine? Domande scomode, ma realistiche. Le regole attuali, e possono essere migliorate, forniscono già la definizione per distinguere coloro che hanno diritto all'asilo politico; ugualmente esistono chiari requisiti necessari per poter invece entrare in un Paese come immigrato. Intorno a queste definizioni vanno costruite barriere successive per fare dell'ammissione in un paese un lavoro di "integrazione" che cominci ben prima della stessa entrata». Diventa così centrale il tema dei diritti e dei doveri, della tolleranza o no verso aspetti culturali che sono incoerenti con lo Stato di Diritto, non esiste una foglia di fico così grande da coprire magagne nel nome della comprensione delle differenze culturali e via di questo passo, compreso in un secondo editoriale il j'accuse verso le madamine della politica italiana silenti sul caso esemplare per chi crede nella difesa delle donne.
Conclude Annunziata e condivido: «L'accoglienza è un valore supremo. Ma senza definizioni, senza regole e senza domande è possibile che diventi la semplice riproduzione al nostro interno delle disperate periferie del mondo, la ricreazione di permanenti masse di profughi, senza che noi sappiamo cosa far né di loro né di noi stessi». Un vuoto che può essere riempito di errori e - scusate la banalità - di orrori. Pensando in particolare ai rischi che si moltiplichino i pericoli ulteriori per via di un estremismo islamista che si insinua con il suo carico di violenze e di ispirazioni malsane.